Il nostro lavoro è stimolare l’economia europea anche con un piano di tagli alle tasse”. Sono le parole di qualche capo-popolo nostrano? Di Obama o Romney alla ricerca dell’ultimo voto? O forse di un pericoloso economista keynesiano o magari di qualche primo ministro dei Piigs? Meglio aggiungere un altro indizio: “Stiamo provando con forza a sostenere la crescita e a mantenere alta la domanda interna per importare beni dagli altri Paesi dell’eurozona”. Allora è chiaro: è sicuramente il primo ministro di qualche Paese europeo fortemente indebitato e con qualche problema di crescita che cerca disperatamente di rilanciare l’economia nazionale nonostante la speculazione.

Invece no, errore clamoroso, deduzione completamente errata; le parole di cui sopra sono uscite direttamente dalla bocca del cancelliere tedesco Merkel ieri in occasione di una conferenza stampa con il primo ministro ungherese. Confessiamo in tutta sincerità un attimo di smarrimento. Finora la ricetta tedesca per i mali d’Europa, per i debiti fuori controllo e le economie che si frantumavano sotto i colpi del rallentamento globale e degli spread è stata guidata dal faro del consolidamento fiscale e dell’austerity con esiti piuttosto discutibili e intere nazioni stremate. In ogni caso registriamo le dichiarazioni sconvolgenti per passare direttamente alle domande inevitabili.

In particolare su quale sia il “movente” dietro all’apparente radicale cambiamento di visione. Il problema evidentemente è come preservare l’economia, la crescita e la ricchezza tedesca in un continente in forte difficoltà, con le economie emergenti che cominciano a scricchiolare dal Brasile alla Cina. Ma la vera domanda è se questa ricetta anticrisi sia valida per la Germania. ed eventualmente per gli altri paesi virtuosi, oppure se sia la nuova risposta tedesca per la crisi europea. Da una parte il cancelliere sempre ieri dichiarava che “l’economia tedesca sente l’impatto del collasso economico che la circonda”, dall’altro il dovere della Germania per sostenere l’economia europea, secondo la Merkel, passerebbe per tagli fiscali, in Germania, che rilancerebbero i consumi sia di beni tedeschi, ovviamente, che inevitabilmente di quelli dei paesi più vicini.

Non si capisce però come possa essere valido per l’economia tedesca quello che non è valido per gli altri paesi, a meno che si faccia una distinzione tra buoni e cattivi, meritevoli o non meritevoli. Il fatto che alcuni Paesi debbano trovare una via per la crescita e un sistema di sviluppo economico nuovo, la Spagna in primis con un’economia che deve trovare una strada alternativa all’immobiliare, e che questi problemi possano essere risolti in decenni più che in anni non cambia una situazione che al momento sta portando a scenari ignoti e decisamente poco rassicuranti sia in termini economici che politici. 

La virtuosa e meritevole Germania oggi gode di un costo del debito che è anche la conseguenza dei problemi degli altri, così come di una valuta altrimenti molto più forte e di indubbi vantaggi competitivi per le proprie imprese che pagano meno finanziamenti e tasse. Alla lunga però questa situazione di squilibrio è difficilmente sostenibile se gli Stati immediatamenti adiacenti, che in più condividono la stessa valuta, collassano. Il termine collasso non è un’esagerazione a effetto, perchè i tassi di disoccupazione di Spagna e Grecia sono devastanti, perchè l’Italia è in piena recessione e non sta trovando una via sostenibile al risanamento e perchè la Francia comincia a perdere colpi. 

Nella sua versione ridotta e circoscritta la nuova strategia della Merkel non sembra in grado di invertire il pericoloso trend europeo, anche perché storicamente l’economia tedesca non ha mai fatto molto affidamento sulla proponsione al consumo dei suoi cittadini. Pensare che la riduzione delle tasse in Germania possa essere sufficiente per risolvere la crisi europea è un po’ troppo anche per il più acceso sostenitore dell’economia tedesca. 

Più che un cambio di rotta nelle parole della Merkel si può intravedere una prima crepa nel muro di certezze incrollabili che hanno guidato l’azione della principale economia dell’eurozona dall’inizio della crisi dei debiti sovrani. Se questa crepa sia scaturita dal disastro economico che si sta spargendo per il continente europeo o sulle conseguenze che si cominciano a sentire in Germania è una questione ancora aperta, così come è ancora presto per decidere se queste nuove convinzioni e propositi siano profonde e radicate o meno e quanta sia forte eventualmente la volontà di trarne le conseguenze pratiche. È invece molto più facile concludere che nella situazione attuale il tempo è un bene scarso e che se ne è già sprecato molto.