Avevamo letto abbastanza attentamente il comunicato stampa del governo sulla legge di stabilità e le righe a pagina 2 sulle “entrate di natura straordinaria” e “lo sforzo ulteriore di valorizzazione del patrimonio pubblico” non ci erano sfuggite. Per quanto fumose e poco dettagliate, l’argomento era abbastanza chiaro ed era impossibile non pensare a un programma di privatizzazioni. Le domande su quali potessero essere le azioni concrete dopo le dichiarazioni di massima erano inevitabili e, a vario titolo, se le erano fatte in molti, inclusi investitori e osservatori di qualsiasi ordine e grado.
Le risposte iniziali sono arrivate ieri mattina direttamente dagli Stati Uniti, grazie a un’intervista concessa al Washington Post dal primo ministro Letta, in cui il premier ha dichiarato che “ora i mercati sono pronti a comprare e venderemo asset pubblici”; in particolare, si venderà “Fincantieri” e “una quota di Terna”. Letta anticipa al giornale americano che verrà presentato un piano di privatizzazioni e che sarà un passo molto importante. L’altro argomento principale, sempre secondo il premier, è “il taglio della spesa pubblica”, che è “certamente non facile ma necessario”.
Fare nomi e cognomi di società quotate di cui si intende cedere partecipazioni senza contestualmente fornire i dettagli di quanto e quando esattamente verrà venduto è sempre un po’ “antipatico” per il mercato, e infatti Terna ha festeggiato con un bel -3% a metà giornata su un mercato invariato (poi Terna ha chiuso a -0,22% su un mercato in rialzo dello 0,15%). Ma soprattutto desta qualche perplessità che un piano così importante venga annunciato in America su un giornale di lingua inglese che, per quanto famoso, non necessariamente finisce sulle scrivanie degli italiani; nemmeno su quelle dove regolarmente arrivano Financial Times e Wall Street Journal. Magari i lettori del Washington Post sono più interessati alle vicende riguardanti il patrimonio pubblico italiano di quanto lo siano gli italiani stessi o forse per qualche altro motivo gli italiani capiscono meno facilmente i complessi problemi delle privatizzazioni in Italia di quanto lo facciano i cittadini di Washington. Rimane il fatto che la tribuna e il “timing” scelti destano qualche perplessità.
In ogni caso vale la pena ricordare che le privatizzazioni in Italia, a differenza di venti anni fa, non sono un argomento che consente di spaziare tra decine e decine di ipotesi e strategie o decine di società; quello che è rimasto è davvero poco e nella stragrande maggioranza dei casi si parla davvero di asset strategici, monopoli o società non replicabili. Lo sono certamente Terna e Snam, così come Enel ed Eni, passando per Finmeccanica.
Ha ragione Letta: oggi i mercati sono pronti a comprare. Il mercato italiano sembra più interessante di quanto lo fosse sei mesi fa; l’indice sta a 19.000 punti e rotti ed è ai massimi degli ultimi due anni. Anche i prezzi dei titoli quotati sono aumentati rispetto a sei mesi fa e di conseguenza anche i prezzi di vendita. Il mercato italiano, però, a differenza di quello americano, tedesco o francese, per esempio, è a livelli neanche lontamente paragonabili a quelli pre-crisi (siamo a meno della metà) e quindi chi crede davvero in una ripresa in Italia oggi è probabilmente compratore e non venditore. Rimangono poi tutte le perplessità per la cessione delle società pubbliche rimaste (completamente diverso il discorso, per esempio, nel caso degli immobili).
L’ultimo punto che vale la pena sottolineare dell’intervista a Letta è il riferimento all’“altro argomento principale” e cioè il taglio della spesa pubblica, che però è “sicuramente non facile”. Vendere quote di società quotate, monopolistiche, che producono utili o di società industriali che funzionano è sicuramente più facile e veloce che aggredire gli sprechi della spesa pubblica. Vendere le cose buone per continuare a finanziare le cose che non funzionano come l’amministrazione pubblica che si traduce in tasse mostruose senza nemmento garantire servizi efficienti non sembra però molto lungimirante. Delle due cose importanti indicate da Letta si potrebbe almeno invertire la priorità, iniziando dai tagli alla spesa. È vero, è più difficile, ma sembra molto più conveniente.
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