Dopo quasi due settimane di rialzi ci si era quasi disabituati a certe giornate di Borsa, anche se nessuno credeva che la “festa” potesse continuare ancora per molto con le decisioni finali sul salvataggio della Grecia e l’Eurozona ancora molto indefinite e lontane nel tempo. La cronaca della giornata non è particolarmente divertente: la Borsa italiana ha chiuso con un -3,7% con le banche sfracellate (Unicredit -12% e Intesa -8%) e lo spread Btp-Bund salito sopra i 370 punti.
Per capire di cosa si sia trattato serve come sempre almeno uno sguardo al di fuori dei patrii confini. Da una rapida occhiata, si nota subito che la Borsa italiana è stata nettamente la peggiore d’Europa, Spagna inclusa; le cause possono essere diverse, ma diciamo subito che alcune sembrano aver esasperato una certa tendenza più che esserne stata la vera ragione. Per cui è verissimo che le parole della Bce di ieri mattina in cui si faceva un chiaro riferimento alla necessità per i paesi più fragili di tenersi pronti a ulteriori misure riguardano più l’Italia che la Germania o la Francia; così come è indubbio che nell’ultimo mese la performance del mercato italiano è stata la migliore tra le borse europee, perchè chi si è fidato della capacità dei leader europei di “sistemare la situazione” (quando e come purtoppo è un mistero, sospettiamo fortemente anche per loro) ha scommesso sulle Borse che erano state più colpite dalla crisi dei debiti sovrani.
Entrambi i fattori spiegano in parte come mai in una giornata di storno o di rinnovate preoccupazioni la Borsa che nelle ultime settimane ha fatto meglio sia quella su cui si è stati più incentivati a prendere profitto; la disastrata Borsa italiana dopotutto nelle ultime settimane ha messo insieme un mini-rally di quasi il 20% con alcuni titoli che dai minimi erano sopra del 60% (Unicredit… guarda un po’ che caso è stato il titolo peggiore di ieri).
Quello che non quadra e che fa rigettare queste spiegazioni è la reazione che si è avuta sullo spread Btp-Bund. La teoria vuole che il mercato dei bond sia più razionale e molto meno soggetto agli umori di giornata di quello delle azioni; quello dei bond statali a maggior ragione. Se volete sapere com’è la situazione smettete di guardare la performance dell’indice azionario (almeno in questa fase) e andate direttamente al rendimento dei titoli di Stato italiani. Ieri mattina, nonostante il mini rally di cui sopra, erano inchiodati a 350, ieri sera salivano sopra 370, ancora a giugno eravamo sotto i 200. Diciamo che la febbre alta nelle ultime settimane non è mai scesa.
L’unico modo per spiegare completamente la debacle della Borsa di Milano di ieri è metterla in relazione con le vicende politiche italiane. Ieri sostenevamo, a torto o a ragione vedremo (di questi tempi le previsioni non lasciano molto tranquilli), che il mercato avrebbe probabilmente premiato le dimissioni di Berlusconi. Quello che sembra, ai nostri inesperti occhi di “analisti politici”, e che probabilmente vede il mercato, è che il governo possa tirare avanti con una maggioranza traballante e risicata per mesi, mentre l’opposizione, che non sembra sempre propositiva, costruttiva e unita, esce dall’aula.
Se i tempi che ci aspettano hanno tutta l’aria di essere difficili e richiedono medicine amare è legittima la domanda sulla capacità dell’Italia di prendere le decisioni che servono e di farlo velocemente. La prima manovra, antecedente l’estate, è stata insufficiente e non ha convinto nessuno; la seconda non ha mostrato particolari dosi di coraggio, per usare un eufemismo, nell’introdurre tagli e misure di efficienza, anche se ha dimostrato almeno la volontà dell’Italia di rispettare gli impegni di riduzione del deficit (con maggiori tasse).
Ricordiamo in tutto questo che l’Italia è la terza economia dell’Eurozona e la prima per debito pubblico e che nessuno può salvarla. Non siamo ingenui; l’Italia oggi viene colpita probabilmente ben al di là dei suoi demeriti economici considerato il risparmio privato, il bassissimo indebitamento delle famiglie, ecc. Ogni tentativo di difesa diventa però impossibile di fronte all’incapacità di dare segnali convincenti: vi ricordate dell’abolizione delle province? Qualcuno fa un confronto tra l’età della pensione in Germania e in Italia?
È evidente che i problemi non iniziano e non finiscono in Italia, che hanno portata globale e che riguardano aspetti sistemici, tra cui su tutti la riforma del sistema finanziario. È però chiaro che l’Italia sta pagando di più dei propri partner europei, e probabilmente di più di quello che merita, e che rischia di pagare ancora di più del dovuto in futuro. Per evitare questo sovrapprezzo bisogna convincere i mercati della propria buona volontà con i fatti; se anche ci fosse malafede, e sicuramente c’è, quanto meno si dà modo a chi non ne ha, anche solo per mero interesse, di esercitare un minimo di contradditorio. Non è necessariamente detto che convincere i mercati in modo intelligente non abbia niente a che fare con il convincere gli elettori.