La borsa italiana ieri ha chiuso con uno strabiliante +3,62% più che annullando il tonfo di lunedì. Le principali piazze europee hanno ugualmente annullato i cali dell’altro ieri. I dubbi che si erano affacciati lunedì – e cioè se la crisi in Ucraina avrebbe potuto cambiare l’umore dei mercati e lo scenario di fondo – hanno avuto una risposta decisamente netta; in pratica nemmeno le, quasi, guerre possono fermare il rally. Lo spread Btp-Bund ha toccato i nuovi minimi da luglio 2011. La crisi in Ucraina potrebbe anche riservare qualche sorpresa negativa, ma il mercato è passato sopra tutto archiviando in pochissime ore quanto successo come se non fosse, in realtà, mai accaduto niente.

I mercati continuano quindi a sposare uno scenario di graduale ripresa economica in cui le banche centrali continueranno a sostenere l’economia con politiche espansive senza optare per brusche inversioni di marcia. In questo contesto spicca il mercato italiano con di gran lunga la migliore performance del 2014 tra le principali piazze europee; tutto questo avviene, lo ripetiamo fino alla noia, mentre “l’economia reale” vive un momento tragico.

Le notizie positive non si limitano, e non è poco, al mercato quotato. Nelle ultime settimane si sono succeduti annunci di fondi internazionali che hanno deciso di investire in Italia. Blackstone ha comprato il 5% della maggiore banca del Paese, palesando una scommessa sull’Italia in quanto tale. Le banche hanno infatti un rapporto strettissimo con l’economia del Paese in cui sono presenti.

L’ipotesi che sia in atto una scommessa sull’Italia in quanto tale più che su una certa impresa particolarmente interessante si può desumere dal numero ormai consistente di transazioni e rumours che hanno riguardato, per esempio, anche il settore immobiliare italiano. Blackstone ha lanciato un’Opa sul fondo quotato Atlantic 1, dopo l’acquisto della sede de Il Corriere della Sera. Lunedì i fondi di Soros hanno annunciato l’acquisto del 5% di Igd (centri commerciali). Non c’è solo il settore immobiliare. A fine gennaio il fondo americano Mariner ha comprato da Unicredit un portafoglio di crediti nel settore del project finance. Ancora le due principali banche italiane, Intesa e Unicredit, starebbero studiando la creazione di due veicoli a cui conferire portafogli di crediti in sofferenza (progetto più volte accostato a una quasi bad-bank) in collaborazione con il fondo, sempre americano, Kkr che investirebbe nei veicoli.

Non solo è in atto una scommessa sull’Italia in quanto tale, ma l’interesse della finanza “americana” per l’Italia sembra alle stelle (citiamo anche Blackrock al 7,8% di Telecom Italia). Immobili, banche, crediti in sofferenza sono tutte attività strettamente italiane, altamente “finanziarie” e ad alta intensità di capitale da cui non è possibile, eventualmente, uscire con delocalizzazioni o riduzione del personale.

Ora, le ipotesi che possano spiegare questo ingente dispiegamento di forze sull’Italia possono essere molteplici. L’investitore americano, che in media, ricordiamolo, a stento saprebbe indicare l’Italia su una cartina geografica europea, potrebbe essere semplicemente attratto da una facile possibilità di guadagno; basta una moda di qualche mese che dia il tempo di fare un giro sull’ottovolante della microscopica borsa italiana per poi affibbiare il classico cerino al retail per sistemare la performance dell’anno. D’altronde basta guardare un grafico del Dow Jones o dello S&P 500 per capire come mai ci possano essere incentivi a guardare altrove. La spiegazione regge un po’ meno se si considerano investimenti in attività decisamente meno liquide e più difficilmente liquidabili come immobili, crediti in sofferenza e partecipazioni del 5%.

Per questo si può prendere in considerazione anche l’ipotesi che sia in atto un intervento “di sistema” sull’Italia da parte degli Stati Uniti. È un’ipotesi da dirsi sottovoce non perchè non ci siano elementi ma perchè indimostrabile. In Italia, anche in modo confuso e perfino precipitoso, arrivano soldi veri e soprattutto si genera un clima “costruttivo” sul Paese, dall’estero, e nel Paese con i giornali che oltre a scrivere dell’imprenditore in difficoltà celebrano i rinnovati splendori della finanza italiana simbolo e anticipo della ripresa che verrà. L’Italia dopotutto aveva il terzo esercito in Iraq dopo Stati Uniti e Inghilterra ed è sicuramente più filoamericana della Germania; oppure per combattere il “nemico tedesco” serve un Italia che non sia schiantata e che potrebbe fare comodo nella posizione strategica che occupa.

Sono idee su cui si può discutere e dibattere all’infinito; quello invece su cui non si deve discutere e che ci si può limitare a constatare è questo interesse che la finanza a stelle e strisce ha riscoperto per l’Italia. È in ogni caso e comunque positivo, anche se le riforme si fanno sempre e solo a Roma.