È notizia di martedì che alcuni fondi pensione americani hanno deciso di comprare da Unicredit 910 milioni di euro di prestiti in project finance erogati a progetti nel campo dell’energia e dei trasporti. La cosa potrebbe anche apparire per addetti ai lavori, analisti e investitori che devono prendere in considerazione un oscuro comunicato stampa su una strana transazione tra controparti finanziarie; il fatto che la cessione sia stata messa sulla prima pagina della sezione dedicata alle società del Financial Times contrasta però con la prima impressione e con la tentazione di relegare la news tra le tante altre che ogni giorno arrivano sui mercati. La notizia aiuta a comprendere il “rally” delle ultime settimane della borsa italiana nonostante i dati economici e “l’economia reale” siano molto lontani dall’esuberanza dei mercati.
La prima osservazione è che questa transazione esemplifica il concetto di “shadow banking”; le banche, nel tentativo di liberare capitale, cedono crediti a fondi pensioni che stanno dall’altro capo dell’Oceano grazie all’intermediazione di hedge funds. Da questo punto di vista, nota il FT, il mercato europeo appare promettente per gli investitori esteri e americani in particolare. La seconda osservazione è che sta tornando l’interesse degli investitori stranieri per strumenti finanziari “italiani”. In realtà, non serviva nemmeno questa notizia per accorgersi che dall’inizio dell’anno la borsa italiana è in rialzo di più del 5% (un’enormità se si considera che sono passate solo tre settimane) e che il rendimento del decennale italiano continua a scendere. Sulla borsa italiana e sui titoli di stato si sono riversati flussi finanziari importanti; flussi che, come dimostra la notizia di martedì, non sono né “domestici”, né geograficamente vicini.
Si può dibattere all’infinito sulle ragioni che hanno portato a questi movimenti e a questa inversione totale rispetto ai mesi dello spread a 500 e oltre, con i report sulle chance di uscita dall’euro e le discussioni sul possibile fallimento dello Stato italiano. La scommessa sull’Europa periferica e sull’Italia appare particolarmente invitante; il mercato americano è ai massimi e i bond non rendono quasi nulla e l’idea che l’Italia abbia toccato il fondo e che, non importa quanto velocemente, prima o poi sperimenterà un po’ di ripresa trova terreno fertile in mercati dove la liquidità scorre ancora abbondante e dove ci si attende che la Bce continui a fare la propria parte anche indipendentemente dalla Fed. Tutto questo avviene nonostante le stime economiche per l’Italia siano, nella migliore delle ipotesi, anemiche, nonostante di riforme non si veda neanche l’ombra e non sia stata neanche scalfita la massa enorme di spesa pubblica improduttiva (che si traduce in una tassazione mortale) che ancora oggi l’Italia si permette il lusso di sostenere.
È impossibile predire quanto a lungo questa situazione possa durare, perché gli squilibri economici rimangono, quelli finanziari anche con le bolle più o meno grandi che anni di intervento delle banche centrali hanno creato e perchè l’instabilità politica, l’Italia ne sa qualcosa, è un fattore imponderabile. In ogni caso quello che sta accadendo è certamente un aiuto, probabilmente anche inaspettato, per l’Italia. Le azioni che salgono sono comunque una buona pubblicità e fanno venire voglia di investire in Italia, le imprese quotate strappano rendimenti sulle obbligazioni che si sarebbero sognati solo 6 o 12 mesi fa e lo Stato italiano emette senza problemi il proprio debito. La pressione asfissiante dei mercati che condizionava così pesantemente l’attività economica del governo italiano si è decisamente attenuata.
Non sarà però la timidissima ripresa, forse meglio parlare di fine del declino, che si intravede oggi a risolvere i problemi economici dell’Italia o a restituire, se non tutto almeno in buona parte, il benessere di cui comunque si godeva prima della crisi. Non vale l’assunto tantissime volte sottointeso che la crisi così come è arrivata passerà per una misteriosa azione dei mercati finanziari e sostanzialmente senza alcun vero cambiamento, riforma e riduzione degli sprechi. Non è possibile perchè il numero delle imprese private si è ridotto a fronte di un apparato statale che non ha neanche lontanamente patito gli effetti della crisi che le imprese hanno subito e che rimane sostanzialmente immutato; non è possibile perchè riforme e tagli veri sono stati fatti davvero dai “nostri concorrenti”.
La borsa sale e tutto va bene solo se non sono solo i “mercati” a fare la loro parte.