La quotazione di Chrysler sul mercato americano sembra, col passare dei giorni e delle settimane, sempre di più la soluzione più probabile per dirimere la differenza di vedute tra il principale azionista della società americana, Fiat, e il sindacato Veba. La questione si trascina ormai da molti mesi e non risulta particolarmente difficile da riassumere: il Veba, che detiene il 41,5% di Chrysler che Fiat ancora non possiede, vuole ottenere un prezzo superiore a quello che la società di Torino è intenzionata a pagare; Fiat ha opzioni per acquistare il 40% della quota in Chrysler in mano al Veba (sarebbe il 16,6% di Chrysler); il Veba non discute questo diritto, ma il prezzo. Il giudice del Delaware, chiamato in causa per dirimere la vicenda, non si è ancora espresso e, a questo punto, potrebbe non esprimersi nel breve termine. Con la quotazione di Chrysler il Veba cederebbe la parte “non opzionata” della propria quota sul mercato, mentre le discussioni sul prezzo della parte “opzionata” da Fiat proseguirebbero fino al pronunciamento del giudice o al raggiungimento di un accordo in fase negoziale.
La quotazione di Chrysler rischia di rappresentare un grosso intoppo per la strategia di Marchionne. La strategia è quella iniziata anni fa con l’entrata in Chrysler per costruire un gruppo globale con la dimensione minima sufficiente per competere e con una presenza geografica che consentisse di ovviare ai cali dei singoli mercati. Quello che è successo negli ultimi anni ha dato ragione al progetto di Marchionne. Il mercato auto americano ha dato ottimi risultati, mentre quello europeo, e in particolare italiano, complice una recessione senza quasi precedenti, ha fatto segnare risultati pessimi. Questi andamenti così divergenti sono un incentivo fortissimo a fondere Chrysler con Fiat per creare un’unica società. La quotazione di Chrysler rallenterebbe di molto questo processo e creerebbe una situazione molto fastidiosa per Fiat.
L’accesso alla cassa di Chrysler per Fiat è possibile solo con una fusione. Dal punto di vista gestionale e di strategia Fiat controlla già Chrysler e ne decide i destini, ma dal punto di vista contabile e finanziario tra la situazione attuale e quella che si verrebbe a creare dopo la fusione c’è una differenza enorme. Fiat e Chrysler dal punto di vista della cassa e dei finanziamenti continuano a essere due entità distinte. Nel secondo trimestre del 2013 Fiat ha registrato un utile operativo di poco più di un miliardo di euro; senza il contributo di Chrysler l’utile operativo sarebbe stato poco più di 100 milioni di euro. Il prolungamento delle trattative tra il Veba e Fiat sembra far concludere che il primo tratti da una posizione di forza e che Fiat, pur fortissimamente interessata all’acquisto, non voglia o addirittura non possa, finanziariamente, venire incontro alle richieste del sindacato.
La mancata fusione, oltre alle implicazioni finanziarie e contabili, avrebbe molte altre conseguenze anche sulla percezione di Fiat sui mercati. Oggi Fiat/Chrysler con i nomi affiancati sul sito e sulle presentazioni destinate agli investitori è percepita come una società internazionale che molto ha perso delle sue “origini italiane”; questa percezione, giustificata dai fondamentali e dalle provenienza dei ricavi e dei margini, “fa molto bene” a Fiat sui mercati e tra gli investitori. Per gli investiori, oggi Fiat, soprattutto in un mercato così dominato dagli aspetti macroeconomici, è un modo per “giocarsi” la ripresa americana, del suo mercato auto e la ristrutturazione/rilancio di Chrysler.
La quotazione di Chrysler farebbe venire meno buona parte di questi aspetti. Non avrebbe più senso comprare Fiat per i motivi di cui sopra quando si può comprare direttamente Chrysler sul mercato e soprattutto nel confronto, stante gli andamenti economici attuali, avrebbe molto più senso e appeal andare sulla parte buona del gruppo che sarebbe quotata autonomamente. La vicenda borsistica Renault/Nissan (Renault possiede il 43,4% di Nissan), con la sottovalutazione della casa francese rispetto a quella giapponese non dovrebbe far rendere Fiat particolarmente ottimista.
L’ultimo aspetto del ritardo nella fusione con Chrysler è che il gruppo Fiat rimarrà più legato all’Italia, ai suoi destini economici e politici, per un periodo di tempo più lungo senza che si possano fissare scadenze precise. Un aspetto molto interessante, soprattutto visto le vicende degli ultimi mesi nei rapporti coi sindacati, con la politica e in generale col sistema Paese.
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