La sentenza della Cassazione che ha condannato Silvio Berlusconi a quattro anni di carcere, oltre a un imprecisato periodo di ineleggibilità, non sembra aver preoccupato particolarmente gli investitori. L’indice azionario italiano ha chiuso la giornata di ieri con un calo dello 0,24% sostanzialmente allineato a quello dei principali indici europei (Francia +0,07%, Germania -0,05% e Inghilterra -0,5%). Calma piatta anche sul debito sovrano italiano, con il rendimento del decennale addirittura in calo. Anche chi si aspettava fuoco e fiamme sul titolo “berlusconiano” per eccellenza è rimasto deluso: Mediaset ha chiuso la giornata al -1,96%, praticamente niente se si considera l’andamento del titolo degli ultimi mesi (+50% nell’ultimo trimestre) e allineata a un altro media, però del tutto “incolpevole”, come Cairo communication; se dopo la performance degli ultimi mesi di Mediaset gli investitori avessero deciso di vendere avremmo visto ben altri numeri. In conclusione, si può affermare con tranquillità che gli investitori non sembrano essersi preoccupati particolarmente per le ultimissime evoluzioni politiche italiane. Proponiamo alcune possibili spiegazioni a questi numeri.

La prima e più banale è che siccome al momento non è successo niente, le Camere sono ancora in carica, il Presidente del consiglio Letta anche e nessuno si è pronunciato con proposte di elezioni anticipate chiare, il mercato, distratto da dati macroeconomici americani e dichiarazioni di banche centrali europee e americane, non abbia registrato alcun evento traumatico e abbia proceduto per inerzia con l’andamento degli ultimi giorni. Insomma, gli investitori sarebbero colpevoli di un peccato di distrazione e superficialità per non aver colto gli effetti potenzialmente gravi della decisione presa dai giudici giovedì.

La seconda spiegazione, per la verità complementare e in un certo senso simile alla prima, è che in una fase di mercato caratterizzata da dichiarazioni “positive” da parte di Bce e Fed, in cui le preoccupazioni per i debiti sovrani sembrano minime e in cui i problemi dell’economia reale vengono attenuati e minimizzati da un abbondante liquidità, anche i potenziali pericoli derivanti dall’instabilità politica italiana siano diluiti in un contesto finanziario abbondantemente favorevole. L’effetto anestetico delle banche centrali è ancora così potente da annullare anche la decapitazione politica di una componente fondamentale del governo.

Questo filone “interpretativo” non presuppone alcuna valutazione specifica dei mercati sullo scenario politico italiano. Complichiamo ulteriormente le cose: è possibile che il mercato abbia scommesso sul senso di responsabilità dei partiti e dei politici italiani che consapevolmente e consciamente decideranno di mantenere in vita questo governo per non creare situazioni che possano turbare i mercati e per fare in modo che vengano portate avanti le riforme di cui ha bisogno l’Italia. È un’interpretazione possibile, ma sinceramente non le diamo troppo credito. La seconda valutazione specifica è diametralmente opposta: il mercato sa e pensa che i destini economici e politici dell’Italia non vengono decisi né dai politici, né tantomento dai cittadini italiani.

Il governo Monti, per esempio, non è stato votato da nessuno e ha applicato la ricetta euro-tedesca, ma soprattutto negli ultimi mesi i destini della borsa e dell’economia italiana sono stati decisi in Europa, dai nostri “alleati” e “amici” e dalle decisioni di Mario Draghi o della Fed. L’Italia come noto è stata adeguatamente bastonata molto al di là delle proprie colpe, le imprese estere fanno compere in grande stile, mentre quelle italiane sono distrutte da una tassazione esagerata, che non può diminuire perché i conti dello stato sono brutti, e da un credit crunch imposto anche da regole più stringenti e sfavorevolissime alle banche italiane a livello europeo. Da questo punto di vista, più la politica italiana è fragile e debole meglio è, perché maggiore è la capacità di condizionarla magari a colpi di spread, di target sul deficit e di ridimensionamento di qualsiasi velleità da potenza industriale economica e politica. Renzi per la cronaca ha già incontrato la Merkel e ci piacerebbe tanto sapere cosa si siano detti.

L’attuale governo con tutti i limiti e difetti è molto meno “europeista” e in linea con gli amichevoli e benevoli consigli degli amici europei (la Merkel, per esempio, che ha distrutto la Grecia), anche, e non di poco, per il contributo del partito di Berlusconi. Altri esponenti del Pd che siedono tra i ministri sembrano tutto fuorché proni a seguire la ricetta euro-tedesca per l’Italia, che per la cronaca sta radendo al suolo la sua economia. Dall’altra parte della barricata, per essere più chiari tra quelli che probabilmente più hanno festeggiato giovedì sera, stanno i fautori dell’Italia Paese “normale” alleato di Francia, Germania e magari Inghilterra come si conviene a un Paese “moderno”. Fa niente se negli ultimi dieci anni con un clamoroso aggravamento negli ultimi 5 da questi “amici” si sono prese gran bastonate, umiliazioni, ecc. e che il Paese reale stia morendo. Ma d’altronde il proprietario dell’Espresso che edita la Repubblica è cittadino svizzero e chi ha tanti soldi sul conto corrente e ha un bel posto garantito preferisce che rimangano in euro e pazienza se nel frattempo l’economia crolla e le esportazioni calano.

La decisione di giovedì che sembra indebolire di molto questo governo e la politica italiana in generale rende l’Italia molto più docile, diminuisce il disturbo e le potenziali incertezze e fastidi che poteva creare in sede europea o l’opposizione che poteva creare a una politica economica europea che la penalizza oltre ogni evidenza. Meno incertezze, meglio per i mercati e anche il Btp, come è successo ieri, festeggia. 

 

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