Ieri, in una giornata negativa per la borsa di Milano, Mps e Carige hanno chiuso con rialzi del 5,3% e del 6,7% rispettivamente. Sono le due banche italiane che non hanno passato gli stress test e che devono essere ricapitalizzate dato che l’esame europeo ha evidenziato un ammanco di capitale di 2,1 miliardi, per Montepaschi, e di 800 milioni di euro per Carige. Nonostante i rialzi di ieri i due titoli da lunedì 27 ottobre (la pubblicazione degli stress test è avvenuta domenica 26) sono ancora in forte ribasso: Montepaschi di più del 30% e Carige di circa il 20%.
I motivi di questo rimbalzo sono facilmente rintracciabili nelle pagine dei quotidiani economici e non; entrambe le banche sono da giorni al centro di speculazioni su possibili nuovi soci e acquirenti. Ieri, per esempio, sui giornali è finita la notizia di un fondo con sede a Hong Kong (Nit Holdings) interessato a mettere fino a 10 miliardi di euro nella banca toscana. Questo è l’ultimo di una serie di rumours e notizie che hanno riguardato nelle ultime due settimane le due banche. Per Carige si è parlato di interesse dei finanzieri Serra (ieri ha smentito), Bonomi e di Ubi e Bpm; per MontePaschi la lista non è meno lunga e va da fondazioni bancarie fino a player europei come Bnp e Santander (che ieri ha detto di non aver avuto contatti con Siena) passando persino da fondi di Hong Kong.
L’elenco lascia fuori sicuramente qualche nome tra quelli usciti. La lista in ogni caso è destinata ad allungarsi e il tema non passerà di moda a breve dato che ci sono aumenti di capitale diluitivi in vista e servono sicuramente nuovi soci. Per quanto le banche di cui sopra siano in difficoltà è chiaro che al giusto prezzo, magari molto basso, ci possano essere soggetti interessati. Mps, per esempio, è pur sempre la terza banca italiana e questa posizione ha comunque un valore in un’ottica di medio-lungo termine per chi non crede che l’economia italiana collassi definitivamente (lo speriamo anche noi nonostante l’assenza di miglioramenti e di riforme…). Anche Carige è sicuramente più di una piccola e marginale banca locale.
A essere coinvolte dai rumours, per motivi molto diversi, sono almeno altre 4/5 banche, popolari, che nella classifica italiana stanno comunque molto in alto: Ubi, Banco popolare, Bpm, Bper sono da mesi al centro di rumours per possibili aggregazioni sia tra “pari”, sia come aggregatori di banche più piccole (aggiungiamo tra i nomi emersi Creval, altra popolare, e Banca popolare di Sondrio), sia magari come “prede”. Il 2015 in questo senso è ritenuto dagli investitori come l’anno del consolidamento tra le banche italiane di media dimensione; questo processo è ben presente tra gli investitori italiani e non e il Financial Times già si è occupato (il 27 ottobre) del nuovo round di consolidamento bancario in Italia che “non coinvolgerà solo Mps” ma anche “le deboli banche di medie dimensioni conosciute come popolari”. L’equivalenza tra popolari e “banche deboli di medie dimensioni” è per il quotidiano della City, evidentemente, abbastanza pacifica, anche se, sinceramente e dopo quello che è successo dal 2008 in poi, certi accostamenti fanno davvero specie.
In pratica nei prossimi 12/18 mesi si deciderà il destino di una buona metà del sistema bancario italiano; meglio sottolineare che esso, sia come erogatore di credito che come gestore di risparmio, è di assoluta importanza per il sistema economico di un Paese e un elemento chiave per le prospettive economiche e in un certo senso persino per quelle politiche perché, per esempio, quando lo spread viaggiava oltre 500 avere un sistema bancario “italiano” che comprava Btp in fase di emissione non era certamente un “di meno”.
Storditi dai rumours, dalle performance di borsa, dagli articoli sulla supposta arretratezza di un sistema che ha retto in modo eccezionale alla crisi si rischia fortemente di perdere completamente la dimensione e la portata della questione che si giocherà nei prossimi mesi. Tale “questione” per importanza e impatto sulla vita di tutti non merita certamente di essere confinata nelle analisi degli analisti o di restare sul tavolo di investitori interessati, giustamente e solamente, al loro personalissimo profitto di brevissimo, breve o medio periodo e infine merita di uscire dai luoghi comuni di certa stampa che si è già dimenticata di Northern Rock, Lehman Brothers, fixing del Libor, fixing del cambio, ecc. e regala giudizi così discutibili che a qualcuno può venire in mente (quanta malafede nel mondo) che siano persino interessati.