Oggi si concluderà il primo importantissimo round che oppone il sistema “Italia” a Lactalis per il controllo di Parmalat; nel cda convocato per oggi si proverà a rinviare di due mesi l’assemblea inizialmente prevista per metà aprile. La carta del rinvio è stata messa nelle mani di Parmalat direttamente dal Governo italiano, che giusto una settimana fa approvava un decreto che consentiva sia il rinvio dell’assemblea che la possibilità di presentare nuove liste. Sul rinvio dell’assemblea si gioca buona parte del destino della società italiana per due motivi semplici semplici.
Come noto, da poche settimane Lactalis ha completamente sparigliato le carte comprando il 29% di Parmalat, diventando di gran lunga il primo azionista della società. Questo significa che, rebus sic stantibus, alla prossima assemblea la lista Lactalis otterrà la maggioranza dei consiglieri del cda e, va da sé, il controllo operativo della società, miliardo di euro di cassa incluso. L’altro motivo è che la mitica cordata italiana al momento non solo non c’è, ma sembra avere anche molte difficoltà a nascere. Il primo obiettivo del “sistema italia” è quindi guadagnare tempo visto che se la partita finisse oggi l’unico vincitore della vicenda sarebbe proprio Lactalis.
Per ottenere questo obiettivo iniziale occorre dare al cda di Parmalat l’opportunità di decidere per il rinvio presentando una, pur oscura, nuova ipotesi/offerta che legittimi questo spostamento. Il filo su cui scorre il futuro di Parmalat è sottilissimo e per rimanere nella metafora calcistica si tratta ora di andare alla partita di ritorno dopo aver incassato un 3-0 in casa. In sostanza, se si vuole mantenere il controllo della società emiliana non bisogna sbagliare più nulla e serve la partita perfetta.
Intanto, i Ferrero non sembrano morire dalla voglia di farsi carico di questa battaglia. Il prezzo a cui sta trattando ora il titolo non è particolarmente attraente per un soggetto che guarda agli “economics” dell’operazione e che non vuole rimetterci soldi. Da un punto di vista strettamente finanziario, la creazione di valore dipende quasi totalmente dall’uso che si farà del miliardo di cassa in pancia a Parmalat. Solo una buona acquisizione giustificherebbe prezzi superiori a quelli attuali; il problema è che trovare acquisizioni “buone” non è affatto semplice, anzi si rischia perfino di pagare troppo (e di distruggere valore).
Questa considerazione numerico-finanziaria spiega le difficoltà nel trovare un partner industriale italiano e solleva anche qualche retropensiero sui reali obiettivi di Lactalis. Ieri l’azienda francese dichiarava alla Commissione Ue alla concorrenza che l’ingresso in Parmalat non può essere considerato acquisizione di controllo. Qualcuno ci spieghi allora perché il titolo sta ancora a 2,36 euro quando Lactalis ha pagato 2,8; una spiegazione è che il resto del mondo sia troppo stupido per capire le potenzialità della società; le altre le lasciamo alla fantasia malata dei lettori. Le ipotesi malate vanno dal premio per il controllo sostanziale ottenuto, a sinergie non meglio specificate che andrebbero al compratore.
Abbiamo detto della partita difficilissima con cui si tenta di ribaltare il 3-0. Il piano tattico sembrerebbe quello di coinvolgere la Cassa depositi e prestiti o altre realtà “statali” (ieri Il Messaggero parlava di Fintecna) che materialmente metterebbero i soldi per comprare una quota di Parmalat o per lanciare un’Opa parziale. Alla partita prenderebbero parte anche alcune banche italiane (Intesa è già sopra il 2%). Dare vita a questa alternativa non è semplice e occorrono giorni di preparativi tra decreti, legali, advisor, discussioni, ecc. Il fatto che i francesi si siano inventati i fonds Stratègique d’ìnvestissment (per chi fosse interessato www.fonds-fsi.fr) con più di 20 miliardi di euro di attivi e circa 400 imprese, molte quotate, partecipate direttamente e indirettamente (nei settori più disparati) dovrebbe porre questa iniziativa al riparo da veti europei; anche perché l’ente ha un inconfondibile respiro internazionale essendo partecipato al 51% dalla Caisse des Dépôts e al 49% dallo Stato (quello francese).
Lo sforzo del governo nell’organizzare una cordata alternativa sembra piuttosto consistente, ma potrebbe non bastare. Intanto Lactalis tratta e aspetta da una posizione oggettivamente di forza e male che vada non perderà nulla; il Governo sembra determinato, ma fino a qualche mese fa era dato per morto e sepolto e anche oggi non sembra, almeno a un umile osservatore finanziario come lo scrivente, godere di una salute di ferro. Questo per dire che il tempo gioca a favore del gruppo francese, soprattutto se non dovessero emergere elementi di rottura a breve. Infine, su tutta la vicenda incombe lo spettro di un altro colpo di mano di Lactalis che potrebbe rompere gli indugi e lanciare un’Opa; un‘ipotesi forse non probabile, ma sicuramente possibile. Per questo occorre fare bene e, soprattutto, fare in fretta. Ogni giorno che passa aumenta infatti le possibilità di Lactalis e diminuisce quelle della cordata italiana.
Infine, un indovinello che aiuta a capire perché la Francia vince e noi no: “Se intendono fare una mini Iri vorremmo discuterne. Non pensino di poter procedere con decreti prendere o lasciare”. Chi l’ha detto? A) il commissario europeo alla concorrenza; B) il ministro dell’industria francese; C) Pierluigi Bersani.