Settimana scorsa Fiat si è guadagnata ancora una volta le luci del palcoscenico; questa volta è stato l’amministratore delegato di Agco a rinfocolare le speculazioni che da settimane si sprecano sui destini di Fiat; martedì l’ad ha affermato senza mezzi termini di essere interessato all’acquisizione di Cnh. Quindi, riassumendo, negli ultimi mesi si è parlato con gradi più o meno elevati di certezza di spin-off dell’auto (effettivo dall’inizio di gennaio), quotazione di Ferrari (pare siano già al lavoro le banche d’affari), possibile interesse di Daimler per Iveco, interesse di Agco per Cnh, vendita di Magneti Marelli, cessione di Alfa Romeo a Volkswagen e infine aumento prima dei termini previsti della quota in Chrysler.



Nel frattempo Marchionne ha tenuto un incontro a porte chiuse con gli analisti esteri, poi due settimane dopo un incontro (riparatorio del primo) a porte chiuse con gli analisti italiani. Non c’è da stupirsi che il titolo Fiat continui a salire di rumour in rumour e stia fisso sugli schermi degli investitori di mezzo mondo.



Districarsi in questo fiume di ipotesi è abbastanza difficile per chi ci si dedica anima e corpo tutto il giorno tutti i giorni, per tutti gli altri è un compito improbo. Il quadro non sarebbe completo se ci dimenticassimo di aggiungere un altro dettaglio non propriamente secondario: la quota di mercato in Europa di Fiat auto è scesa di due punti percentuali in poco più di un anno (siamo vicini al 7%).

Questa performance è il risultato delle scelte di Marchionne che ha preferito non investire in nuovi modelli in una fase in cui i mercati europei, colpiti dalla crisi, non sarebbero stati in grado di assorbire elevati volumi di vendite: in altre parole l’investimento per nuovi modelli non sarebbe stato finanziariamente sufficientemente appetibile.



Chi ha partecipato agli incontri a porte chiuse ha raccontato di un Marchionne avaro di dettagli sulla propria strategia; non solo, emerge un quadro in cui ogni singola società può essere, in teoria, venduta purchè il prezzo sia sufficientemente congruo.

Gli Agnelli potrebbero vendere Cnh e Iveco strappando un prezzo molto elevato? La risposta probabilmente è sì. Vendere due business industriali con buoni margini e buoni tassi di crescita per investire poi in quali attività? Le ultime acquisizioni di Exor non sono state molto felici a partire da Cushman e Wakefield. Avrebbe senso forse, se Iveco è troppo piccola, cedere l’attività per rafforzarsi nel settore delle macchine agricole oppure trovare un partner nei camion; in ogni caso privarsi di due buone società in buoni business non appare molto logico in una prospettiva di medio-lungo termine. Un ragionamento di buon senso ripetuto dalla stesso Marchionne alla fine della scorsa settimana; per Marchionne il business di Cnh è troppo buono perché Fiat possa pensare a una cessione (nessun dichiarazione invece su Iveco sul cui destino sono lecite molteplici ipotesi)

La cessione di Alfa Romeo è decisamente l’ipotesi più affascinante. Due cose sono certe al riguardo: la prima è che Fiat non ha mai nemmeno provato un rilancio in grande stile del marchio che sopravvive con modelli, anche buoni, ma inferiori ai competitor con cui Alfa dovrebbe e potrebbe fare la guerra; per non parlare della rete di vendita fuori dall’Italia. La seconda è che Volkswagen sarebbe dispostissima a rilevare il marchio pagando un prezzo da sogno a Fiat.

 

Il problema, oltre alla pessima immagine per Exor, è che si darebbe a un concorrente, già di per sé temibile, uno strumento di competizione eccezionale che relegherebbe per sempre Fiat nel mercato della auto di fascia bassa; uno strumento che metterebbe in seria difficoltà Fiat proprio nel suo mercato europeo più importante. La cessione dell’Alfa avrebbe senso solo in un’ottica di disimpegno totale o parziale dall’auto in quanto tale.

 

L’unico punto fermo, l’unica società dove si sa per certo che Fiat non venderà una singola azione è Chrysler. Si può fare e disfare tutto, mettere sul mercato questa o quella attività tranne Chrysler. Negli Usa Marchionne ha potuto plasmare Chrysler a proprio piacimento e ora si ritrova con una società snella e efficiente in uno dei mercati più ricchi del mondo. La società americana è l’unico punto fermo per l’ad di Fiat.

 

Se qualcuno è ancora attaccato all’idea di una Fiat “italiana” e di “sistema” è meglio che si abitui presto alla nuova realtà di una società internazionale il cui “sistema” sono i mercati finanziari. Lo scenario appare estremamente fluido e se Marchionne avesse già le idee chiare avrebbe ottenuto il primo successo nel non dare alcun segnale al mercato che sembra brancolare nel buio. Il sospetto sempre più forte è che Marchionne abbia deciso in realtà di tenere aperte tutte le possibilità aspettando che lo scenario macro e il settore diventino un po’ più chiari. Nel frattempo, tra le poche certezze, nessun rallentamento del volume dei rumours.