Pensavamo di esserci liberati del “caso Telecom Italia” almeno per qualche settimana, invece, complice un articolo di Repubblica (dopo quello di lunedì che ci spiegava come Berlusconi in tre mosse si approprierà di tutta la finanza e di buona parte dell’economia italiana che conta), la vicenda è tornata al centro dell’attenzione. I termini del problema sono sempre gli stessi e ilsussidiario.net ne ha ampiamente discusso nelle ultime settimane.
Immutato è anche il cuore del problema costituito da una società alla ricerca di un azionista forte e di una strategia chiara e dalle empasse tutta italiana in cui si è cacciata Telefonica che, beffa delle beffe, per finirci ha anche pagato più di due volte il prezzo di borsa attuale. In mezzo a questo pasticcio c’è il “governo italiano” o “sistema Italia” che non sembra voler lasciare il controllo della società e soprattutto della rete a un operatore straniero senza tutelarsi con qualche rete di protezione.
Adesso tenetevi forte perché le cose si fanno complicate per davvero. Nel difficilissimo tentativo di conciliare le esigenze di tutti i soggetti coinvolti si starebbe lavorando a una operazione di finanza straordinaria alquanto complessa. Le esigenze sono più o meno queste: Telefonica non può uscire dall’azionariato, dato che in questo momento non ha nessun controllo di una società pagata carissima, perché si troverebbe in bilancio una perdita notevole (l’ad probabilmente non saprebbe come rispondere alla furia degli azionisti per un’operazione fallimentare); d’altra parte non può fare niente che cambi lo status quo se prima non si assicura l’approvazione del governo, mentre è sempre più evidente che a questo punto l’unica ipotesi sensata sia prendere il controllo di Telecom.
Le banche, che in questo momento si trovano nella scomodissima posizione di ultime garanti dell’italianità, devono trovare un meccanismo che permetta di non svalutare la partecipazione, altrimenti dovrebbero contabilizzare una perdita elevata e molto poco gradita in un contesto economico ancora difficile. Il Governo deve trovare il modo per continuare a garantirsi un certo controllo sulla rete. Date queste premesse trovare una soluzione che accontenti tutti diventa un’impresa come minimo ardua.
L’operazione che accontenterebbe tutti, e di cui si può leggere da qualche giorno sui principali quotidiani, sarebbe una fusione tra la holding di controllo di Telecom Italia, Telco (quella per intenderci dove stanno Telefonica e i soci finanziari italiani) con Criteria che a sua volta detiene un pacchetto di poco superiore al 5% di Telefonica. Le due società si fonderebbero in una nuova entità chiamata Telecom Europa che sarebbe una sorta di nocciolino duro della futura Telefonica. In questo nocciolino duro rimarrebbero i soci finanziari italiani già presenti in Telco con una quota abbastanza modesta. Il tutto sarebbe propedeutico o contemporaneo a un’offerta pubblica di scambio di Telefonica su Telecom.
Siccome però gli spagnoli sono riusciti là dove gli italiani hanno miseramente fallito, creando un colosso mondiale delle Tlc da 80 miliardi di euro, mentre a colpi di opa spericolate a noi è rimasta una società da 20 miliardi di euro (con una presenza internazionale per giunta modestissima), la nuova società sarebbe di fatto la vecchia Telefonica più Telecom Italia e, forse, la parte brasiliana di Telecom (sempre che non venga ceduta per ragioni di antitrust dopo la fusione con la partecipata brasiliana di Telefonica). Per questo il Governo italiano vorrebbe ottenere ulteriori garanzie di “governance” sulla rete italiana.
Non occorre aggiungere ulteriori considerazioni per rendersi conto che la complessità e spinosità dell’operazione è elevata ai massimi livelli e che passare dalla parole o dai documenti degli advisor ai fatti è tutto fuorché semplice. Insomma una fusione Telefonica-Telecom sembra un approdo naturale, anche se i tempi potrebbero non essere immediati.
Non si può pero fare a meno di mettere in fila una serie di “fatti finanziari” che come minimo segnalano che il dossier sta diventando davvero caldo. Innanzitutto si deve registrare il fatto che articoli con scenari sempre più dettagliati e sensati fanno capolino sempre più spesso tra i quotidiani nazionali. Un fenomeno che di solito segnala che sotto il fumo ci sono discussioni vere.
Il mercato comincia a essere estremamente reattivo alle notizie su Telecom. Ieri il titolo è stato sospeso per eccesso di rialzo a meno di mezz’ora dall’inizio delle contrattazioni, i titoli scambiati sono più che duplicati e la società ha guadagnato quasi il 15% in due settimane. Non sono numeri causati dai daily trader. Poi, ed è decisamente roba per investitori super fini, ci sarebbe da dare un’occhiata all’andamento delle risparmio, che nell’ultimo mese ha sensibilmente superato quello delle ordinarie. Una scommessa vincente e sensata solo per chi crede in un concambio visto che Telefonica ha solamente le ordinarie (di solito in questi casi si propone lo stesso concambio anche per i “risparmisti”).
Prima di arrivare al redde rationem finale manca con ogni probabilità ancora un bel po’ di lavoro. In particolare la soluzione prospettata non sembra soddisfare del tutto le esigenze del Governo e delle banche azioniste, ma indubbiamente rispetto alle ipotesi di qualche mese fa siamo sulla strada giusta. Come noto il timing è la parte di gran lunga più difficile di un investimento azionario; noi ci sbilanciamo dicendo che la conclusione non è cosi vicina come sembra. Ci tuteliamo dalla figuraccia che sicuramente faremo con l’affermazione meno rischiosa che una fusione Telecom-Telefonica sembra ormai l’unico approdo finale.
Al nostro paese rimarrà il rimpianto di non aver saputo creare una società italiana (o con una presenza italiana forte) nel settore Tlc; proprio noi che abbiamo il mercato del mobile più effervescente e grande d’Europa. Citofonare D’Alema e ai capitani coraggiosi per eventuali spiegazioni.