I risultati del primo semestre comunicati ieri da Telecom Italia sono un ottimo pretesto per fare il punto sull’ex monopolista italiano che potrebbe tornare molto utile al rientro dalle vacanze. Potremmo dilungarci in una disamina puntuale dei risultati dei primi sei mesi che, contrariamente a quanto la performance del titolo potrebbe far pensare, sono stati in linea con le attese (il “buy on rumours and sell on news” è un concetto che ha ancora e con insospettabile frequenza implicazioni pratiche).

Anche l’ulteriore taglio di 3900 dipendenti che ha occupato le cronache delle ultime settimane, rischia di far perdere di vista i nodi più importanti di una vicenda che sembra sempre più senza fine. Secondo il più classico dei classici principi di una buona trattativa, dall’annuncio iniziale di 4500 tagli si è passati a 3900 uscite volontarie con l’accordo dei sindacati.

Il dibattito sulla rete di nuova generazione è un argomento molto interessante a cui purtroppo ogni giorno commentatori di ogni ordine e grado contribuiscono con opinioni più o meno argomentate, in cui raramente emergono i punti più sensibili della vicenda. L’investimento è colossale e comprensibilmente Telecom procede con calma in un ambiente regolamentare incerto al massimo livello.

In modo altrettanto comprensibile preferisce procedere autonomamente e rifiuta di aderire al progetto di una società unica per la rete di nuova generazione con Vodafone, Wind e Fastweb. A nessuno in nessun settore farebbe piacere vedere la migrazione dei propri clienti verso una piattaforma che non controlla e che condivide con i concorrenti.

Dicevamo di risultati in linea e di voler evitare un’analisi numero per numero. Almeno una o due osservazioni meritano invece di essere fatte. Il Brasile continua imperterrito a registrare ottimi risultati, mentre Tim nel secondo trimestre ha avuto ancora ricavi in calo (del 7%), segno di una certa difficoltà nel mercato italiano, con la sicura complicità di Vodafone che qualche mese fa ha sorpassato il numero di clienti di Tim.

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Il punto è che ciò che finora ha rappresentato la parte migliore del gruppo, la società brasiliana, si troverà ad affrontare nei prossimi mesi e anni una situazione competitiva molto diversa da quella vista finora. Telefonica qualche settimana fa con un’offerta da capogiro (7 miliardi e mezzo di euro per il 30%) si è assicurata il controllo di Vivo, il principale concorrente brasiliano di Tim Brasil, comprando la quota in mano a Portugal Telecom. Vivo in mano a Telefonica diventa un concorrente molto più pericoloso; Portugal Telecom con i soldi incassati investirà presumibilmente su OI, il quarto operatore brasiliano nel mobile.

 

Se qualcuno stesse pensando che il prezzo pazzesco pagato da Telefonica per Vivo sia un bel segnale per Telecom Italia si sbaglia di grosso. Telefonica con l’acquisizione del controllo per Vivo ha perso qualsiasi interesse strategico per Telecom Italia e ne rimarrà azionista “solamente” per evitare che un giorno o l’altro a Telecom venga in mente di cedere la società a un concorrente pericoloso. Telefonica ha fatto bingo ritagliandosi un ruolo da protagonista assoluto in Brasile, mentre Telecom Italia ha, tra le altre cose, perso il compratore più probabile per la sua partecipata (e all’orizzonte non si vedono alternative).

 

In difficoltà sul mercato domestico del mobile, dove non c’è molto da inventarsi se non offrire un servizio migliore a prezzo competitivo, con una concorrenza che si farà più forte nella banda larga, l’unico modo per preservare gli utili è lavorare sui costi e sull’efficienza; il resto va bene per speculare di scenari improbabili su reti di terza, quarta e quinta generazione dai ritorni molto incerti; rete su cui per la verità Telecom investe e investirà non poco.

 

Quello su cui invece vale la pena speculare è l’azionariato di Telecom Italia. L’unico socio industriale, Telefonica, ha ormai perso ogni mira strategica visto che è veramente improbabile ipotizzare un interesse per il mercato italiano; i soci finanziari non possono vendere pena svalutazioni colossali e di certo non si faranno mai promotori di rivoluzioni che eccedano il regolare pagamento di dividendi.

 

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Il governo italiano, qualsiasi sia il suo colore futuro, difficilmente potrebbe avallare la cessione a un operatore straniero. L’unico brivido potrebbe arrivare dalla cessione del Brasile e giusto ieri un quotidiano brasiliano avanzava l’ipotesi di un’offerta di Vodafone per Tim Brasil che sinceramente sembra al momento del tutto improbabile.

 

Al di fuori di questo rimane nella migliore delle ipotesi la sola gestione dell’esistente, nella peggiore un lento e inesorabile declino e sinceramente non sembra che nemmeno il migliore degli ad possa cambiare questo trend. In confronto al colosso globale che è diventata negli ultimi anni Telefonica c’è davvero di che avere rimpianti.