Mediaset si è aggiudicata i diritti in esclusiva delle partite di Champions League per le stagioni dal 2015 al 2018 per una cifra di circa 700 milioni di euro complessivi. Chiunque in Italia dal 2015 vorrà vedere le partite di Coppa dei Campioni dovrà avere qualche tipo di “abbonamento” Mediaset. La cifra è imponente e le conseguenze e i significati di questa “vittoria” sono tanti e riguardano molteplici aspetti.
Il primo aspetto da sottolineare è che la cifra offerta da Mediaset è superiore di circa il 30% a quello che si stima essere stato offerto per le tre precedenti stagioni di coppa. Un rialzo di questo tipo non può essere spiegato in una migliore performance economica del Paese e nemmeno in migliori prestazioni delle squadre italiane in Europa. Per capire quello che sta accadendo si deve ricordare che a novembre BT group (British Telecom) si è aggiudicata le stesse tre stagioni, per il mercato inglese, per 900 milioni di sterline offrendo più del doppio di quanto aveva pagato Sky. La domanda, oggi come a novembre, è come mai si decida di “strapagare” per i diritti in diretta del calcio.
La risposta è identica a Londra e a Milano. I contenuti “live” e “premium”, come appunto il calcio in Coppa dei Campioni, sono diventati il bene più “prezioso” per le società media. L’offerta televisiva oggi è amplissima (centinaia di canali) con serie di ogni ordine e grado che si possono vedere e rivedere in qualsiasi momento saltando la “pubblicità”, senza considerare che questi stessi contenuti si possono recuperare in maniera illegale con una facilità estrema. I contenuti live hanno un orario di inizio e uno di fine obbligatori e che non è possibile modificare a piacimento, attraggono contemporaneamente tantissimi telespettatori e possono “forzare” gli appassionati a sorbirsi la pubblicità. Non solo, fruirne senza pagare è decisamente più complicato. Queste caratteristiche rendono tali contenuti un fattore chiave per guadagnare clienti e quote di mercato. Gli ovvi beneficiari dal lato sportivo sono le società di calcio che si ritrovano più soldi in cassa.
Il secondo spunto è che Sky Italia perde, in qualche modo, il monopolio dei contenuti premium ed è possibile immaginare che gli appassionati di calcio, clienti di Sky, nel 2015 si porranno qualche domanda e dovranno, quanto meno, aggiungere i servizi di Mediaset per non perdere l’agognata partita serale. Mediaset guadagna una formidabile leva per aumentare ricavi e numero di abbonati e mostra come non sia possibile competere fino in fondo rinunciando in partenza ai contenuti live sportivi. È la stessa Mediaset a sottolineare in un comunicato che il gruppo “dopo 10 anni di Champions League visibile a pagamento sia sul satellite, sia sul digitale terrestre, si è mosso per operare una forte discontinuità nel mercato delle emittenti pay in Italia”.
Mediaset aggiunge poi che, ovviamente, il tutto sarà visibile anche on-demand, online e su dispositivi mobili. L’offerta di contenuti televisivi su internet sta diventando sempre più comune. L’offerta di British Telecom per i diritti televisivi della Champions League delle squadre inglesi lo dimostra in modo inequivocabile; la separazione tra “internet” e televisione è sempre meno marcata.
L’ultimo aspetto, quello più strettamente economico e finanziario, è forse il più interessante. Offrire circa 700 milioni per tre anni, o 230 milioni circa all’anno, per una società, Mediaset Premium, che fattura circa 600 milioni all’anno è un’enormità: 700 milioni rappresentano circa il 15% della capitalizzazione di Mediaset. L’onere non è grande solo in termini assoluti, ma anche e soprattutto in termini relativi. Se, per qualsiasi motivo, i diritti della Coppa dei Campioni non si trasformassero in nuovi abbonati per Mediaset il problema sarebbe serio.
È chiaro che i benefici potenzialmente possono essere molto grandi, ma è altrettanto certo che lo sono anche i costi e l’investimento. Per questo non è per nulla strano immaginare che Mediaset voglia o debba trovare un partner che la accompagni nel rinnovato impegno nella pay tv. D’altronde Sky fa parte di un gruppo globale e i costi e gli investimenti necessari per giocare da protagonisti la partita della pay tv sono molto importanti.
In molti, tra gli investitori, si sono chiesti se per caso un’offerta così importante e coraggiosa non significhi che, in realtà, il parter sia già stato trovato. Potrebbe essere un’emittente o un socio arabo, Al Jazeera già trasmette partite del campionato in Francia; ma limitare le indagini, per individuare il nuovo potenziale socio, al solo settore media rischia di far mancare completamente il bersaglio. Bisognerebbe, almeno, prendere in considerazione il settore telecom. Sarebbe così assurdo immaginare Telecom Italia socia di Mediaset nel premium? Sicuramente non a Londra.