La necessaria premessa è che qualsiasi cosa scriveremo sugli effetti del vertice di ieri potrà essere usata contro di noi. Se c’è una cosa chiara è che mancano ancora tanti elementi per tirare una conclusione definitiva. I 17 paesi membri dell’euro si sono accordati per rafforzare l’unione fiscale e inserire vincoli di bilancio a garanzia di una maggiore disciplina; l’opposione della Gran Bretagna, contraria alla riforma dei trattati a 27, ha impedito il coinvolgimento di tutti i membri dell’Europa; secondo Sarkozy è stata la volontà di Cameron di esonarare la Gran Bretagana dalla regolamentazione sui servizi finanziari a risultare decisiva per spaccare il fronte, ma sospettiamo che i problemi siano più complicati con Polonia e Romania, per esempio, perplesse ad accettare un’Europa a due marce. Ci permettiamo di sottolineare tre aspetti su cui occorre riflettere dopo questa riunione fiume in ordine di importanza crescente.



Il primo è la credibilità che questi nuovi accordi avranno verso l’esterno. In altre parole, ancora prima di sapere i dettagli dei nuovi vincoli di bilancio a cui i paesi si sottoporranno, non è chiaro quale tipo di effettiva base giuridica avranno, quale tipo di “irreversibilità” comporteranno. Il mercato potrebbe ritenerli impegni deboli non sufficientemente “seri”. L’effetto annuncio, se l’annuncio è credibile, può essere a volte molto importante; quando la Banca centrale svizzera a settembre ha annunciato di voler mantenere il cambio franco euro a un livello non inferiore a 1,2, preparandosi a comprare valuta estera in quantità illimitate, ha smesso di acquistare riserve in valuta. Quanto è credibile oggi l’effetto annuncio dell’Europa? La novità è che sembra che la coscienza della portata dei problemi sia aumentata e con essa l’esigenza di trovare soluzioni “definitive”, ma l’annuncio sembra ancora non abbastanza forte da dirimire una volta per tutte tutti i dubbi dei mercati.



Il secondo punto è il tempo. Non è noto quanto tempo occorrerà per arrivare alla firma di questi “nuovi trattati” e per l’approvazione di questi nuovi vincoli di bilancio. Il tempo oggi è un fattore chiave, perché più il tempo passa senza che si risolvano i problemi degli Stati più esposti alla crisi finanziaria, più le economie di quei paesi peggiorano; qualsiasi sia l’esito finale di questo processo, l’idea è che perfino la migliore delle conclusioni possibili con, per esempio, l’euro salvo e la Bce prestatore di ultima istanza potrebbe arrivare con una buona parte dell’Europa con l’economia in ginocchio (come insegna oltre ogni ragionevole dubbio il caso greco) o già in recessione (come è il caso dell’Italia), se non irrimediabilmente danneggiata.



Il terzo punto è che i problemi di “oggi” rimangono irrisolti. L’Italia, per fare l’esempio più immediato, continua ad avere uno spread inostenibile, un sistema bancario bloccato e già in credit crunch e continua a essere al centro di timori di rottura dell’euro con tutte le conseguenze sulla propensione agli investimenti delle imprese estere e sulla fiducia nel Paese. Sono stati decisi degli strumenti per l’oggi di qualsiasi tipo che riescano a invertire la situazione di un Paese come l’Italia? Non ci sono molte soluzioni possibili: l’unica istituzione oggi in grado di svolgere questo ruolo è una Bce con maggiori poteri che però non le vengono concessi. A parte l’effetto annuncio, la rinnovata volontà, sembra, di tenere in vita l’euro così come lo conosciamo e di risolvere in via definitiva la situazione drammatica dell’area euro i problemi strettamente contingenti rimangono irrisolti.

Se il mercato aveva bisogno di fatti e novità concrete non ne ha avute molte; in passato si è dimostrato propenso a facili scommesse (dopo tutto la borsa ieri è crollata ed è sui minimi) su ipotesi di “miglioramento futuro”, ma è evidente che nessuno oggi ha la certezza che i problemi sono stati affrontati e risolti. Per quanto riguarda l’Italia, la situazione non cambia di molto.

Dopo gli straordinari effetti della manovra Monti lo spread è ritornato ampiamente sopra 400 punti base, segnalando che i problemi non sono finiti. L’obiettivo di medio-lungo termine rimane quello di tornare a crescere e di aumentare la propria competitività con le riforme di cui per ora non si sente parlare e di cui non si è fatto cenno nella manovra che il nuovo Presidente del consiglio ha dovuto presentare all’Europa. Sperando che nel frattempo Monti riesca a sfruttare nel minor tempo possibile il credito di cui gode per fare i tagli, da subito, e le riforme di cui l’Italia ha bisogno, l’obiettivo di breve termine è quello di ottenere un “periodo di grazia” finanziaria dall’Europa convincendo i partner europei, con le buone o con le cattive, che l’Italia può e deve rimanere nell’euro.