Ieri Chrysler ha annunciato il rimborso di 7,6 miliardi di dollari ai governi degli Stati Uniti e del Canada. Il rimborso dei fondi concessi durante il periodo più buio della crisi ha due conseguenze di importanza fondamentale sia per Fiat che per la sua neocontrollata americana. Intanto Chrysler con il rimborso dei bond ottiene risparmi per 300 milioni di dollari all’anno grazie a minori oneri finanziari, dato che i prestiti concessi dai due governi avevano un costo molto superiore al tasso medio dei finanziamenti ottenuti dal sistema bancario; i risparmi cambiano sostanzialmente il conto economico della società americana migliorandolo sensibilmente.



Il secondo effetto del rimborso è la possibilità per Fiat di salire al 51% di Chrysler entro la fine dell’anno; il rimborso del debito dà infatti a Fiat la possibilità di comprare il 16% del gruppo al prezzo di 1.268 milioni di dollari. La notizia di ieri era largamente attesa e ormai da giorni si aspettava solo l’ufficialità di un evento già noto nei suoi dettagli principali. La vera notizia di ieri è però che Fiat può salire fino al 76% di Chrysler in diversi passaggi intermedi.



Entro maggio 2012 Fiat potrà comprare un ulteriore 6,5% detenuto dal governo americano, mentre, secondo gli accordi attuali, dal primo luglio 2012 al 30 giugno 2016 in cinque tranche (ogni sei mesi) può salire di un ulteriore 17% comprando dal sindacato VEBA il 40% della sua partecipazione in Chrysler. La novità solleva molte questioni e domande sul futuro del gruppo Fiat nei prossimi anni a cominciare dalla data di quotazione di Chrysler.

Secondo i piani attuali, l’Ipo era prevista per fine 2011; questi ultimi fatti potrebbero però far ipotizzare un rallentamento della quotazione di Chrysler. Il prezzo a cui Fiat dovrà pagare le quote di cui sopra sarebbe in linea con quello del mercato se la società fosse quotata ,altrimenti sarebbe pari ai multipli a cui tratta Fiat stessa; è un problema non secondario ,perché nel primo caso l’onere per Fiat sarebbe molto superiore.



Ieri sera Marchionne ha dichiarato che ci sono le condizioni perché il progetto di integrazione con Chrysler venga accelerato. L’ipotesi è che Fiat possa raggiungere un accordo con il sindacato per accorciare i tempi dell’incremento della quota. Le ragioni industriali e strategiche dell’operazione sono già state ampiamente spiegate e Marchionne ha già dimostrato, al di là di ogni dubbio, che l’integrazione con la casa americana sia la priorità numero uno per Fiat.

Il raggiungimento del 76% in questo scenario assume un’importanza fondamentale, perché consente a Fiat una gestione finanziaria comune, cassa inclusa, con Chrysler. Mentre tutti sono concentrati sui destini borsistici di Fiat o sul numero di immatricolazioni in Italia, Fiat è andata molto avanti nell’integrazione industriale con Chrysler; ottenere anche l’obiettivo di una gestione finanziaria condivisa consentirebbe alle due società di agire come un gruppo comune probabilmente già prima della fusione, che rimane l’obiettivo finale di tutta la storia recente di Fiat.

La volontà di bruciare le tappe per arrivare il prima possibile a un nuovo unico gruppo conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che il destino di Fiat-Chrysler è quello di diventare una società globale molto probabilmente americana in cui alla “vecchia Fiat” rimarrebbe un ruolo di holding e di capofila della presenza europea. È assolutamente comprensibile che in un processo di questa portata si dimentichi l’attività ordinaria, ma la performance di Fiat in termini di immatricolazioni in Europa comincia a diventare preoccupante.

Tra le varie spiegazioni possibili della mancanza di nuovi modelli e della prolungata serie di cattive notizie sulle immatricolazioni non si può non notare il silenzio sinistro che rimane su Alfa Romeo e su alcuni stabilimenti del gruppo. La cessione di Alfa è stata smentita a più riprese, ma è innegabile che non ci sia un singolo fatto che faccia intendere che una decisione finale sul marchio del biscione sia già stata presa. Nel nuovo gruppo globale, il marchio potrebbe anche non avere senso, soprattutto in presenza di offerte molto generose da parte di Volkswagen.

Oltre ad Alfa, anche sulla presenza in Italia di Fiat rimangono forti perplessità, dato che il destino di molti stabilimenti rimane sospeso. Per quanto si proceda spediti, il processo rimane ancora lungo e probabilmente ricco di sorprese. Il finale, invece, era già scritto dal primo giorno con una Fiat trasformata e globale e, soprattutto, non più indissolubilmente legata all’Italia e alle sue rigidità.