L’articolo apparso ieri sul Financial Times sulla situazione di Mps non è di quelli che passa inosservati, soprattutto per gli osservatori di “cose” italiane. Il titolo “Le cose possono essere peggio di una testa di maiale per Banca Monte dei Paschi” è tutto un programma e fa riferimento alle teste di maiale lasciate davanti alla porta di un senior manager (italiani pizza e mafia sempre e comunque a certe latitudini….).  Lo scenario dipinto dal quotidiano della City non contiene luci ma è pieno di ombre nel raccontare le vicende che hanno portato la banca più vecchia del mondo a 5 miliardi di euro di aumento di capitale nel 2014 e ad altri 2,5 miliardi nel 2015, con in mezzo dei test europei che hanno evidenziato un deficit di capitale di 2,1 miliardi: il peggiore in tutta Europa. Ma questo non è tutto e il Financial Times decide di sottolineare altre tre cattive notizie per il futuro.



L’aumento di capitale non avverrà prima della metà del 2015 prolungando quindi di altri sei mesi l’incertezza sulla banca. In secondo luogo, l’azionariato di Mps è già pieno di investitori speculativi. Infine, l’aumento di capitale non farà finire i problemi della banca. Tutto questo considerando che le previsioni di crescita per l’Italia nel 2015 verranno probabilmente disattese. Se questa è l’analisi non c’è grande ottimismo nemmeno sulle soluzioni, dato che è “improbabile” che ci sia un compratore internazionale, mentre una fusione con una banca italiana è “complicata”. Un salvataggio pubblico è “politicamente impossibile” dato che Roma è “a corto di soldi”. Ecco il consiglio quindi: “Forse è tempo che un investitore aggressivo proponga lo spezzatino”.



Così si parla della terza banca italiana mentre le altre connazionali vengono definite semplicemente come “meno fallite” di Monte Paschi (“less broken”). Fa niente se il quotidiano scrive dal pulpito del Paese di Northern Rock e della nazionalizzata Royal bank of Scotland e che meno di un mese ha messo nero su bianco qualche perplessità sull’esito degli stress test sia per quanto riguarda il successo delle banche tedesche, sia dando conto delle lamentele  “italiane” per il trattamento riservato a Mps. Al di là dei toni e dei dubbi sull’imparzialità dei test, quello che conta oggi e che risulta difficilmente contestabile è che sulla terza banca italiana aleggiano scenari inquietanti in cui i “buchi” non sono finiti al punto che si consiglia lo “spezzatino” come unica soluzione veramente praticabile e definitiva. Il caso ovviamente getta un’ombra tutt’altro che rassicurante su tutto il sistema bancario italiano.



Ci sono almeno due aspetti da sottolineare. Il primo è che l’assetto del sistema bancario italiano dovrebbe occupare un posto abbastanza importante tra le preoccupazioni del Governo per la centralità che ha per tutto il sistema economico; non sono affermazioni da comunismo reale, altrimenti non si spiegherebbe come, ancora oggi, il Governo inglese sia azionista con una quota di più del 60% di Royal bank of Scotland. Forse l’esecutivo di Sua maestà avrebbe evitato che la terza banca del Paese si ritrovasse con un azionariato pieno di “fondi speculativi” (ci piacerebbe poi sapere, giusto per curiosità, se è vero che “l’amico di Renzi”, Davide Serra – come riportato dal FT – dopo gli stress test, ha shortato Monte Paschi e, se sì, se sia ancora corto).

Il secondo aspetto è che il sistema bancario italiano sta affrontando un problema molto difficile che diventa giorno dopo giorno più preoccupante: la crisi economica che dura da ormai sei anni trasforma le difficoltà delle banche in problemi e i problemi in drammi e pesa inevitabilmente sui bilanci degli istituti di credito che prestano a imprese e famiglie italiane in crisi nera.

Risolvere le situazioni di difficoltà all’interno del sistema bancario in questo scenario diventa inevitabilmente molto complicato, ma non per questo meno urgente, soprattutto per favorire crescita e ripresa; le debolezze del sistema, lasciate senza soluzione, diventano poi occasioni d’oro per la critica.