La proposta shock (lanciata lunedì sulle colonne di Handelsblatt) del capo economista di Commerzbank, Jorg Kramer, per risanare i conti pubblici italiani è quella di una patrimoniale che prelevi il 15% delle attività finanziarie degli italiani; l’obiettivo della tassa sarebbe quello di abbassare il livello del debito pubblico italiano sotto il livello critico del 100% del Pil. In altri periodi la ricetta sarebbe stata ritenuta una proposta a metà tra la boutade e la provocazione utile per stimolare il dibattito sul livello del debito pubblico. In una fase in cui a Cipro si discute di prelievi sui conti correnti compresi, a seconda del patrimonio, tra il 6,75% e il 9,9%, l’idea non può essere archiviata tra le “invenzioni” di qualche economista particolarmente originale destinata a non essere neanche presa in considerazione.



È abbastanza inutile evidenziare che l’imposizione sarebbe il massimo dell’iniquità, dato che colpirebbe chi ha risparmiato (magari per comprare una casa) invece di comprare scarpe e vestiti e indipendentemente da come i risparmi siano stati ottenuti; altrettanto inutile riflettere sull’impatto a consumare e risparmiare che la decisione comporterebbe. L’obiettivo sarebbe quello di dare in pasto ai mercati un taglio drastico e soprattutto rapido al debito pubblico. Si potrebbe affrontare la questione sollevando due domande. La prima è se la riduzione secca del debito pubblico sia in questo momento una priorità, la seconda è se la proposta di Kramer sia la soluzione migliore a questo fine.



Pur con tutte le differenze possibili, sono diversi i casi di debito pubblico su Pil sostanzialmente equiparabili o superiori a quello italiano che non destano particolari preoccupazioni sul mercato. La Spagna ha un debito pubblico inferiore ma uno spread superiore a quello italiano, mentre la stessa Italia 12 mesi fa aveva un debito inferiore con uno spread a più di 500. Posto che un debito così alto come quello italiano, quasi al 130% del Pil nel 2013, non è “salutare” nel medio-lungo periodo, quello che conta è quanto costa, soprattutto in termini di nuove emissioni; per esempio, in termini di costi reali, 100 punti di spread in più renderebbero del tutto vana la riduzione del debito sotto il 100% auspicata da Kramer. In questa fase sarebbe molto più necessaria una riduzione dello spread, come accaduto negli ultimi dodici mesi per via della Bce, piuttosto che una riduzione dello “stock” di debito; i due elementi non sono necessariamente collegati.



Discorso diverso in presenza di mercati che mandassero alle stelle il costo del debito italiano e che avessero bisogno di una conferma della solvibilità dell’Italia. In questo caso una discussione sui mezzi migliori per ridurre deficit e debito si potrebbe affrontare tranquillamente. Non è scontato che ciò che è stato fatto da Monti dodici mesi fa, per esempio, sia per forza migliore di un prelievo forzoso sui conti correnti. Tassare la prima casa in via perpetua potrebbe essere ritenuto meno opportuno che un prelievo una tantum sul conto corrente. Essendo una tassa sarebbe da valutare prescindendo, in un certo senso, dal fatto che sia particolarmente antipatica o poco ortodossa; per esempio, chi non ha soldi sul conto corrente perché ha appena finito di comprare la casa preferibbe di gran lunga la proposta “tedesca” rispetto all’Imu.

In ogni caso l’idea di un prelievo sui conti correnti ha un merito indubbio. Quello di calare nella realtà il debito mostruoso accumulato dall’Italia. Nel dibattito quotidiano sembra una sorta di cifra astratta che vaga nell’etere o un numero che si potrebbe senza sforzi cancellare con un colpo di spugna semplicemente addirittura, secondo alcune versioni che oggi vanno di moda, non restituendolo. L’ultima opzione avrebbe conseguenze difficilmente ponderabili (in negativo). Il fatto invece che ci sia uno Stato che non funziona economicamente e finanziariamente così com’è, al punto che i singoli devono contribuire di tasca propria, rende evidente l’urgenza di attuare le riforme di cui ancora oggi non si parla e di tagliare i costi inutili e la spesa improduttiva ben al di là di quei costi della politica il cui impatto è inversamente proporzionale alla frequenza con cui finiscono in prima pagina.

L’alternativa all’inerzia è un bel prelievo dall’oggi al domani con in mezzo qualche giorno di chiusura forzata degli sportelli. La scelta non dovrebbe essere difficile.