Doveva essere Moody’s, così si diceva, a certificare con un bel downgrade gli “sforzi” fatti dall’italia per ridurre il deficit, rilanciare la crescita e tranquillizzare i mercati; era talmente nell’aria che quasi quasi si poteva dare per scontato. Invece, Standard & Poor’s ha gelato tutti abbassando il rating dell’Italia e mantenendo l’outlook negativo facendo intravedere un ulteriore abbassamento.
È impensabile che in questa situazione il governo o chi per lui non debba ritornare a discutere di nuove misure sotto le bordate che i mercati rifileranno all’Italia se non oggi nei prossimi giorni al primo dato macro deludente. Impensabile è indice di ottimismo, perchè in caso contrario qualsiasi scenario da “tragedia greca” per l’Italia diventa possibile.
Col suo debito mostruoso e una crescita economica anemica, con miliardi di euro di debito da rifinanziare settimana dopo settima in un contesto di costi crescenti (vedremo dove sarà lo spread Btp-Bund a fine giornata), il mercato non farà prigioneri colpendo al cuore il mercato italiano mirando alle banche.
Non ci sono accuse e recriminazione contro la finanza malata, gli speculatori internazionali, i banchieri e perfino i bancari. Non siamo ingenui: quello che è successo non è avvenuto “per caso”, in un momento in cui la Grecia potrebbe indire un referendum per chiedere direttamente ai suoi cittadini se vogliano o meno uscire dall’euro (e nel caso del sì ottenere la legittimazione a ulteriori sacrifici).
L’italia rimane, però, dietrologie del tutto legittime a parte, il cuore del problema euro in questa fase: il primo debito per grandezza dell’area euro, la terza economia e la seconda per componente manifatturiero. Non c’è nessuno, partner europei o immaginifici cavalieri bianchi cinesi, nemmeno con tutta la buona volontà di questo mondo che possa sobbarcarsi il nostro salvataggio; e non si capisce nemmeno perchè un operaio tedesco debba pagare le tasse per chi nemmeno a un passo dal baratro è riucito a fare sacrifici.
L’italia ha partorito una prima manovra (in primavera) che rimandava i risparmi veri al 2013, un orizzonte temporale attualmente talmente lontano per i mercati da corrispondere a un film di fantascienza, poi in un agosto che ha lasciato segni pesantissimi sui mercati dove la Bce è stata costretta a soccorrere l’Italia dopo che lo spread Btp-Bund toccava i massimi dall’introduzione dell’euro, ha approvato una manovra che non risolve un singolo problema strutturale, fatta per i due terzi di nuove entrate e per uno di tagli.
Pezzo dopo pezzo le buone intenzioni iniziali sono state smontate una dopo l’altra da questo o quello interesse: qualcuno aveva sentito parlare di riforma delle pensioni (con l’aspettativa di vita che aumenta e i nostri partner europei in salute che fanno più sacrifici di noi)? L’abolizione delle province? Il taglio dei parlamentari? Di maggiore flessibilità del lavoro dove un contratto a tempo indeterminato è nettamente più difficile da smontare di un matrimonio? Una burocrazia statale gigantesca e inefficiente dove non esiste alcun meccansmo di merito; gli ordini dei notai, ecc.?
Rimane il dubbio se nessuno sia sceso per strada perchè siamo molto coscienziosi o perchè alla fine nessuno è stato toccato. Invece, è certo che dall’estero anche i più benevoli nei confronti dell’Italia (che pure a differenza della Grecia ha indubbi punti di forza) abbiano rinunciato a qualsiasi velleitaria difesa di fronte a un’incoscienza grottesca.
Standard & Poor’s parla di divisioni all’interno del Parlamento come di uno degli ostacoli all’approvazioni di riforme; chi scrive non è un analista politico, ma l’impressione generale è che da una parte non si sia capito che i problemi nessuno può risolverli al posto nostro e che dall’altra il desiderio di mandare a casa il governo abbia fatto passare in secondo piano tutto il resto.
Il problema ora è quanto tempo ancora resti all’Italia per fare da sè, sempre ammesso che ci sia ancora, prima che gli altri commissarino il Paese e poi magari si facciano prendere la mano nel tutelare i propri interessi. Chi vede nell’uscita dall’euro una salvezza non conosce probabilmente le conseguenze: tra cui, per esempio, inflazione galoppante, costi del debito statale impazziti e discredito internazionale per anni e anni.
La conclusione è che, condizioni di mercato peggiorate, l’Italia è allo stesso punto di sei mesi fa; quanto tempo ancora possa passare senza conseguenze non è più una domanda lecita. Nel senso che il tempo è ampiamente scaduto.