Il mitico “tapering”, il rallentamento dell’immissione di liquidità, della Fed alla fine è stato annunciato come da aspettative ieri sera in occasione della conferenza stampa di Ben Bernanke. La reazione dei mercati è stata evidentissima fin dagli istanti successivi, con il tonfo dell’indice azionario S&P 550 (-1,4%), il rendimento del decennale americano salito al massimo degli ultimi 14 mesi e le commodities in discesa. In realtà, quanto detto da Bernanke non si è distanziato di molto dalle ipotesi e dalle attese che circolavano da giorni e settimane sui mercati, ma come sempre il peso di un rumour è diverso da quello di una dichiarazione messa nero su bianco, commentata da giornali e analisti.
Il presidente della Fed ha dichiarato che è “appropriato che il ritmo mensile degli acquisti di assets sia rallentato alla fine del 2013” e che ulteriore rallentamenti ci saranno nella prima metà del 2014. La ragione di questa scelta sta negli “ulteriori miglioramenti del mercato del lavoro americano”. Bernanke ha però chiarito che il rallentamento dell’immissione di liquidità è legato al miglioramento dell’economia e in particolare al mercato del lavoro. Il programma di acquisto di bond potrebbe essere completato quando il tasso di disoccupazione scenderà sotto al 7% (eravamo al 7,6% a maggio), mentre i tassi di interesse rimarranno bassi fino a che il tasso di disoccupazione rimarrà sopra il 6%. Un’inflazione ancora molto contenuta crea un contesto favorevole al prolungamento delle politiche espansive.
La reazione dei mercati è in un certo senso singolare se si considera che le dichiarazioni non aprono in nessun modo a un cambio di strategia e che ci sono stati chiarimenti sul fatto che i rallentamenti degli acquisti saranno successivi solo a miglioramenti dell’economia. Nonostante questo, i mercati sembrano averla presa male. Le dichiarazioni di Bernanke hanno come rotto la magia degli ultimi mesi in cui i mercati potevano festeggiare dati in miglioramento, utili in salita con liquidità a tutto spiano; la bolla che si era creata era evidente a tutti, ma fino a che persistono le condizioni per cui possa durare l’incantesimo non si rompe.
Dire oggi quale sarà il ritmo di “sgonfiamento” della bolla è un compito da veggenti, ma se l’economia americana sta migliorando e, più o meno lentamente, continuerà a farlo, allora la Fed dovrà, sempre più o meno lentamente, cominciare a diminuire le proprie politiche espansive. I mercati si trovano quindi in una sorta di “nuovo” scenario rispetto a quello a cui sono stati abituati negli ultimi 5 anni e questa è probabilmente già una spiegazione per il nervosismo più che evidente che si è visto ieri sera prima della chiusura dei mercati americani e questa mattina in Europa.
C’è un altro fattore che invece ci riguarda più da vicino. La Fed ha sicuramente supplito, pur in un modo indiretto, alle mancanze della Bce e gli effetti delle sue politiche espansive si sono sentiti chiari e forti anche da questa parte dell’Oceano. I fattori di criticità in Europa sono sicuramente e nettamente superiori a quelli presenti in America, ma l’azione della banca centrale è invece sostanzialmente inferiore. Se si dovesse aprire un’estate da “risk off”, in cui si scaricano gli asset di minore qualità e più pericolosi, le conseguenze per i periferici, tra cui l’Italia, potrebbero essere molto rilevanti.
Se l’acquisto di bond da parte della Bce di cui non si sa nulla e che probabilmente non è mai nemmeno partito, secondo il ministro delle finanze tedesco Schauble, mette a rischio l’indipendenza della banca centrale, allora questi mesi potrebbe essere davvero movimentati. Gli investitori potrebbero intravedere più di una possibilità di guadagno in Europa mettendosi a vendere in un contesto in cui l’eventuale rete di sicurezza sembra sempre più fragile.
Le parole di Bernanke di ieri paradossalmente rischiano di riguardare più l’Europa che gli Stati Uniti e all’interno dell’Europa più i paesi periferici rispetto a Germania e compagnia. Non sembra che ci sia, per usare un eufemismo, una chiara volontà da parte europea e tedesca di farsi carico dei problemi italiani. Una bella sfida, forse impossibile, per questo governo, soprattutto se si vuole muovere all’interno delle istituzioni e delle attuali regole europee.
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