Dopo le vicende, tutt’altro che concluse, legate al mercato brasiliano, via Tim Brasil, le vicende di Telecom Italia sono tornate a interessare il mercato italiano. Ieri il principale concorrente in Italia di Telecom, Vodafone, è intervenuto sull’ipotesi assolutamente concreta di acquisizione di Metroweb da parte dell’ex monopolista italiano; in particolare, il gigante europeo delle telecomunicazione ha chiesto all’autorithy di imporre la facoltà di ingresso nel capitale di Metroweb Italia anche a favore di altri operatori alternativi eventualmente interessati “per garantire una gestione della rete indipendente e neutrale”.

Lo scontro che sta avvenendo sulla relativamente piccola società italiana e sulla sua rete di fibra ottica può essere forse meglio compreso allargando lo spettro dell’analisi e prendendo in considerazione quanto sta succedendo sul mercato europeo.

Alcuni mesi fa primari operatori telecom (British Telecom) hanno deciso di entrare pesantemente sul mercato media, acquisendo i diritti live delle principali manifestazioni sportive nel tentativo di fidelizzare una clientela “infedele” che facilmente cambia il gestore della rete. Negli ultimissimi giorni, un altro “mega-deal” legato al settore telecom ha scalato le classifiche delle cronache finanziarie: Vodafone sarebbe interessata ad acquisire il principale operatore cable d’Europa, Liberty global, in un’operazione da circa 80 miliardi di euro (cinque volte la capitalizzazione di Telecom Italia).

Il settore telecom europeo sta vivendo una stagione decisamente effervescente in cui fusioni e acquisizioni, anche di dimensioni rilevantissime, sono ormai all’ordine del giorno. Il filo conduttore in questo scenario è quello della convergenza tra fisso e mobile e sempre di più anche tra telecomunicazione e televisione. Un cliente che “parla” con lo stesso operatore sia per il telefonino, che per internet e magari persino per la pay per view è un cliente che molto più difficilmente deciderà di rivolgersi alla concorrenza.

Questa evoluzione introduce un cambiamento, probabilmente strutturale, in un mercato in cui invece cambiare operatore era ed è estremamente facile e in cui, proprio a causa di questo, la competizione si è giocata sul prezzo a tutto discapito dei margini.

È in questo contesto che si colloca, con le sue specificità, la situazione italiana. L’asset “pregiato” è la rete telefonica su cui, come dimostra il caso Metroweb, si concentrano gli interessi degli operatori. In questo senso il principale concorrente di Telecom Italia, o la principale “minaccia”, è Vodafone che potrebbe in teoria decidere di costruire una rete alternativa. I rumours danno per certo un interesse di Vodafone per Fastweb, la cui acquisizione non si sarebbe ancora realizzata per le richieste giudicate troppo esose da parte di Swisscom.

Il mercato rimane però bloccato da diversi fattori. Il primo, e più banale, è che dopo 8 anni di recessione e prospettive di crescita economica risicatissime l’appetito per investire in Italia, anche in rete telefonica, non è comprensibilmente al massimo. Il secondo è che il principale operatore sta attraversando una fase di trasformazione sia per quanto riguarda il mantenimento della posizione sul mercato brasiliano (Telecom venderà o raddoppierà con un’operazione con Oi?), sia per quanto riguarda l’azionariato che deve ancora vedere l’ingresso di Vivendi. Infine, le “authorities” non hanno aiutato a definire un quadro chiaro e anche da parte governativa, complice l’avvicendamento dei premier, non arrivano indicazioni chiare.

In questo contesto Telecom Italia cerca di difendere la propria quota di mercato e la propria posizione tentando di investire il meno possibile. Non è una questione di cattiveria ma di ritorno sugli investimenti, dato che investire miliardi di euro in una fase economica depressa e in un contesto “politico-regolatorio” complicato non è consigliabile per un’azienda privata. La mossa su Metroweb da parte di Telecom è in questo senso probabilmente difensiva.

Questa è la situazione attuale, ma è chiaro che, prima o poi, la rivoluzione in atto in Europa arriverà anche al di qua delle Alpi. I temi al riguardo sono due. Il primo è il controllo di Telecom Italia; è vero che l’Italia non cresce e offre sfide burocratiche e incertezze, ma in uno scenario di consolidamento continentale e magari al prezzo giusto è lecito ipotizzare che qualcuno possa essere interessato. Il secondo, e dovrebbe riguardare qualsiasi governo che voglia promuovere la crescita, è quella della rete come infrastruttura necessaria al sistema-Paese su cui bisognerebbe almeno tenere il passo degli altri paesi. Sono temi secondari e non di cronaca solo per chi si limita a guardare il breve o brevissimo periodo.