Lunedì è ufficialmente partito l’aumento di capitale da 4 miliardi di euro di Unicredit; dell’aumento, già annunciato da tempo, si attendeva solo di conoscere le condizioni che non hanno offerto sorprese particolari. Le azioni saranno offerte a 1,589 euro con uno sconto di circa il 30%.
Ieri si è sciolto invece l’ultimo dubbio sul sostegno degli azionisti storici all’aumento con l’adesione di Fondazione Cariverona, protagonista qualche mese fa di un imprevisto rifiuto alla sottoscrizione dei bond cashes emessi da Unicredit. Ad aumento concluso, la banca guidata di Alessandro Profumo potrà quindi evitare di dover ricorrere ai Tremonti bond e si metterà in una situazione di relativa tranquillità in vista di un anno che presenterà non poche sfide al sistema finanziario.
Infatti, da una rapida lettura del prospetto informativo dell’aumento non si possono non notare due affermazioni che non hanno nulla di clamoroso, ma che messe nero su bianco danno comunque di che pensare. La prima e più banale (oltre che già nota) è che il vecchio piano strategico di Unicredit con termine 2010 non deve essere considerato più attuale.
I motivi sono ben noti: un piano presentato prima del fallimento di Lehman è completamente inapplicabile in un contesto che sia dal punto di vista finanziario che da quello dell’economia reale è cambiato radicalmente. Il secondo è ugualmente poco sensazionale, ma ha il merito di ricordarci qual è la dura realtà che dobbiamo affrontare.
Nell’usuale parte legata ai possibili rischi, Unicredit dichiara che nonostante alcune previsioni macroeconomiche siano state riviste in positivo, non ci sono certezze circa la ripresa economica e che nel caso in cui ci dovesse essere un ulteriore peggioramento della situazione economica oppure la ripresa economica dovesse essere modesta, potrebbe subire conseguenze negative sui propri risultati e sulla propria situazione economica.
Insomma, l’affermazione di per sé non ha nulla di eccezionale (e potrebbe essere applicata o ogni banca italiana e non), ma rende esplicito che il sistema finanziario è ancora sotto pressione e che solo una inattesa e, per ora altamente improbabile, robusta e rapida ripresa economica potrebbe cambiare questo dato di fatto.
Le banche hanno salvato i bilanci 2009 grazie all’andamento dei mercati finanziari, ma larghi strati dell’economia reale sono ancora in difficoltà estrema e la fine del peggioramento non può rappresentare un sufficiente motivo di consolazione. Sperare che il 2010 ripercorra l’anno passato come andamento dei mercati finanziari è decisamente azzardato, mentre il sistema finanziario avrà a che fare con un sistema economico ancora fragile e duramente segnato dalla crisi.
A una situazione di per sé difficile si aggiungono i “rischi” di una più attenta vigilanza sui requisiti patrimoniali delle banche, oltre che di una stretta regolatoria su molte classi di asset finanziari con cui, nonostante la crisi, si è continuato a operare senza quasi differenze.
Sembra passata l’idea che l’occhio di riguardo con cui il sistema finanziario è stato trattato dai Governi abbia contribuito a risolvere ogni problema di banche e, perché no, assicurazioni. La realtà è che inattese frenate dell’economia reale aprirebbero scenari inquietanti, mentre una ripresa economica anemica e debole su cui al momento la maggioranza degli economisti sembra concordare, obbligherebbe il sistema bancario a operare in un contesto ancora estremamente sfidante; un contesto in cui sarebbe messo a dura prova sia per la capacità di imprese e famiglie di ripagare i debiti sia per gli scossoni che si avrebbero sui mercati.
Per sapere che piani hanno le banche italiane per affrontare e possibilmente superare questa fase bisognerà attendere qualche mese. Nel primo semestre la comunità finanziaria assisterà alla presentazione di molti piani strategici che al di là delle previsioni di ricavi e utili futuri daranno al mercato un’idea abbastanza precisa del futuro del sistema bancario nostrano. Intanto possiamo già dire che i favolosi risultati del 2007 sono irripetibili e destinati a rimanere nel libro dei ricordi e che è meglio aspettare qualche mese prima di proclamare lo scampato pericolo.