Martedì sera il cda di Parmalat ha espresso la propria opinione sul prezzo d’Opa di Lactalis; come atteso, per il cda il prezzo di 2,6 euro non riflette pienamente il valore di Parmalat. L’opinione del cda si basa su un’analisi di Goldman Sachs che ha evidentemente giudicato il prezzo troppo basso. Il fatto si inserisce in una moltitudine tale di notizie, dichiarazioni ufficiali e rumors che di giorno in giorno rendono sempre più difficile distinguere i fatti dalle opinioni.



Partiamo dai fatti: Lactalis non ha alcun obbligo di rivedere al rialzo il prezzo dell’offerta nonostante qualsiasi parere possano esprimere cda, banche d’affari locali o internazionali. Il prezzo d’Opa rimane per ora quindi 2,6 euro con Lactalis ferma al 28,969% della società emiliana in attesa di conoscere il numero degli azionisti che aderiranno all’offerta.



Un altro fatto è che si tratta di un’operazione di presa di controllo; a supporto di questa tesi oltre a qualsiasi buon senso, dato che il secondo azionista ha meno del 5% (Blackrock al 4,951%) e il terzo poco più del 2% (Intesa Sanpaolo 2,438%), anche le parole del cda che ritiene che il “corrispettivo offerto non rappresenti il valore del capitale economico di Parmalat nel contesto di un’operazione di presa di controllo”.

La percentuale di adesione all’Opa invece darà qualche indicazione interessante sull’adeguatezza o meno del prezzo o quanto meno sull’opinione degli investitori al riguardo. Il fatto che le quote dei tre fondi siano state comprate a 2,8 desta qualche sospetto sul fatto che nel prezzo sia compreso il premio di maggioranza che dovrebbe spettare a tutti; al momento l’unica cosa nota è che Parmalat ha un nuovo azionista di maggioranza.



I dati disponibili sul gruppo francese sono infatti praticamente nulli e gli unici numeri per ora noti sono quelli riportati da chi ha avuto “accesso” alle bozze del prospetto d’Opa; di piani industriali per ora nemmeno l’ombra, così come nulla è stato comunicato in merito a potenziali sinergie. A meno che Lactalis abbia idee geniali sull’utilizzo della cassa di Parmalat, che comunque al momento non conosciamo, non si capisce cosa possa cambiare per giustificare prezzi superiori a quelli a cui trattava Parmalat prima dell’Opa; Opa che a questo punto potrebbe anche sembrare un’occasione difficilmente ripetibile per monetizzare l’investimento a prezzi “d’affezione”.

Quindi riassumendo: il controllo è sostanzialmente già nelle mani di Lactalis, che però non disdegnerebbe un incremento per blindare definitivamente la società (per questo ha lanciato l’Opa). Siccome idee geniali di creazione di valore non sembrano esserci, anche perché il business è strutturalmente abbastanza “tranquillo”, se non quelle normali di un’acquisizione sensata pagata a prezzi ragionevoli, per Lactalis ritrovarsi con troppe azioni dopo l’Opa potrebbe essere più un problema che altro, dato che avrebbe solo più debito senza aver nessun beneficio per un controllo che ha già.

Anzi si potrebbe anche manifestare il rischio di un’acquisizione “strana” fatta da Lactalis con i soldi di Parmalat per fondere nella stessa Parmalat una parte del gruppo francese; un’acquisizione che risponderebbe a logiche strategiche e magari anche finanziarie del nuovo azionista, ma che lascerebbe molti dubbi sulla creazione di valore per il resto degli azionisti. Nella bozza del prospetto informativo (secondo quanto scritto da Il Sole 24 Ore) si affermerebbe che in caso di successo al 100% il debito di Lactalis andrebbe a più di quattro volte l’Ebitda (il reddito operativo); di norma sopra tre volte le banche cominciano a bussare alla porta. Lactalis cade in piedi anche in questo scenario, perché in questa circostanza, né cercata né voluta, potrebbe riequilibrare i propri numeri con l’ingente cassa di Parmalat.

C’è un nuovo azionista di controllo, non c’è un piano industriale per Parmalat e ci sono ben poche sinergie per la natura stessa del business; il piccolissimo dettaglio di cosa intenda fare Lactalis con la cassa rimane avvolto nel mistero, così come rimangono avvolti nel mistero i numeri del gruppo francese non quotato e apparentemente molto restio nel comunicare la propria attività. Al momento tra le poche certezze, ma speriamo di essere smentiti, c’è che Parmalat è “solo” la nuova costola italiana di Lactalis, che con questa operazione è diventata leader di mercato in Italia.

Esclusi gli attuali azionisti che potrebbero, forse, avere 20 centesimi in più rispetto ai 2,6 euro finora offerti non sembrano esserci motivi particolari per festeggiare.