L’umile parere dei mercati è che il prossimo summit europeo del 28-29 giugno si concluderà senza novità di sorta. La constatazione deriva dall’ennesima giornata “speciale” vissuta sulle borse europee con in particolare il mercato italiano in calo del 4% e lo spread Btp-Bund risalito di 30 punti. Non ci si possono attendere grandi novità, nè ottimismi sono leciti, fino a che, come successo ieri, il cancelliere tedesco Angela Merkel, dichiarerà che la condivisione dei debiti è “economicamente sbagliata” e controproduttiva.
Il portavoce del cancelliere chiariva ulteriormente il pensiero specificando che il problema è che debiti e controllo devono sempre andare di pari passo e che la condivisione dei debiti è contraria alla legge europea e alla Costituzione tedesca. Schäuble, invece, in un’intervista allo Spiegel ha dichiarato che “la cosa più importante è creare un’unione fiscale in cui i singoli Stati cedano la giurisdizione in termini di politiche fiscali” e che per avere gli eurobond è necessario un ministro finanziario europeo con un diritto di veto sui budget nazionali. In altre parole, la Germania non può, non vuole e non ritiene giusto assumersi debiti senza poter avere maggior controllo sulle politiche fiscali degli Stati “aiutati”. Un uso “americano” della Bce è inoltre impossibile per i timori tedeschi di iperinflazione e per la paura che diventi un modo “indiretto” per replicare nella sostanza l’emissione di bond europei.
Francia e Italia sarebbero favorevoli ad acquisti da parte di Efsf/Eem di bond statali e all’emissione di eurobond nel minore tempo possibile, mentre per i tedeschi queste ipotesi possono essere prese in considerazione solo in presenza di una previa modifica delle legislazioni che impongano un controllo dei conti e delle politiche fiscali e, sostanzialmente, una decisiva cessione di sovranità. L’ipotesi non piace all’Italia e, soprattutto, alla Francia. Su queste basi è facile intuire che i mercati abbiano preso una scommessa su un ennesimo niente di fatto al prossimo meeting europeo e un ulteriore avvitamento della crisi che comincia a toccare non sorprendentemente la Germania, che dopotutto non può vendere Audi, Mercedes e Bmw ai marziani.
Il mercato probabilmente si rende sempre più conto dell’alternativa rosso/nero che si sta giocando, perchè le notizie che arrivano fanno sempre più paura: dalla richiesta ufficiale della Spagna per 100 miliardi di euro di aiuti al sistema bancario, fino a a quella di aiuto finanziario di Cipro passando per le dimissioni del ministro delle finanze greco e lo spread italiano di nuovo a livelli di guardia.
Riassumendo gli scenari ci sono tre opzioni al momento sul tavolo europeo: la prima è il fallimento delle trattative in Europa e la rottura dell’euro (la scommessa di ieri); la seconda è il successo di Francia e Italia (con l’aiuto interessato di Obama e degli Stati Uniti) nel convincere i tedeschi a farsi carico del salvataggio senza cessione di sovranità; la terza è il successo tedesco e l’approdo verso una nuova forma politica in Europa. Escludendo il secondo scenario, quando il pendolo vira pericolosamente verso le altre due opzioni e le relative incertezze economiche, sociali e politiche i mercati fanno l’unica cosa possibile e vendono; l’unica strategia diventa mettere i soldi il più possibile al sicuro (ieri il cambio euro/franco svizzero era ancora sotto pressione) in attesa che gli scenari diventino più stabili, intelleggibili e investibili.
Cercare di fare una previsione sull’esito del prossimo meeting non è per forza di cose semplice, ma è abbastanza chiaro che fino a che i tedeschi non cambieranno opinione l’unica possibilità per la sopravvivenza dell’euro è che gli altri Stati accettino un nuovo quadro politico. Delle tre ipotesi di cui sopra questa sembra di gran lunga quella meno discussa e dibattuta, forse perché considerata quella più improbabile, quella più difficile da immaginare. Sembra anche complessa e laboriosa da realizzare, ma a quanto pare questo “giudizio” sulla proposta sembra condiviso anche in Germania e ciò non toglie che l’idea sia ritenuta valida.
Sempre Schauble ha paragonato la situazione odierna a quando nel 1987 Reagan sembrò a molti tedeschi matto nell’invocare la caduta del muro e che lui stesso pensava nella primavera del 1989 che la caduta del muro sarebbe potuta avvenire con un po’ di fortuna entro dieci anni. Il paragone testimonia che, pur consci della difficoltà, i tedeschi sembrano ritenere il progetto realizzabile e perfino auspicabile nonostante le difficoltà e gli incidenti di percorso. Sarà per questo che il mercato ieri ha fatto -4% alla vigilia di quello che doveva essere il summit “decisivo” e finale per risolvere i problemi europei e che le “emozioni” non sembrano essere finite.