I mercati finanziari ieri hanno consegnato un’altra giornata di panico generalizzato; le performance negative si sprecano e vanno dal calo dei mercati azionari, in particolare europei, all’aumento degli spread che, nel caso dell’Italia, viaggia all’inquietante quota di 420. Le cause di giornata questa volta non arrivano dai soliti, “cattivi”, paesi periferici dell’eurozona e sono sostanzialmente due, una attesa e una per niente.
La prima notizia, attesa, arriva dalla Francia e riguarda l’esito delle elezioni che vede Hollande in vantaggio su Sarkozy; la seconda, inattesa, arriva dall’Olanda, il cui governo ha presentato le dimissioni dopo il ritiro dell’appoggio da parte del partito di estrema destra di Geert Wilders. Le due notizie hanno, in un certo senso, un fattore comune. Hollande non intende mettere in atto, o intende farlo in modo molto meno deciso, le politiche di austerity che Sarkozy si è impegnato a perseguire; Geert Wilders ha ritirato il proprio appoggio al Governo che si apprestava a varare misure di austerity per adeguarsi alle richieste dell’Unione europea. Queste sono le notizie “di giornata” da prima pagina. Occorre avere presente almeno un’altra categoria di notizie che ha inquietato i mercati; ieri l’indice pmi dell’eurozona ha mostrato un calo per il terzo mese consecutivo segnalando un inatteso declino dell’attività economica.
Il quadro che emerge è pituttosto fosco; le politiche di austerity deprimono l’economia e in alcuni casi, come quello greco, la uccidono definitivamente, mentre i governi fanno sempre più fatica ad approvare tagli e riforme. Nel frattempo emergono forze politiche inquietanti che hanno ovvi vantaggi politici cavalcando lo scontento generale. L’attenzione dei mercati rimane concentrata sull’Europa nonostante gli evidenti e non trascurabili problemi che pure affliggono l’economie cinese e americana, alle prese, nel primo caso, con squilibri economici gravi e, nel secondo, con problemi di rientro dal deficit importanti oltre che con un miglioramento molto più lento del previsto del mercato del lavoro e immobiliare.
In uno scenario di questo tipo aggiungere alle preoccupazioni “normali” degli investitori quelle sulla tenuta dell’euro e dell’Europa diventa insostenibile. A fronte del -3% perso dalle borse europee il Dow Jones si è “accontentato” di un molto più rassicurante -1%. Se il risultato delle politiche europee è la Grecia, i timori dei mercati in una fase di turbolenza politica e di bassa crescita sono giustificati. Se il punto più critico dell’Unione europea per dimensione dell’economia e del debito statale sono la Spagna e l’Italia è lecito chiedersi cosa possa accadere in una situazione di calo del Pil, con un costo del debito statale al 6% e in cui il settore bancario non è in grado di sostenere l’economia; una situazione in cui diventa, evidentemente, ogni giorno più difficile rispettare i piani di rientro dal deficit richiesti dall’Europa.
Che nel caso attuale si sia alla presenza di un circolo vizioso è evidente, quello che è meno evidente e che porta alle giornate di borsa di ieri è quale sia il punto finale del processo; se c’è una cosa che il mercato non tollera è l’incertezza e oggi in Europa mancano certezze a lungo termine perfino sulla valuta con cui si ripagherà un eventuale investimento fatto. Più il tempo passa senza che si arrivi a un qualche tipo di soluzione, più è probabile che da una parte qualsiasi della variegata e complicata Eurozona (sicuramente lo è in modo imperdonabile agli occhi cinesi e americani) arrivi “l’evento imprevisto” che mette definitivamente in crisi il sistema; come, per esempio, nel caso del governo olandese che potrebbe cadere per l’opposizione di un partito che non pare essere famoso per una particolare passione per l’Europa.
Idee chiare sul futuro scarseggiano anche tra gli investitori, altrimenti non si spiegherebbero reazioni così violente e cambi così improvvisi, con spread, è il caso dell’Italia, che passano da 550 a 280 in poco più di due mesi per poi risalire a 420 in un mese; oltre tutto il contesto richiede di essere contemporaneamente anche analisti politici ed esperti di relazioni internazionali.
Tra le poche certezze c’è che il mito dei governi e delle soluzioni tecniche è in deciso ribasso; innanzitutto perché anche il migliore dei governi tecnici difficilmente potrebbe ottenere risultati in un momento di tale volatilità e turbolenza con il rischio che la situazione precipiti prima che le misure anche solo inizino a dare effetti. In secondo luogo, sempre ammesso che esistano ricette tecniche perfette, la fase sembra decisamente anomala e nuova per qualsiasi ricetta tecnica sia finita nei libri di economia. Se da questa analisi non emergono soluzioni evidenti è spiegato il crollo che i mercati hanno subito nelle ultime settimane; in Europa probabilmente più che tecnici servirebbero statisti, ma sinceramente il panorama non offre molto.
In Italia più che ricette tecniche invece servirebbero idee per rilanciare la crescita e la forza necessaria per concordare a livello europeo, se possibile, un “periodo di grazia” che dia il tempo per far ripartire l’economia e fare i tagli alla spesa improduttiva. Se il prossimo futuro invece è solo un altro aumento dell’Iva per rispettare i parametri che la mancata crescita non ci consente di raggiungere, allora è davvero difficile sostenere i mercati ieri abbiano avuto torto.