Sabato scorso BT group (British Telecom) ha annunciato di aver vinto i diritti in esclusiva per la trasmissione in diretta delle partite di Champions League ed Europa League in Inghilterra. Dalla stagione 2015/16 e fino a quella 2017/18 BSkyB (la “sorella” inglese di Sky) non potrà più trasmettere le partite della massima competizione calcistica continentale; il titolo media lunedì ha reagito con un calo dell’11%. Gli spunti che si possono trarre da questa vicenda che è stata definita un “Armageddon” nei diritti sportivi meritano un’analisi attenta.
I numeri dietro a questo colpo di scena che mette per la prima volta e seriamente in discussione la leadership di Sky e delle società “media” sono degni di nota. BT group ha vinto la gara offrendo 900 milioni di sterline per le tre stagioni; più del doppio di quanto finora aveva pagato Sky. In pratica BT, che ovviamente non sapeva il prezzo presentato dai concorrenti, ha offerto la somma che serviva a essere sicuri della vittoria.
Le conseguenze “sportive” di questa notizia sono che la Champions League avrà molti più soldi da offrire ai partecipanti e che, per le squadre di calcio, l’appetibilità economica della competizione sarà ancora maggiore di quanto lo sia ora; l’altro lato della medaglia è che il divario tra chi partecipa alla massima competizione continentale e chi ne rimane fuori è destinato ad allargarsi ulteriormente. Dire se questo possa portare a una lega europea dei club più importanti è prematuro, ma è certo che una partita tra Arsenal e Milan o tra Roma e Barcellona valga di più in termini economico-pubblicitari di una tra due squadre di provincia; non è un fatto di fede calcistica ma semplicemente di potenziali spettatori.
Il tema più sensibile però è quello economico-finanziario. Finora le società telecom e media hanno convissuto pacificamente senza, sostanzialmente, alcuna vera competizione. Dallo scorso weekend, con l’annuncio di BT, lo scenario sembra cambiare profondamente, soprattutto perchè BT ha tutta l’intenzione di non volersi fermare qui. Quella del colosso telefonico non sembra una mossa “tattica”, ma una vera e propria nuova strategia.
La domanda che serpeggia sui mercati, tra gli investitori ma anche tra gli operatori del settore media e telecom, è se l’investimento da quasi un miliardo di sterline sia destinato a generare perdite ingenti o quali siano, invece, le opportunità di guadagno intraviste da BT che giustifichino l’investimento. L’offerta commerciale della compagnia potrebbe prevedere l’accesso gratuito a contenuti sportivi “premium” per chi ha già una connessione a banda larga, oppure, più probabilmente, BT potrebbe chiedere un prezzo superiore perchè offre anche contenuti premium.
È questo secondo scenario che potrebbe esserci alla fine della strategia di BT. Un pacchetto sufficientemente appetibile di contenuti premium offerti su una piattaforma “proprietaria” e con evidente sinergie – la rete – potrebbe finalmente invertire il trend di margini in ribasso per le società telecom.
Da questo punto di vista l’offerta di contenuti sportivi premium, come dimostra per esempio anche la storia di Sky Italia, è fondamentale per attrarre sottoscrittori. BT compra quello che il pubblico vuole vedere. Il settore telecom, basta osservare le performance borsistiche, negli ultimi anni ha perso tanti soldi nonostante controlli una delle attività più strategiche che ci siano. Tanti guadagnano perchè esiste internet e la banda larga, ma per tanti motivi questo servizio è così mal pagato che chi lo offre guadagna poco. BT ha deciso di uscire dall’angolo, in cui il settore telecom rimane da anni, puntando sulla tv e sui diritti sportivi con una forza finanziaria che probabilmente il settore media non ha. In un certo senso Sky è una vittima “innocente” di questo riposizionamento strategico e per BT il danno a Sky è “collaterale”, privo di “dolo”.
Quanto conti lo sport in termini percentuali tra le ragioni per cui i clienti sottoscrivono la pay per view è difficile da stimare, ma tutto fa pensare che conti certamente e anche molto, altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui tutti i contenuti sportivi più appetibili siano ormai a pagamento ed esclusiva delle pay per view. Anche perchè, è una realtà impossibile da negare: gli altri contenuti, quelli non in diretta, si possono reperire in modo illegale ma estremamente semplice sulla rete.
Da anni ci si interroga sulle sinergie tra media e telecom ed è certo che l’esperimento di BT sarà osservato attentissimamente da entrambi i lati; non è certo chi vincerà alla fine, ma BT sembra molto determinata e sinceramente sembra avere molte valide ragioni commerciali. Lo scenario competitivo sembra davvero cambiato con le telecom che diventano concorrenti delle società media e con una divisione tra i due settori che diventa molto più sfumata.
Nel nostro piccolo non possiamo che ribadire quanto sia strategica la rete e quanto le valutazioni di breve periodo, sul settore telecom, possano essere fuorvianti. Infine, una provocazione: al netto delle implicazioni politiche, era poi così campata per aria l’idea di fondere Mediaset e Telecom Italia?