Secondo gli ultimi rumours, apparsi ieri, il prossimo 19 settembre il management di Telecom Italia presenterà al cda un piano industriale aggressivo con nuovi investimenti, soprattutto nella rete fissa italiana. Dopo i “botti” degli ultimi giorni, con il titolo salito del 25% in due settimane, si è fatta strada una delle ipotesi meno favorite dal mercato che tutto vuole fuorchè investimenti massicci da una società che avrebbe bisogno di un aumento di capitale, soprattutto in un settore dagli incertissimi ritorni economici. Quest’ultima novità non cambia però lo scenario che si è delineato negli ultimi giorni e settimane e che si è riflesso in modo evidentissimo sulla performance del titolo.
Lo scenario ha due elementi principali. Il primo è un trend europeo e mondiale di consolidamento del settore che ha visto negli ultimi mesi una serie di operazioni da miliardi di euro che stanno imprimendo una svolta che non si vedeva da molti anni. America Movil/Carlos Slim con Telekom Austria e poi Kpn; l’offerta di Telefonica a Kpn per la tedesca E-Plus e da ultimo la cessione di Vodafone della quota in Verizon wireless per 130 miliardi di euro. Sulla stessa Telefonica pare fosse stata avanzata, con previa richiesta al governo spagnolo, un’offerta da parte di AT&T. Il secondo elemento è che Telecom Italia ha un debito elevato, conti economici in peggioramento e, probabilmente, l’esigenza di un aumento di capitale che alcuni dei suoi principali azionisti difficilmente potrebbero sostenere.
Il principale azionista di Telecom Italia è Telco che controlla il 22,4% della società e che a sua volta è posseduta da Telefonica al 46,2%, da Generali al 30,6% e da Mediobanca e Intesa Sanpaolo con un 11,6% ciascuno. Nello scenario attuale i soci finanziari italiani non paiono essere particolarmente intenzionati a sostenere Telecom Italia in un eventuale aumento di capitale e anzi sembrano più interessati a uscire da un investimento decisamente poco remunerativo al punto che il debito contratto per acquisire le quote è ormai superiore al loro valore. Telecom Italia avrebbe bisogno di un salto qualitativo e dimensionale in un settore che, come già detto, si sta consolidando per far fronte a dinamiche che hanno fortemente impoverito i conti economici delle società telefoniche (pressione dei regolatori, investimenti ingenti, innovazioni tecnologiche, ecc.).
La performance del titolo delle ultime settimane non è un abbaglio degli investitori che, tra l’altro, sono perfettamente al corrente dei problemi politici italiani. Da molti mesi si parla di possibili partnership, fusioni con partner internazionali che possano rafforzare il bilancio e la posizione competitiva della società; la fusione con 3 non è andata in porto, ma i problemi finanziari e competitvi sono rimasti. In un settore che ha visto operazioni per 130 miliardi di euro alla volta il “boccone” Telecom Italia non sembra particolarmente indigesto, soprattutto se arrivasse un partner con una strategia chiara, spalle grosse e una provata competenza nel settore.
Negli ultimi giorni si è puntato il dito su Telefonica. Sarebbe la più semplice tra le tantissime operazioni ipotizzate. Telefonica, già presente nell’azionariato, rileverrebbe le quote di Telecom Italia dagli azionisti finanziari italiani senza sborsare un euro di cassa, ma “solo” prendendosi in carico il debito contratto per l’acquisto delle quote stesse (superiore all’attuale valutazione delle quote a prezzi di mercato). Per Telefonica, con la sua dimensione, l’impegno finanziario sarebbe sostenibilissimo; la società spagnola non dovrebbe nemmeno consolidare il debito degli azionisti italiani dato che la quota in Telecom Italia sarebbe non di controllo.
Con uno sforzo limitato Telefonica diventerebbe il punto di riferimento industriale e strategico di Telecom Italia e, soprattutto, della sua controllata brasiliana. Teoricamente una quota del 22,5% non metterebbe il controllo di Telecom Italia al riparo da possibili offerte su tutto il capitale, ma è chiaro che con un socio industriale così forte e con la quota di maggioranza relativa sarebbe molto difficile cambiare la situazione.
Questo scenario sembra a tutti gli effetti il migliore possibile per Telefonica e probabilmente anche per i soci finanziari italiani che avrebbero un “compratore” naturale, finanziariamente solido a cui vendere nel breve periodo. Rimarrebbe aperto il problema di un asset strategico per il “sistema Paese” e non replicabile come la rete su cui l’Italia avrebbe interesse che si continuasse a investire e il problema di una società che, a quel punto, perderebbe molta, per non dire tutta, autonomia strategica e decisionale.
Un altro, importante, tema su cui sarebbe meglio avere un governo in grado di decidere.
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