Dopo i minimi dell’8 maggio a 148, lo spread Btp-Bund ha chiuso ieri a poco più di 180 punti dopo aver toccato quota 200 all’inizio della giornata; negli ultimi giorni il grafico di discesa dello spread, praticamente immacolato da settembre 2013, ha segnato qualche battuta a vuoto dando origine a un certo nervosisimo sui mercati. Anche la borsa ha avuto negli ultimi giorni qualche giornata “no” con cali decisi soprattutto dei titoli bancari.
Il dato sul Pil italiano del primo trimestre, sotto le attese e ancora in negativo, uscito settimana scorsa ha segnato una sorta di “rottura” rispetto al clima che si era respirato negli ultimi mesi di grandi rialzi e di entusiasmo per le speranze di ripresa. In particolare, si è cominciato a discutere dell’impatto delle prossime elezioni europee sui mercati, sulle borse e sui debiti sovrani. Dopo molti mesi siamo ritornati ai tempi in cui questo o quel primo ministro venivano messi in relazione con un certo spread; Berlusconi con lo spread a 550 e l’Italia fallita, Monti una settimana dopo con lo spread a 200 e l’Italia alla riscossa.
Si è capito da molti mesi che le cose non stanno così. L’economia italiana sta molto peggio di due anni fa, la ripresa non c’è e non si vede nemmeno, ma lo spread si è schiantato e gli investitori prestano soldi all’Italia a tassi molto bassi. Questo cambiamento è sicuramente dovuto all’azione delle banche centrali e alle dichiarazioni dei loro governatori; per quanto riguarda l’Europa, l’inizio della fine della questione dei debiti sovrani coincide con gli impegni presi da Mario Draghi. Negli ultimi giorni il mercato si è preso una sorta di pausa di riflessione rispetto al trend iniziato quasi un anno fa; non è ancora una questione di discesa dei prezzi delle azioni o di rialzo dello spread quasi fisiologici dopo così tanti mesi di un andamento positivo, ma di un momentaneo cambiamento dell’umore degli investitori.
È chiara a tutti la “finzione” dei mercati, la scommessa decisa presa su una ripresa che non c’è e su una normalizzazione dei mercati finanziari del tutto embrionale. Per esemplificare, il mercato italiano è salito e il costo del Btp sceso nonostante l’economia non migliori, né inizi a migliorare e nonostante un debito statale più alto di due anni fa. La tesi di fondo, già illustrata, è che le banche centrali continueranno a immettere liquidità è che la ripresa arriverà.
Questo scenario viene per la prima volta messo in discussione; l’andamento economico con un ennesimo segno meno davanti al Pil della terza economia dell’area euro ha reso evidente che la “ripresa” dell’economia è molto più difficile da ottenere di quella dei mercati. È perfettamente possibile che tutto possa riprendere ad andare così come siamo stati abituati nell’ultimo anno, anche perchè la riunione di giugno della Bce e le aspettative di nuovi interventi costituiscono al momento un supporto per i mercati.
Nel frattempo, però, ci sono le europee. Chi ha “comprato Italia” negli ultimi mesi evidentemente non ha messo in conto particolari problemi e lo stesso si può dire di chi, più in generale, ha comprato Europa. L’Italia è ed è entrata nel radar degli investitori in quanto porto attraente per giocare la “ripresa” mentre nascevano preoccupazioni sugli emergenti e dopo che molti mercati erano già andati ai massimi storici. Nessuno si è preoccupato delle possibili evoluzioni politiche; i mercati si sono “svegliati” a ridosso delle elezioni quando si è reso evidente che esse avrebbero potuto portare a cambiamenti imprevisti con considerevoli elementi di incertezza. Grillo primo partito in Italia con, magari, caduta del governo è uno scenario che include sicuramente elementi di incertezza rispetto a quello attuale.
La situazione economica non cambierà particolarmente tra venerdì, prima delle elezioni, e lunedì, ma questo elemento di rischio o incertezza in un certo senso costringe a prendere atto della situazione reale che è molto preoccupante e molto diversa da quella finta dei mercati. La realtà è quella di un’economia che viene da anni di fila di recessione, in cui non c’è ripresa, in cui non si fanno le riforme neanche più banali con un debito pubblico record; la burocrazia rimane assurda, il sistema giudiziario incredibilmente inefficiente, le tasse bizantine e altissime, non c’è nessuna idea di “sistema Paese”, ecc. I mercati, dicevamo, hanno preso una pausa per non farsi trovare impreparati nel caso in cui le elezioni europee determinassero una situazione politica ancora più debole e confusa e in cui, magari, i vincitori si rivelassero completamente inaffidabili. Non è chiaro quale sarà l’esito elettorale, ma al momento non si sconta uno scenario di particolare rottura rispetto a quello attuale.
È possibile che, magari dopo un iniziale volatilità, tutto possa tornare alla normalità continuando a sperare nelle banche centrali. Non è questo quello che conta; quello che conta è che le elezioni europee e le incertezze adesse collegate hanno costretto tutti a fare i conti con i numeri e la realtà veri; la strada per tornare a crescere è ancora molto lunga e servono tante cose: la Bce, la fine dell’austerity e una situazione politica che possa portare alle scelte e riforme giuste. L’ultimo punto è quello più direttamente toccato dalle elezioni e non c’è livello di spread o taglio dei tassi che possa sostituirla. I mercati lo capiscono nonostante “l’ubriacatura” da liquidità.