La chiusura di ieri della borsa di Milano, un anonimo +0,15%, non meriterà certamente titoloni di giornali e tantomeno l’apertura del tg di prima serata come ai tempi dello spread a 500, ma la giornata ha comunque regalato qualche emozione, con il mercato che a un certo punto era giù di quasi il 2% al di sotto del livello di inizio anno, dopo che a metà giugno la performance annuale era stata positiva di quasi il 20%.
Il mercato azionario è “irriconoscibile” rispetto a tre mesi fa. Per tutta la prima parte dell’anno la scommessa al rialzo si era basata su due assunti principali: il primo era che la ripresa in Europa fosse alle porte e che quindi i miseri risultati delle imprese avevano poco significato rispetto a quelli in forte miglioramento attesi a breve; il secondo era che la Bce avrebbe non solo continuato nelle politiche adottate, ma aperto ulteriormente i rubinetti in autunno. Questo scenario non si è avverato sia perché la Bce non ha avviato il Quantitative easing, sia perché i dati economici europei non solo non sono migliorati ma hanno continuato a peggiorare.
L’economia italiana continua a deteriorarsi e anche il terzo trimestre dovrebbe chiudersi con un segno “meno” davanti al Pil; dalla Francia escono dati sempre più preoccupanti e, infine, ieri persino il Governo tedesco ha abbassato le stime di crescita per quest’anno (da +1,8% a +1,2%) e per l’anno prossimo (da +2% a +1,3%). Il ministro dell’Economia tedesco Schauble si è affrettato a dichiarare che, pur essendo la revisione “non piacevole”, “non ci sono ragioni per parlare di crisi”; effettivamente l’economia tedesca è ancora forte e l’Italia si sogna la metà della sua crescita, ma il quadro dell’economia europea non è particolarmente rassicurante.
Ieri Goldman Sachs ha abbassato le proprie stime sulla crescita del Pil europeo nel terzo trimestre al -0,15%: vorrebbe dire che tutto quello che si è sentito sei mesi fa a proposito della “ripresa europea” con gli effetti visibilissimi sui mercati e sui singoli titoli è clamorosamente smentito dai fatti. L’Europa e le sue prospettive economiche sono diventati un problema per i mercati globali e anche il livello dei suoi debiti pubblici.
Ieri il Financial Times si interrogava sui reali benefici per l’economia del Quantitative easing. Lo spunto all’articolo era la seguente battuta di Bernanke: “Il problema del Quantitative easing è che funziona nella pratica ma non nella teoria”. Il Quantitative easing certamente aiuta, ma da solo non risolve il problema della crescita economica; l’effetto, positivo, sulla fiducia degli operatori è probabilmente l’elemento più importante ma l’entità dei benefici sull’economia reale, in termini di Pil e numero di occupati, è tutta da dimostrare.
In altre parole, se anche la Bce decidesse domani di varare un Quantitative easing non ci sarebbe alcuna certezza sulla “dimensione” dell’esito economico. In ogni caso, qualsiasi cosa abbia fatto l’Europa non sta evidentemente funzionando, o meglio, non sta funzionando per una sua parte importante mentre il Pil tedesco ha continuato finora a crescere.
La domanda su quali scenari si aprirebbero se l’Italia avesse un’altra recessione o se la Francia dovesse passare per quello per cui è passata l’Italia non lascia particolarmente tranquilli né dal punto di vista finanziario, né da quello politico. Se quello che è stato fatto finora non ha “funzionato” e se il Qe non è risolutore servirebbero probabilmente due cose. La prima è una politica europea diversa che stimoli gli investimenti e abbandoni l’austerity; la seconda è un vero programma di riforme in Italia.
A quest’ultimo riguardo, sempre sul FT ieri campeggiava un articolo sulla situazione grottesca, e inefficiente, del sistema giudiziario italiano in cui tra l’altro, aggiungiamo noi, processi che azzoppano per sempre importanti società industriali finiscono in mezze bolle di sapone. Anche dal lato “riforme” serve qualcosa di nuovo rispetto a quanto fatto finora e che non ha funzionato. In alternativa l’Italia sarà, come è ora, terra di conquista per chi compra a prezzi di saldo pezzi irripetibili di industria, o perché no, banche come suggeriva ieri sempre il FT (in un’edizione particolarmente “italiana”) con le retrograde popolari target di takeover dopo gli stress test europei. Senza industria, risparmio e banche non rimarrebbe molto.