L’ultima, per ora, puntata della saga Telecom Italia è stato l’incontro tra il presidente del Consiglio Letta e il presidente di Telefonica Alierta che si è tenuto ieri. Le aspettative erano alte e l’attenzione massima; il mercato italiano è effervescente e anche ieri ha messo a segno un rotondissimo +2,27%, il settore telecom europeo e globale è caldissimo dopo le operazioni di Slim su Kpn e di Vodafone/Verizon, mentre l’azionariato dell’ex monopolista italiano è cambiato dopo l’accordo con cui le banche italiane azioniste di Telco (principale azionista di Telecom Italia con il 22,5%) hanno deciso di vendere le loro quote a Telefonica. Quest’ultimo passaggio ha messo definitivamente Telecom Italia nell’orbita di Telefonica, che diventa il “controllore” effettivo e il decisore ultimo delle strategie della società italiana.

I timori per un azionista molto indebitato, interessato grandemente a tutelare i propri investimenti in America Latina, dove Telecom possiede Tim Brasil e Telecom Argentina, e probabilmente poco incline a investire in un Paese dove il governo ha appena visto al ribasso la stima del Pil al -1,9% e dove le riforme non si vedono neanche per sbaglio (si vende Eni, ma la Rai continua a incassare un miliardo e 700 milioni di euro all’anno di canone) sono stati sollevati subito da più parti.

L’asset “Telecom Italia” e in particolare la rete sono fondamentali per il sistema Paese, gli investimenti e lo sviluppo della rete stessa sono decisivi per la competitività economica. Inoltre, la rete sembra decisamente un oggetto “delicato” e “ sensibile” per il governo, come dimostra in modo inequivocabile anche il recente scandalo Datagate. Insomma, che il governo di un Paese si preoccupi del destino di un asset simile, non replicabile e con più di una caratteristica del monopolio sembra non solo inevitabile ma anche auspicabile.

Per evitare un cambio di azionariato che desta qualche preoccupazione si è pensato perfino di cambiare in corsa e in fretta e furia la legge sull’opa in modo da far scappare Telefonica mettendole davanti l’eventualità di imbarcarsi in un’operazione finanziaria costosissima che non sarebbe certamente in grado di sostenere. Il principio dietro questa barricata eretta dal “sistema Paese” per la verità non era nemmeno campato per aria, perchè di fatto il controllo di Telecom Italia è cambiato a tutto vantaggio di un singolo azionista senza che i benefici fossero condivisi con il mercato. Il sovrapprezzo pagato da Telefonica rispetto alle quotazioni di mercato è andato solo alle banche venditrici, mentre è chiaro che la strategia sarà decisa ormai solo a Madrid.

I temi della chiacchierata di ieri, immaginiamo cordiale, tra Letta e Alierta quindi erano tanti e scottanti. Al termine dell’incontro è stato il manager spagnolo a esprimersi dicendo che: “Telecom rimarrà italiana e Telefonica garantirà l’occupazione”, che è stata evidenziata al governo italiano “la necessità che l’azienda continui la strada intrapresa dello sviluppo delle tecnologie della comunicazione” e infine che non si è parlato “né di opa, né di scorporo della rete”. Non è chiaro cosa significhi che Telecom Italia rimarrà italiana. Se il concetto è che rimarrà quotata e non verrà fusa in Telefonica non c’è nessuna notizia o novità perchè nessuno si sarebbe mai sognato che Telefonica volesse fare un’opa o una fusione. 

Il punto “dolente” del tema “dell’italianità” è chi e dove prende le decisioni; queste le prenderà solo Telefonica e non più Telefonica e le banche italiane. Sicuramente ci sarà meno “italianità”. Non ci immaginavamo inoltre che Alierta potesse incontrare Letta, avendo conquistato il controllo di Telecom Italia, con il minimo investimento possibile e non avendo nessun interesse a far sì che l’asset migliore della società italiana, Tim Brasil, si sviluppi (per non fare concorrenza a se stessa) presentando un bel piano di licenziamenti.

Non si è parlato né di opa, né di rete che sono non solo gli argomenti di gran lunga più importanti, ma anche gli unici due temi che potrebbero mettere in discussione l’acquisto fatto da Telefonica qualche settimana fa. Abbiamo già detto che l’obbligo di opa, legittimo o meno, farebbe scappare gli spagnoli, mentre il tema del controllo della rete e dello spin-off tocca probabilmente la fetta più importante del valore di Telecom; porre paletti, delineare cambi societari sarebbe un tema iper-sensibile per Telefonica. Infine, è stato preso un impegno a continuare a investire; l’impegno però è quanto di più generico ci possa essere e sostanzialmente, essendo sprovvisto sia di percentuali che di valori assoluti, ingiudicabile e non controllabile e verificabile nel tempo.

Per concludere, tutto sembra essere rimasto così com’era; Telefonica ha vinto alla grande la sua partita, gestirà il Sud America come più le conviene e si vedrà cosa farà in Italia, ma crediamo che la gestione opportunistica, nel senso migliore del termine, e intelligente, per gli azionisti di Telefonica continuerà. Dopotutto è pur sempre un quasi monopolio nella terza economia dell’area euro e un po’ di ripresa e migliori regole europee potrebbero anche rendere l’investimento in Telecom Italia molto migliore di tanti altri.

A proposito scordiamoci che l’azionista spagnolo, colosso delle telecom europee, sia prono alla volontà o ai cambi di umore dei governi italiani, qualsiasi essi siano, perchè correre in Europa a lamentarsi sarebbe la reazione più scontata. Il governo italiano sembra avere armi legali molto spuntate, avrebbe dalla sua la moral suasion perchè nessuno si sogna di sostenere che un governo non debba avere niente da dire sulla rete telecom, ma – come dire – Alierta avrà letto i giornali e dedotto che la solidità del proprio interlocutore non sia estrema e la sua forza “contrattuale” non massima. Un altro costo dell’instabilità.