Dopo la finanziaria tedesca anche la manovra inglese che verrà approvata dalla nuova coalizione guidata da Cameron farà sembrare l’appellativo “macelleria sociale” usato per la nostra finanziaria molto improprio.

Nella gara a chi fa di più per assicurare i mercati sulla solidità del proprio debito si inserisce prepotentemente il Regno unito con la sua manovra da 113 miliardi di sterline. Dopo la Germania che aveva stupito l’Europa con una manovra da 80 miliardi di euro, da oggi nel mercato globale dei debiti sovrani l’Italia dovrà affrontare una più scomoda concorrenza inglese.



Le priorità degli inglesi non sembrano in realtà molto diverse da quelle dei tedeschi: mettere un freno al deterioramento dei conti pubblici e soprattutto togliere qualsiasi dubbio ai mercati sulla solidità delle finanze statali e sulla capacità di onorare i propri impegni.

I due obiettivi sono meno simili di quanto possa apparire a prima vista, perché in un periodo, come l’attuale, di estrema incertezza in cui la data della ripresa vera viene rimandata mese dopo mese a un futuro sempre meno vicino, le previsioni al 2015 (come quelle del Governo inglese) lasciano sinceramente un po’ il tempo che trovano a prescindere da chi le faccia. Già è difficile capire cosa succederà nel terzo trimestre di quest’anno, figuriamoci dal 2011 in poi. Quello che conta è che il messaggio ai mercati sia convincente e quali sono le modalità scelte per ridurre il deficit.



L’Inghilterra quest’anno avrà un deficit superiore al 10%, uno tra i più alti delle economie sviluppate, per questo il nuovo governo ha annunciato ulteriori tagli e nuove tasse per altri 43 miliardi di sterline (80% con tagli e 20% con maggiori tasse) dopo i 70 già annunciati dal Governo labour, che dovrebbero portare a un deficit sotto il 2% per il 2015, quando il debito in percentuale del Pil comincerà a calare.

Tra le varie misure si possono segnalare l’aumento dell’Iva dal 17,5% al 20% e un taglio delle spese dei ministeri del 25% (escluso il ministero della salute), oltre a tagli vari al welfare compresi i sussidi per i figli. L’entità della manovra è mostruosa: per gli analisti di Societè Generale si tratta di tagli “ancora più selvaggi di quanto atteso”, in compenso dopo l’annuncio i futures sui bond statali sono saliti segnalando almeno l’apprezzamento degli investitori.



L’unica ma importante eccezione riguarda le tasse sulle imprese che il Governo ha deciso di ridurre al 24% dal 28% attuale (una riduzione graduale di un punto all’anno); una bella mano per il sistema produttivo inglese e ovviamente per l’economia generale del Regno Unito.

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Tra i molti interventi e misure adottate uno in particolare alimentava le speculazioni e le preoccupazioni dei mercati. La tassa sul sistema bancario alla fine si è rivelata meno pesante di quanto atteso, ma non per questo meno significativa. Dalla nuova imposta il Governo dovrebbe ricavare circa 2 miliardi di sterline all’anno.

 

Quello che importa non è tanto l’ammontare ma la ratio della nuova tassa. Il fatto che una stretta sulle banche sia stata concordata a livello europeo dovrebbe innanzitutto impedire una perdita di competitività della city nei confronti dei diretti concorrenti europei, che si apprestano ad annunciare nuove tasse per le istituzioni finanziarie.

 

Le banche “retail” saranno le meno colpite mentre saranno quelle “d’investimento” a essere maggiormente penalizzate. Gli aspetti tecnici sono abbastanza complessi, ma in estrema sintesi si tratta di una quota (4 punti base dal 2011 e successivamente 7) dei finanziamenti “wholesale” (per quelli di lungo termine l’aliquota sarà minore). In sostanza verrà penalizzato chi si finanzia sui mercati per comprare attività da trading; come conseguenza indiretta si creerà un disincentivo all’eccesso di leva.

 

Secondo i conti di UBS, i più penalizzati saranno BNP, Deutsche Bank e Royal Bank of Scotland, mentre la meno penalizzata sarà Standard Chartered. Tra le molte strade che si potevano scegliere questa appare una delle più sensate sia per la “scelta” dei penalizzati sia per la modalità. Le attività bancarie più tradizionali saranno al riparo mentre paga chi corre i rischi maggiori sui mercati. Chi finanzia le aziende avrà un beneficio indiretto dalla riduzione delle tasse per le imprese e, sempre secondo UBS, c’è chi tra le banche (come Lloyds) alla fine potrebbe persino guadagnarci.

 

È lecito dubitare dell’effettiva capacità dell’Inghilterra di portare a termine il piano come previsto, ma il solo effetto annuncio l’aiuterà a pagare meno il suo debito. Nel frattempo, per l’Italia ci sarà un altro utile termine di paragone.