Dopo qualche giorno di pausa, ieri Berlusconi è intervenuto per difendere la finanziaria approvata dal Governo, dopo critiche piovute un po’ da ogni parte. Il presidente del consiglio ha sentito l’esigenza di affermare che la manovra è “ la cosa giusta nel tempo giusto, nell’interesse dell’Italia” nella peggiore crisi dal 1929.



Allo stesso modo Berlusconi si è sentito in dovere di precisare che adesso si lavorerà su “ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita”. Una precisazione molto significativa alla luce di ciò che è successo sui mercati e di alcune critiche che evidentemente non erano troppo peregrine.



Sapete infatti di quanto si sono mossi i cds a 5 anni sul debito italiano dopo l’approvazione della finanziaria? La risposta è tanto significativa quanto inquietante ed è: assolutamente di nulla. Anzi il costo per assicurarsi da un eventuale fallimento dello stato italiano per i possessori delle sue obbligazioni statali (perché questo e nient’altro sono i credit default swap) è aumentato. Lunedì 24 maggio il cds a 5 anni quotava a 143.5, una settimana dopo a 169.525, mentre mercoledì 2 giugno si è arrivati a 233.375.

Si potrebbero accampare come spiegazione le solite trame oscure degli speculatori della peggior specie, di chi vuole affossare l’euro e i Paesi che ne fanno parte, oppure prendere il dato come mero e puro attestato di quello che il mercato pensa sulla tenuta del debito italiano in un orizzonte di medio periodo come appunto possono essere considerati i cinque anni presi a riferimento dal cds.



Annoverare anche il Fondo monetario internazionale tra gli avvoltoi finanziari è un’ipotesi azzardata anche nelle dietrologie più fantasiose. Eppure dopo le opinioni espresse a più riprese dal Financial Times in questi ultimi giorni, rese inequivocabili dall’andamento dei cds, anche il Fondo monetario Internazionale ha espresso la propria autorevole opinioni sulle prospettive di crescita e sulla tenuta del debito italianoin un report tutt’altro che snello, dove analisi, grafici e considerazioni hanno occupato righe per la bellezza di 133 pagine. È abbastanza impressionante ritrovare, seppur con una mole molto maggiori di argomenti, gli stessi concetti che il Financial Times evidenziava settimana scorsa.

Non è il caso di soffermarsi sugli ormai noti punti di forza del sistema italiano (risparmio elevato sistema finanziario sano ecc ecc) che ci distinguono nettamente dal resto dei Pigs e che finora ci hanno reso una preda meno debole per gli speculatori veri; punti di forza che anche il Fmi elenca senza alcuna parsimonia. Non è il caso di continuare a citarli compiaciuti come se fossero di per sé sufficienti a garantirci un futuro radioso.

La realtà nuda e cruda è anche un’altra come ci ricorda il Fmi. L’Italia ha costantemente perso quote di mercato nel commercio mondiale dal 1997 al 2007 e l’ha fatto in modo più marcato dei suoi competitor europei; la posizione finanziaria dello Stato italiano è fragile con un debito su Pil poco rassicurante.

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Questo per quanto riguarda il presente. Il futuro invece è, se possibile, ancora meno roseo. La crescita è destinata a rimanere moderata e anemica anche per i prossimi anni, precisamente allo 0,8% nel 2010 e all’1,2% nel 2011. Cause? I partner commerciali dell’Italia avranno una crescita modesta e l’Italia continuerà ad avere un gap competitivo con i suoi concorrenti. Più in generale e sintetizzando la crescita è limitata da alcuni fattori strutturali che ormai potrebbe citare anche la casalinga al mercato (figuriamo il Fmi): rigidità nel mercato del lavoro (impiego statale compreso), bassa produttività, peso del settore pubblico.

 

Queste sono le buone notizie relative alla crescita, poi ci sono quelle su deficit e debito pubblico. Senza addentrarsi nei particolari e nei numeri (per chi volesse a partire da pagina 15 del report), l’idea di fondo è abbastanza semplice. Anche considerando le stime di crescita del Governo, occorrerebbero ulteriori correzioni rispetto a quelle che già hanno fatto gridare allo scandalo e alla macelleria sociale. Se invece, come sostengono dalle parti del Fmi, la crescita dovesse essere più modesta allora sarebbero dolori veri.

 

E qua arriva la parte più interessante alla voce “consigli disinteressati del fondo monetario al popolo italiano”. Sono soluzioni talmente di buon senso che se solo il governo si azzardasse a proporle si troverebbe in piazza le forze più moderne, disinteressate e oneste del Paese. Ne passiamo in rassegna alcune delle più, come dire, innocue. L’imposizione di limiti di budget più fermi (agli enti locali), è un “sine qua non” per imporre una disciplina fiscale a livello locale e per liberarsi della cultura morbida dei finanziamenti dallo stato centrale (per la cronaca questo è un esercizio di traduzione non di interpretazione). Vogliamo chiamarlo federalismo fiscale?

 

Il settore pubblico dovrebbe assumere un ruolo guida nel decentralizzare i salari prendendo in considerazione le differenze tra le regioni nella produttività e nel costo della vita. Nessun tentativo in questo senso è sopravvissuto alla sua enunciazione teorica, seppellito sotto critiche di “secessione” o “liberismo”.

 

Una seconda generazione di riforme del lavoro dato che attualmente il mercato è spaccato tra lavoratori iper protetti e temporanei. Questa differenza dovrebbe essere colmata rendendo i contratti permanenti più flessibili e i lavoratori temporanei più protetti.

 

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Insieme a tanti altri buoni consigli (dalle pensioni alla differenza di tassazione tra pensionati e lavoratori) c’è il tema di come investire per migliorare la produttività, anche se ogni investimento nel contesto economico attuale può essere messo in atto solo previo taglio di spesa inutile, ma ci fermiamo qui.

 

Oltre a come sopravvivere nel prossimo semestre, sarebbe davvero interessante se al centro della scena, insieme alla buona uscita di Santoro o alla D’addario, ci fosse un qualche barlume di discussione su come usciremo da una crisi la cui fine non è assolutamente dietro l’angolo e soprattutto su come faremo a mantenere uno stato di benessere che tutti, chissà come mai, si illudono sia scontato.

 

Nell’attesa, si spera non troppo lunga, consigliamo a tutti una lettura del report del Fmi o in alternativa dei grafici dei Cds, sperando che le ultime dichiarazioni di Berlusconi siano la presa di coscienza in cui molti speravano.