Lunedì, col solito consistente anticipo rispetto al resto delle società italiane, Fiat ha presentato i risultati del 2009 svelando così al mercato i dati dell’ultimo trimestre. Come sempre, occorre distinguere le reazioni del titolo dalle prospettive industriali della società, altrimenti il rischio, già alto, di perdersi per strada gli elementi più importanti diventa una certezza.
Nel giorno dei risultati, Fiat ha chiuso la giornata con un calo del 4% in un mercato che soffre già da diversi giorni. Tra le possibili ragioni che potrebbero aver determinato questo ribasso ne troviamo, come vedremo poi, davvero poche tra i numeri del 2009; potremmo attribuire questo passo falso a un outlook cauto sul 2010, ma molto più probabilmente siamo di fronte al più classico dei classici “sell on news” unito a un calo di mercato che, al solito, colpisce per primi e con più forza i titoli che hanno corso di più.
Gli analisti si attendevano un buon quarto trimestre e le aspettative non sono state tradite; gli incentivi statali, il miglioramento delle condizioni economiche e, perché no, le azioni messe in atto da Marchionne hanno permesso a Fiat di chiudere il 2009 con un utile operativo di poco superiore al miliardo di euro; un risultato che a inizio anno sembrava un sogno irraggiungibile.
Ottimi sono stati poi i dati relativi al debito che, in questo caso, si è ridotto ben oltre le attese degli analisti. Per quanto buoni questi risultati appartengono però alla storia e l’unica cosa che conta oggi sono le prospettive della società nel medio termine e in particolare per il 2010.
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Intanto nessuno si dimentica che un anno fa di questi tempi su Fiat si aggirava lo spettro di un aumento di capitale a cui si sarebbe stati costretti a ricorrere in uno dei momenti peggiori della storia dei mercati finanziari. Il tono degli articoli e dei commenti era molto diverso dalla tranquillità con cui oggi Marchionne può affrontare un anno che appare comunque difficile.
La crisi è stata devastante per un settore che aveva già di suo parecchi punti deboli e che è uscito bene dal 2009 grazie anche a una massiccia concessione di aiuti statali. Uno degli elementi che oggi si rischia di perdere di vista è che i numeri di Fiat del 2009 sarebbero stati irriconoscibili senza gli aiuti statali che ogni stato europeo (con in testa la Germania) ha garantito.
Il tema degli incentivi non si è di certo esaurito. I target che Fiat ha dato per il 2010 sono fortemente legati alla nuova tornata di incentivi che l’Italia si appresta a concedere al settore e che dovrebbero garantire a Fiat circa 150/170 mila immatricolazioni in più in Italia rispetto alle 650mila che si avrebbero diversamente (per un totale di circa 350 milioni di euro di utile operativo sul miliardo e mezzo dichiarato come obiettivo).
A parte la Germania, che nel 2010 leverà ogni incentivo, l’Italia (in buona compagnia) ha deciso per una riduzione graduale. In uno scenario economico ancora debole levare di colpo gli incentivi a un mercato pesantemente drogato sarebbe un vero trauma per Fiat e l’indotto. Senza incentivi l’utile Fiat 2010 evaporerebbe e il debito avrebbe un balzo preoccupante.
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Questo è lo scenario per il 2010, grazie anche all’inesauribile mercato brasiliano, se le condizioni macro rimarranno più o meno simili alle attuali. Fermarsi all’anno appena iniziato sarebbe però decisamente miope. Soprattutto per un’impresa del settore auto ciò che conta sono le prospettive di medio-lungo termine.
La concorrenza nel settore è spietata e non farà sconti a chi si presenterà in un ipotetico anno “normale” (si spera sia il 2011) in condizioni di inefficienza e fragilità. Di certo gli Stati non possono mettere mano al portafoglio a ogni periodo di crisi per gonfiare artificialmente il settore auto e ormai è assodato che il singolo Stato non può fare niente per salvare il proprio campione nazionale.
Chi vorrà essere lungimirante prenderà il 2010 come un periodo di grazia da usare per eliminare i propri punti deboli e per mettere a punto i possibili punti di forza. Nel caso di Fiat si tratta di razionalizzare la propria struttura produttiva (sacrificando Termini Imerese in Italia) e di lavorare per sistemare definitivamente il caso Alfa Romeo. Si tratta anche di sfruttare tutte le enormi potenzialità che possono nascere dall’acquisizione di Chrysler che, dopo mesi di cura Marchionne, sembra già in condizione di poter sfruttare ogni minimo accenno di ripresa.
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Le polemiche sulla chiusura di Termini Imerese, sulla cassa integrazione ed eventualmente sull’abbandono di Alfa Romeo a fronte dei pingui incentivi pagati dai contribuenti italiani, possono essere accantonate nell’ottica di una sorta di sacrificio finale che si paga per avere un’azienda italiana di primaria importanza in grado di affrontare la concorrenza con le proprie gambe; una missione che la competenza di Marchionne rende credibile.
L’unica nota stonata, impossibile da tralasciare in questa visione di fondo (e passata un po’ troppo sotto traccia), è il dividendone che Fiat ha deciso di pagare ai propri azionisti, che è stata la vera sorpresa dei conti 2009 e che segnala che certi vecchi e pessimi vizi sono davvero duri a morire. Gli aiuti statali sono stati a dir poco decisivi nel 2009 e faranno la differenza tra utile e non utile nel 2010, senza considerare le incognite che gravano sulle prospettive dell’economia nei prossimi mesi.
Pagare un dividendo in questo contesto potrebbe essere ritenuto come minimo un comportamento imprudente; come massimo una mezza beffa che si spera questa volta, come per il sacrificio di cui sopra, davvero finale.