Ci sono stati dei momenti in cui era molto difficile capire cosa stava succedendo sui mercati e in cui si sprecavano ipotesi e teorie; in questi giorni è invece abbastanza semplice capire cosa sta accadendo sulle borse europee. Ieri la borsa di Milano ha chiuso con un calo dell’1%, Londra dello 0,4% e Francoforte dello 0,14%. I timori sul debito italiano stanno dominando le valutazioni degli investitori, che in questi casi di incertezza massima, prima vendono e poi cominciano a ragionare su quello che potrebbe accadere.



Il fallimento della Grecia e dell’Irlanda non sono niente in confronto ai dubbi sulla tenuta di Spagna e Italia. Negli ultimi due giorni lo spread tra rendimento dei Btp italiani e dei titoli tedeschi ha raggiunto nuovi massimi dalla nascita dell’euro. Nel 2011 scadranno più di 200 miliardi di euro di titoli di stato italiani; è chiaro a tutti che se il rendimento dovesse salire troppo e se le aste cominciassero ad andare deserte, nessuno avrebbe la forza per salvare l’Italia e potrebbe essere la fine dell’euro. Se a questo aggiungete che i credit default swap francesi a 5 anni sono passati in pochi giorni da 80 a 100 si capisce bene che tira una brutta aria.



La stessa domanda implicita nei fatti appena descritti contiene un’enormità palese; cominciare a nutrire dubbi reali sulla capacità dell’Italia di ripagare il proprio debito non si esaurisce in una stima dei costi del salvataggio come nel caso greco e irlandese. L’ammontare del debito italiano è tale che ancora prima di iniziare qualsiasi calcolo si saprebbe che molte banche europee dovrebbero mettere a bilancio svalutazioni ingenti e che l’uscita dall’euro dell’Italia, a quel punto certa, determinerebbe un terremoto politico-finanziario in Europa; il sistema industriale italiano è molto più pesante e competitivo di quello degli altri Piigse una svalutazione della nuova “lira” darebbe da pensare a molti in primis ai tedeschi. Qua inizia la parte più difficile di una qualsiasi analisi, perché passare alla fase uscita dall’euro significa già discutere degli scenari futuri. Esiste infatti uno scenario numero due in cui si quantificano gli sforzi, umani e non, che l’Italia deve fare per accontentare i “mercati“ e le eventuali spoglie di guerra.



Intanto ora gli investitori esteri sanno che col rischio della fine dell’euro qualsiasi attività in Italia diventa improvvisamente più rischiosa di una identica francese e inglese. Immaginate di comprare una casa in Grecia per 100 mila euro e di ritrovarvela domani valutata in svalutatissime dracme. Al momento si sa che l’Italia ha un debito mostruoso e una crescita bassa e che Francia e Germania premono perché vengano approvati piani di rientro e parametri stringenti su deficit e debito; ieri il presidente francese della Bce Trichet dichiarava di “essere preoccupato che il benchmark numerico del debito proposto nelle nuove regole fiscali non sia abbastanza ambizioso”.

Si sa che la Germania ha chiesto di inserire nei prospetti delle nuove emissioni di debito statale clausole che dal 2013 impongano ai privati di partecipare ai piani di salvataggio; una proposta che non tocca i debiti degli Stati virtuosi ma che aggiunge nuovi elementi di rischio per i compratori di quelli “viziosi”. Cosa farà l’Italia di queste richieste? Come intende affrontare queste pressioni politiche del duo franco tedesco e finanziarie dei mercati? Sono domande che non hanno risposta. È escluso che improvvisamente come per magia la crescita italiana raggiunga nuovi e inaspettati record. L’Italia vuole rimanere a tutti i costi nel club degli affidabili? Che prezzo è disposta a pagare per rimanere nell’euro e continuare a pagare tassi di interesse sul debito bassi?

 

La verità è che in questo momento il governo italiano è estremamente debole e che l’incertezza su quello che accadrà il 14 dicembre quando verrà posta la fiducia è quanto di meglio ci possa essere per chi specula. Non si vuole incolpare la speculazione finanziaria anonima dei guai finanziari oggettivi che l’Italia si è procurata da sola, ma in quello che si è visto negli ultimi due giorni è impossibile non rilevare anche una componente “cattiva” e non del tutto razionale e motivata dai fondamentali della finanza.

 

Quando lo spread salirà forte, la speculazione picchierà duro e l’interessatissimo duo franco-tedesco si presenterà con richieste di rientro da lacrime e sangue che sanno di rimedio peggiore del male, quali saranno le contro-proposte dell’Italia? Chi, in Italia, per difendersi presenterà in sede europee le minacce credibilissime di default (non ignorabili a differenza di quelle greco-irlandesi)? Finchè il prezzo da pagare è una patrimoniale leggera fatta dall’oggi al domani (molto meno improbabile di quanto pensiate) si può anche accettare; se fosse un aumento dell’Iva, dell’aliquota fiscale o richieste di nuove privatizzazioni o perché no moral suasion su cessioni ad hoc da parte di gruppi italiani chi ci sarà a fronteggiare una pressione per cuori forti?

I professori del libero mercato-finanziario-concorrenziale-europeo, dell’Europa in cui gli amici forti aiutano i deboli, dell’immagine dell’Italia nel mondo, per cui l’euro è una religione possono continuare a vivere nel mondo fatato dove sono tutti buoni e quando ti regalano soldi è per una grande generosità che solo i meschini non riescono a capire. La realtà è che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare.

 

C’era un governo forte (certamente non perfetto) che godeva di una maggioranza forte. Adesso c’è un governo debole, ricattabile e ricattato. Tra i personaggi che in questi giorni invocano nuove stagioni, a chi scrive non ne viene in mente uno che riuscirebbe a non farsi sbranare vivo dall’accoppiata Merkel-Sarkozy. Se ci sono nuove elezioni sei mesi di inferno per l’incertezza, se non ci sono un governo con gente che ha finito ieri di insultarsi. Speriamo di essere smentiti, ma siamo pessimisti.