Come ogni anno a marzo cade l’immancabile appuntamento con le trimestrali (in questo caso di fine anno) delle società quotate. I quotidiani economici si riempiono di articoli di commento sui risultati (soprattutto quando mettono in cattiva luce un concorrente), così come delle dichiarazioni dei manager sui piani di sviluppo e sul possibile andamento della società per i mesi futuri. Il flusso di informazioni è così imponente che spesso coinvolge le pagine dei quotidiani generalisti, che nei casi delle imprese più importanti non possono esimersi da qualche analisi.

Non occorre specificare che per la finanza e gli investitori in generale l’appuntamento costituisce una tappa fondamentale. Così anche quest’anno verrà riproposta la tesi delle trimestrali nemiche dell’economia reale; l’ennesima freccia all’arco della finanza malata e speculatrice che per un minimo rendimento nel breve è disposta a mettere da parte qualsiasi piano di investimento degno di questo nome. Anche in questo caso accontentarsi della vulgata che va per la maggiore rischia di portare del tutto fuori strada.

Sul mercato operano gli investitori più diversi: c’è chi compra con un orizzonte temporale di qualche giorno e chi compra con un orizzonte che si può misurare in molti mesi. Per tutti, indistintamente, la trimestrale è l’occasione per fare il punto sullo stato di salute di una società, sull’attuazione dei suoi piani di sviluppo e per ottenere informazioni sul suo andamento e su quello del settore.

I risultati possono essere stati deludenti o sorprendenti per un’infinità di motivi diversi che vanno dalla capacità o incapacità di una società, dall’andamento del settore di appartenenza o da fattori completamenti al di fuori del controllo anche del migliore dei manager. Se, per fare un esempio del tutto casuale, un inverno duro al di fuori di ogni norma ha colpito il settore influenzando negativamente i risultati, non c’è dubbio che non ci sia nessun motivo per alcuno di felicitarsi. Per qualcuno però sarà solo un incidente di percorso per altri un motivo sufficiente per monetizzare subito qualsiasi guadagno si sia realizzato.

Se ancora una società è impegnata in un piano di espansione, investimento o ristrutturazione che pesa nel breve sui conti in vista di un miglioramento futuro, per alcuni investitori sarà un motivo in più per vendere per altri un motivo in più per comprare. Ovviamente nulla vieta che ci si possa trovare di fronte a risultati che segnalino al di là di ogni dubbio un deterioramento o un miglioramento permanete che metta d’accordo tutti sulle conseguenze pratiche (vendere o comprare). Si può criticare o condividere un certo approccio agli investimenti, di brevissimo termine o di lungo termine, certamente sia il primo che il secondo sono perfettamente legittimi.

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Se queste sono le premesse rimane da capire perché una corsa alla trimestrale migliore della precedente a ogni costo, o quasi, abbia coinvolto molte società e sia entrata nella “mentalità comune” producendo o contribuendo a produrre in non pochi casi disastri di proporzioni enormi per la società stessa e per il mercato in generale.

 

Il punto è a chi decide di rispondere: il manager o l’imprenditore. Se l’obiettivo è vedere il prezzo dell’azione più in alto possibile (come massimo indicatore della propria bravura e della salute dell’azienda) nel minor tempo possibile non c’è dubbio che una fila di trimestrali scintillanti sia senz’altro d’aiuto. Se l’obiettivo è esercitare stock option o raggiungere bonus mal congegnati non ci sono ancora molti dubbi. Se il traguardo è “farsi voler bene” dai mercati per arrivare a società più importanti in men che non si dica ci sono sempre molti pochi dubbi sulle scelte da fare. Ovviamente tutto crolla di fronte a improvvise turbolenze che smascherano la debolezza di una società, o non sempre si è così furbi da abbandonare la nave prima del naufragio.

 

Una cosa è certa la moda è molto pericolosa (come è stato dimostrato al di là di ogni dubbio) perché la creazione di valore finanziario non sempre coincide con la creazione di valore reale. Il primo si può creare facilmente in pochissimi ore con un rialzo a due cifre (purtroppo scompare altrettanto facilmente), il secondo è il frutto di molti mesi o anni di scelte giuste. Trimestri di risultati “finti” creano imprese fragili nel micro e sistemi o economie senza crescita nel macro.

 

La forza di persuasione della parte più “malata” del sistema finanziario è elevata, a volte forse irresistibile, ma le scelte industriali sono di competenza dei manager e degli imprenditori, che proprio con le loro scelte possono e devono anche sapersi scegliere gli azionisti. Contrariamente a quello che si legge e si dice sulla piazza c’erano e ci sono molti investitori “seri”. Anche in finanza dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.