Tenetevi forte, se vi siete persi la notizia, ci pensiamo noi: finalmente è stato svelato il destino di Alfa Romeo direttamente dalla bocca di Sergio Marchionne. Dopo anni di domande, di rinvii, di target rivisti al ribasso e dopo gli ultimi brividi addirittura sulla cessione a Volkswagen ora la strategia è chiara e bisognerà solo percorrerla passo dopo passo. L’ad di Fiat Marchionne lunedì ha rilasciato un’intervista ad Automotive news dichiarando che la strategia di riscatto del mitico marchio del biscione è segnata. Prima verrà rilanciato negli Stati Uniti e poi si farà il percorso inverso verso l’Europa. Secondo Marchionne, sono stati condotti test sulla desiderabilità del marchio Alfa negli Usa e si è scoperto addirittura che è ancora “uno dei migliori marchi al mondo”.
Quando? Come? Con che modelli? Queste sono domande per i soliti noti in malafede che non credono finché non vedono. Ad avanzare qualche perplessità, in modo molto garbato, ci ha pensato la stessa Automotive news, ricordando che il marchio manca dagli Stati Uniti da 16 anni (era il 1995), che a fronte del target di 300 mila Alfa vendute all’anno annunciato nel 2006 per il 2010 il risultato effettivo è stato 115 mila, mentre noi aggiungiamo che il target di 400 mila per il 2014 è già una revisione del precedente obiettivo di 500 mila, e che sinceramente date le premesse sembra giusto un filo impegnativo. Anche il risultato delle vendite della 500 negli Stati Uniti, pur con tutte le differenze del caso, non aiuta a farsi prendere dall’ottimismo, visto che il target di 50 mila 500 vendute per il 2011 a metà agosto veniva dichiarato difficile dal numero uno del marchio Fiat in Usa.
La data del rilancio in grande stile dell’Alfa negli Usa è stata negli ultimi anni sempre rimandata e anche questa volta non viene specificata una tempistica dettagliata. Ovviamente l’annuncio ha conseguenze evidenti, seppur indirette, sugli stabilimenti italiani, che per ricominciare a sfornare Alfa in gran numero dovranno sperare nel successo del marchio negli Stati Uniti e nella bravura di Chrysler di inventare modelli in grado di intercettare le preferenze “automobilistiche”, molto diverse da quelle europee, del consumatore americano. Preso atto di questa nuova strategia, quello che rimane da fare è chiedersi, sempre ammesso che ce ne sia uno, il perché di questa scelta e magari anche la ragione per cui queste dichiarazioni vengono fatte ora; pensare che Marchionne parli a vanvera non è in discussione.
La prima spiegazione, quella più immediata, è che in questo modo Marchionne prenda tempo per risolvere un problema che anno dopo anno e mese dopo mese diventa sempre più scomodo. Il problema è il rilancio di Alfa Romeo che richiede tanti soldi, tanti investimenti ed è particolarmente rischioso, perché riguarda un segmento del mercato automobilistico su cui Fiat negli ultimi anni è stata poco presente e su cui chiunque abbia un mimino di confidenza con il mercato auto nota le differenze con i modelli messi in campo dai concorrenti, in particolare da quelli tedeschi. Se Marchionne in questa fase non pare troppo intenzionato a sfornare nuovi modelli Fiat in segmenti in cui la casa di Torino raramente ha sbagliato, tanto più è restio in un segmento così “pericoloso” e incerto.
Questo rinvio può essere anche funzionale al tentativo difficoltoso di razionalizzare la presenza del gruppo in Italia chiudendo gli stabilimenti più inefficienti e in questo momento “più inutili” anche per la mancanza di nuovi modelli. Il caso non vale per Chrysler, che è passata per una ristrutturazione gestita direttamente da Marchionne e che ha appena firmato un accordo con i sindacati e che già ora sarebbe in grado di produrre in modo molto più efficiente. Se l’obiettivo è quello di creare un gruppo efficiente in grado di resistere a qualsiasi fase del ciclo economico questo comportamento può anche essere considerato strategico e di lungo periodo, ottenendo a tutti i costi la ristrutturazione definitiva della presenza in Italia. Dopo la prima spiegazione, ammettiamo subito che quelle che arrivano ora sono più discutibili, dietrologiche e contestabili, ma non possono essere accantonate del tutto.
E se ci fosse un compratore? Se, caso ovviamente del tutto ipotetico e fantasioso, ci fosse veramente un compratore per Alfa, interessato e “sempre in linea” e se, caso ancora più fantascientifico, Marchionne ne fosse a conoscenza (ogni riferimento a Volkswagen è puramente voluto) che messaggio potrebbe ricevere chi sta dall’altra parte del filo? Il messaggio sarebbe che la strategia di Fiat su Alfa non è ancora definita (dagli Usa all’Europa? Davvero?) e che Fiat oggi non ha ancora deciso di investirci perché non può o non vuole. Se lo scrivente fosse il compratore, dopo queste dichiarazioni si sentirebbe legittimato a sperare ancora che esista un venditore. Oppure, sempre seguendo questo filo, che un compratore deve considerare Alfa ancora più interessante, e pagare il dovuto, perché, tra le altre cose, è un marchio in grado di farsi strada con successo sul mercato americano.
Infine, abbiamo già detto di quello che il sistema Italia dovrebbe pensare dopo questa novità. È utile ricordare a questo proposito quando e come è emersa per la prima volta la notizia di un possibile interesse di Volkswagen su Alfa; prima ancora che il suo amministratore delegato, in modo del tutto irrituale, si mettesse a dichiarare (era il gennaio 2011) che Alfa è a “good and interesting company” (una società buona e interessante). Appena prima dell’estate 2010, una delegazione di dirigenti Volkswagen si recava nella sede della Regione Lombardia per presentare le proprie strategie future in Italia ipotizzando un investimento nella regione (l’Alfa è pur sempre nata a Milano come Anonima lombarda fabbrica automobili). Come dire, nel caso, compreremmo per restare e produrre (come fatto con Lamborghini).
Se il rilancio di Alfa Romeo al momento non è ipotizzabile nel brevissimo e probabilmente nemmeno nel breve periodo e se esiste un compratore (fatto abbastanza certo) e un venditore (altrimenti non esiste alcuna trattativa) la domanda è da che parte dovrebbe stare “il sistema Italia” in un’ipotetica sfida Italia-Germania. Perché a meno che si creda che gli stranieri in Italia debbano e possano venire solo per stare al mare e mangiare bene non è detto che, nel caso specifico, la sfida Italia-Germania coincida necessariamente con la nazionalità delle sede aziendale.