La borsa di Milano ha chiuso a -4,44% con titoli sospesi per eccesso di ribasso, lo spread Btp-Bund è salito in un giorno di quasi 18 punti base a 164; nel resto d’Europa non è andata molto meglio e anche l’America ha più che scricchiolato con la borsa a -1,4% (mentre scriviamo) e il crollo del rendimento del Treasury. Erano molti mesi che sui mercati non si assisteva a una giornata così negativa.

Prima di qualsiasi analisi, sicuramente opportuna, si deve premettere che non è stato il classico fulmine a ciel sereno; sicuramente non è stato così per chi stava sui mercati e sentiva i campanelli d’allarme suonare (l’ultimo con la giornata di ieri) dal crollo del petrolio (-25% in pochi mesi) a quello dell’euro passando per le revisioni al ribasso delle stime di crescita globale e in particolare dell’Europa.

I problemi che hanno dato a origine alla giornata di oggi sono diversi. L’economia americana, che in ogni caso cresce a ritmi che l’Europa nemmeno si sogna, è meno solida di quanto sembri; i dati sulla disoccupazione sono viziati da un crollo del tasso di partecipazione al lavoro, mentre nell’economia “reale” ci sono ancora fragilità a partire, per esempio, dall’indebitamento privato. È anche per questo, e in particolare per le preoccupazioni sul mercato del lavoro, che la Fed si è tenuta le mani libere preoccupata che la stretta potesse arrivare troppo presto e “ammazzare” una ripresa non ancora compiuta.

Giornate come quelle di oggi sortiranno probabilmente qualche effetto sulla Fed o almeno così potrebbe pensare il mercato che, nel primo pomeriggio, ha rispinto il cambio euro dollaro oltre 1,28. Anche la Cina ha i suoi problemi con un’economia in rallentamento; le stime sul Pil cinese continuano a scendere e lo scoppio della bolla immobiliare è un tema di grande preoccupazione. Potremmo continuare la disamina con i colpi a vuoto delle economie di alcuni Paesi emergenti i cui mercati finanziari, tra l’altro, sono particolarmente vulnerabili a un cambio di politica monetaria della Fed; lo scriveva in questi termini questa estate il Governatore della banca centrale indiana, molto preoccupato, in una conversazione con il Financial Times.

Il grande malato dell’economia globale non è però né l’America, né la Cina; il grande malato dell’economia globale è l’Europa incapace di scuotersi da una recessione ormai pluriennale che ha mietuto vittime in lungo e in largo (milioni di posti di lavoro e migliaia di imprese). La Germania, giustamente, si vanta di un’economia in crescita e di un tasso di disoccupazione bassissimo, ma la terza economia dell’area euro (l’Italia) è in crisi da ormai 7 anni, anche per le moltissime colpe proprie, la seconda (la Francia) manda segnali molto preoccupanti, per non parlare della Grecia, della Spagna (con un tasso di disoccupazione al 25%) o del Portogallo. La Grecia, a proposito, la cui borsa ha chiuso oggi a -6,5% è l’esempio massimo del fallimento dell’Europa che non è riuscita a risollevare nemmeno quella piccola economia con una gestione tragica.

Il fatto più grave però, anche per i mercati, non è la drammaticità della situazione attuale, ma la mancanza di una qualsiasi prospettiva per l’economia europea. Anche in questi giorni dalla Germania sono continuati a piovere “no” a qualsiasi proposta di allentamento delle richieste di rispetto dei target di deficit; non solo, venivano rilanciati, dalle classiche “fonti europee”, rumours di rigetto delle finanziarie preparate dai singoli governi perché troppo poche “austere”. La conclusione, anche agli occhi dei mercati, è un declino senza fine di almeno metà dell’Europa; alla fine di questo declino che sta distruggendo la vita di tante persone ci sono eventi economico-finanziari e, perché no, persino politici traumatici. Lo capiscono tutti tranne i tedeschi, convinti forse di poter far man bassa di e in un’Europa a pezzi forti di un sistema di imprese, occorre riconoscerlo, di primo livello.

Anche l’Italia avrebbe un sistema di imprese di primo livello, ma nelle condizioni attuali, quelle imposte dall’Europa, e con un sistema che si ribella a qualsiasi riforma, persino la più sensata (compreso lo spostamento dei dipendenti pubblici da un ufficio all’altro o un sistema giudiziario ormai fuori controllo che determina vita e morte di imprese piccole e grandissime o una burocrazia dalle pretese folli), non ci sono le condizioni minime perché si possa esprimere. La “finzione dei mercati” come previsto e prevedibile si è scontrata di fronte a una realtà completamente diversa dalle speranze di inizio anno e l’impatto dello scontro si fa sentire con i crolli di oggi.

Se vogliamo trovare qualcosa di positivo nella giornata di oggi è forse la possibilità che faccia comprendere la gravità della situazione, l’urgenza di cambiare l’economia europea e di fare le riforme che servono in casa, per mettere le imprese e le persone nella condizione di lavorare.