L’anno scorso di questi tempi l’Italia viaggiava a meno di 200 punti base di spread nei confronti dei titoli tedeschi. Ieri, dopo un nuovo governo e una finanziaria da 30 miliardi di euro, lo spread stava a più di 500 punti base. L’effetto Monti è durato appena qualche giorno poi si è tornati a livelli da allarme rosso; sicuramente bisogna mettere in conto un minimo di “effetto stagionale”, dato che è periodo natalizio e gli scambi sui mercati sono decisamente sotto la media, ma rimane il fatto che il Btp decennale rende più del 7% e nonostante questo non si vedono folle oceaniche di istituzionali precipitarsi a comprare titoli italiani.



Gli interventi decisi dalla Bce, con finanziamenti triennali all’1%, devono probabilmente manifestare ancora tutti i loro effetti, ma ormai sono noti da settimane, eppure ancora una volta non si vedono operatori pronti a giocare d’anticipo scommettendo sui titoli italiani. A questo punto la domanda legittima è cosa debba succedere per far diminuire lo spread possibilmente in modo duraturo. Per rispondere a questa domanda bisogna almeno chiedersi perchè nonostante tutto, manovre lacrime e sangue e interventi della Bce, lo spread sia ancora così alto e la situazione grave.



Alzi la mano chi a dicembre 2010 avrebbe predetto questo livello di spread in meno di dodici mesi o chi avrebbe scommesso che sui giornali di novembre si sarebbe parlato, tra una cosa e l’altra, di rottura dell’euro o infine chi avrebbe stimato tassi di crescita del Pil così anemici per il 2012. Il livello di incertezza che grava su alcune variabili fino a ieri considerate stabili è tale per cui prendersi rischi sui mercati diventa un mestiere estremamente difficile, con azzardi che in alcuni casi diventano imponderabili. Questo spiega perchè in uno scenario di questo tipo il fattore “rendimento” passi completamente in secondo piano di fronte al problema di conservare il capitale.



Da un certo punto di vista, e forse paradossalmente, i Btp potrebbero rendere anche il 10% e rimanere lo stesso invenduti fino a che la situazione rimarrà così carica di incognite. In quest’ottica il Bund tedesco sarà sempre preferibile a un Btp italiano nonostante sensibili differenze di rendimento. Probabilmente queste valutazioni dei mercati vanno oltre la razionalità e sconfinano anche in una sorta di panico generalizzato. L’impressione, però, è che nessuno voglia prendersi l’onere di fare il primo passo per poi ritrovarsi con il classico cerino in mano; se la situazione dovesse stabilizzarsi le opportunità di investimento sarebbero tali che un po’ di ritardo sarebbe un peccato veniale. Quello che è certo è che l’Italia in quanto tale può fare ben poco per cambiare questo contesto generale.

L’altro elemento impossibile da ingnorare è che ieri lo spread Btp-Bund stava sopra 500, mentre quello tra Bund e titoli di stato spagnoli era a 350. Non per fare nazionalismo di quart’ordine, ma la situazione economica spagnola, tutto considerato, non sembra molto migliore di quella italiana soprattutto se, come ormai pare certo, non è innanzitutto un problema di dimensione del debito in rapporto al Pil, ma di crescita e prospettive economiche. L’Italia può continuare a sperare che l’Europa risolva in un modo o nell’altro, sempre ammesso che sia possibile, la situazione e nel frattempo continuare a rimanere al centro dei problemi. Finora l’unico segnale dato dall’Italia dopo il cambio di governo è stato pessimo e i centri studi hanno rapidamente calcolato l’impatto sul Pil e rivisto al ribasso le stime. È ragionevole pensare che gli investitori esigano qualche certezza in più per cambiare idea sulle prospettive economiche di medio periodo dell’Italia.

Per proclamare lo scampato pericolo servirebbe una sensibile riduzione dello spread; non è il caso di esultare per 50 punti base in meno quando le prime grida d’allarme del sistema bancario sono arrivate superata soglia 350. Dato che siamo a 500 la strada è ancora lunga per arrivare in una zona di relativa sicurezza che in modo molto rozzo si potrebbe fissare in area 300, mentre una situazione “normale” e “salutare” sarebbe in area 200. La liquidità immessa dalla Bce nel sistema bancario europeo non è ancora stata impiegata in attesa dell’anno nuovo e di idee più chiare sull’evoluzione del quadro macroeconomico.

Una riduzione dello spread Btp-Bund sarebbe un primo segnale di inversione che però non sembra ancora arrivare; oggi possiamo sperare che l’effetto stagionale di fine anno e i tempi “tecnici” per le decisioni di allocazione delle risorse degli investitori durino fino a gennaio, dopo di che sarà il momento della verità per lo spread e per tutto quello che ne consegue.