Come noto si possono fare previsioni con infiniti gradi di difficoltà; per esempio, una facile è che l’argomento politico del giorno saranno le difficoltà del governo, oppure che il rialzo del 3% che ha fatto la Borsa ieri farà notizia oppure ancora che, purtroppo, nemmeno oggi vinceremo al Superenalotto; poi ci sono quelle difficili come sull’esistenza o meno dell’euro tra 12 mesi o il cambio euro/dollaro nel 2012. Anche quelle difficilissime si sprecano; siccome le cose facili non fanno per noi, abbiamo pescato in quest’ultima categoria: cosa potrebbe accadere sui mercati (e come dovremo interpretare quello che accadrà) se il governo Berlusconi dovesse cadere?
La questione non è banale, perché il contesto economico non lascia affatto tranquilli nonostante i rialzi in Borsa, perché l’Italia rimane un’osservata molto speciale (come dimostra lo spread Btp-Bund ancora sopra 350 o il rendimento del decennale) e infine perché martedì il governo è andato sotto sull’approvazione della legge sul rendiconto generale dello Stato. Spessissimo, quando l’amministratore delegato di una società si dimette, volontariamente o involontariamente, il titolo sale. La spiegazione è che sia stato mandato via perché si ritiene che il sostituto possa fare meglio oppure perché l’amministratore si opponeva a un cambiamento che gli azionisti volevano promuovere, infine perché nella fase di incertezza che inevitabilmente l’evento comporta la società abbia le “difese abbassate” di fronte, nel caso della Borsa, a potenziali acquirenti e speculatori di ogni ordine e grado.
La previsione di una giornata “positiva” (e il termine “giornata” ha voluti significati temporali) se mai si verificasse questa eventualità è rafforzata dal fatto che Berlusconi non ha mai goduto di troppa popolarità presso certa stampa e finanza anglosassone, ben prima che gli ultimi scandali si verificassero. L’opinione dei mercati nel caso dell’Italia sarà misurata dalla performance del mercato italiano, in particolare delle società ancora in mano pubblica e, soprattutto, dalle conseguenze che si avranno sul debito italiano, vero termometro della fiducia che gli investitori hanno nel Paese. Rimanendo sul paragone delle dimissioni di un amministratore delegato, è evidente che la scommessa è di breve periodo e dura fino a che non diventa noto il “dopo” e che può anche non avere niente a che fare con una vera preoccupazione per il futuro dell’impresa.
Il paragone con una società quotata regge solo fino a un certo punto. Non c’è un solo investitore “buono” che investa in un’ottica di medio lungo periodo, né un imprenditore che si auguri un periodo di incertezza nel Paese in cui investe; l’incertezza e la confusione si addicono agli speculatori. L’idea è che, sempre tenendo a mente che è a oggi è pura fantasia, quello che si vedrà nelle primissime ore o al massimo giorni non riflette un’opinione vera sul “dopo” per il fatto che nessuno saprà con esattezza né chi occuperà quella poltrona, né cosa vorrà fare.
L’unica certezza nelle prime fasi è che il Paese sarà senza una guida e vulnerabile; serve solo un po’ di buon senso per capire che la fase è molto interessante per chi si voglia portare a casa pezzi di Italia, magari a prezzi di saldo, fino a quel momento impossibili da comprare o per chi voglia guadagnare soldi facili e che per questi “soggetti” prolungare l’incertezza. magari a furia di scossoni finanziari sull’Italia, non è per nulla un male. Per questo la previsione si limita alla giornata positiva (anche se molto dipenderà dall’umore del mercato che oggi oscilla paurosamente tra disperazione ed esaltazione) poi tutto è lecito inclusi gli scenari più pessimistici.
Nella fase attuale le considerazioni non si possono limitare ai “mercati” e agli “investitori”, anche i nostri “partner” europei sono spettatori molto interessati di quello che accade a sud delle Alpi; gli ultimi mesi dovrebbero aver dimostrato che, a torto o ragione, in Europa ognuno pensa innanzitutto al proprio interesse. Perfino l’asse franco-tedesco che sembra così solido è andato in crisi sull’uso del fondo europeo salva-stati. Posto che nessuno in Europa si augura un default dell’Italia, mettere l’Italia e i suoi interessi al “proprio posto”, tanto più se si può facilmente avanzare l’accusa di inaffidabilità, per un po’ di tempo è in questa fase una tentazione difficilmente evitabile. Non è così impensabile che il nuovo governo debba dare prova della propria buona volontà in fretta e furia senza andare troppo per il sottile nel decidere se la prova sia o meno veramente utile.
A prescindere da qualsiasi valutazione politica e perfino, in un certo senso, da valutazioni economiche sulle conseguenze di un eventuale cambio di governo, farsi illusioni perché si è avverata una previsione apparentemente difficile non è consigliabile. Tra l’euforia o la disperazione, ognuno scelga dove collocarsi per quello che potrebbe succedere, meglio una buona dose di realismo.