Contrariamente alle speranze di qualcuno, Standard & Poor’s ha confermato il rating BBB sull’Italia senza cambiare l’outlook che rimane negativo. La decisione di S&P’s sembra quasi stonata rispetto a un mercato azionario italiano letteralmente effervescente (ieri ancora +1,5% ai massimi degli ultimi tre anni) e a un rally del Btp praticamente senza soste; il mercato è sostanzialmente obbligato a credere e una ripresa che non c’è, non si vede e continua a essere rimandata nel tempo. L’agenzia di rating invece ha messo nero su bianco senza troppi giri di parole che le prospettive di crescita economica “rimangono deboli in termini reali e nominali”, che le prospettive di crescita modesta in Italia riflettono “incerti progressi degli ultimi tre governi nel riformare il mercato del lavoro e del prodotto”. Poi arrivano le preoccupazioni per un elevato debito pubblico e per il restringimento del credito.

Ma è proprio sul fronte della crescita che si concentra S&P’s per cui “le deboli prospettive del Pil sono la principale fonte di rischio” delle previsioni fiscali. L’elenco è impietoso: “un meccanismo di contrattazione dei salari organizzato a livello nazionale piuttosto che al livello della singola azienda che contribuisce alla rigidità dei salari senza rapporto con la produttività”; tasse sul lavoro elevate inclusi “costi giudiziari, legali e amministrativi”; un costo dell’energia “sostanzialmente più alto dei competitor” in parte dovuto alla “dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio”; incentivi fiscali e della legislazione del lavoro alle imprese a rimanere piccole; bassa mobilità interna del lavoro per “un mercato degli affitti sottosviluppato” e per le tasse notarili e degli avvocati sui compratori e venditori di immobili residenziali.

Poi arriva la cronaca ancora più cruda su quanto ha perso l’economia italiana negli ultimi anni: “L’attività economica del 2013 è stata inferiore dell’8% a quella del 2007” oltre alle “modeste riforme strutturali” implementate dalla crisi dell’eurozona. Anche S&P’s nota come l’azione della Bce sia stata e sia positiva. Infine, la doccia fredda; c’è una possibilità su tre che S&P’s riveda al ribasso il rating nel 2014 o nel 2015 se non verranno affrontate le rigidità del mercato del lavoro, dei servizi e dei prodotti. Renzi? Un breve accenno all’interno del testo per dire che nonostante le intenzioni del governo siano “incoraggianti” è troppo presto per stimare quanta parte del programma di governo verrà realizzata.

Ci sono due possibili reazioni alla decisione e alla motivazione di S&P’s. Una è la difesa per una bastonata ritenuta immeritata (e ce ne sono state da parte delle agenzie di rating non molti anni fa), una è quella che entra nel merito delle critiche e delle analisi. Non è facile riflettere lucidamente in questi mercati, con l’abbassamento dello spread e con le banche centrali che promettono di immettere liquidità a tempo indefinito. La realtà economica però, la disoccupazione record, il numero impressionante di imprese che hanno chiuso per non riaprire mai più e la mancanza totale di qualsiasi riforma incluse di quelle di maggior buon senso sono fatti impossibili da negare. Rimangono tasse record, un’amministrazione pubblica costosissima e inefficiente, una burocrazia asfissiante di cui tutti fanno esperienza mentre si rischia persino una figura internazionale di proporzioni enormi con la potenziale mancata realizzazione dell’Expo. La realtà è molto più allineata con l’analisi di S&P’s che con i “più” del mercato.

L’analisi dell’agenzia di rating ha il grande merito di mettere di fronte alla realtà vera, ai numeri veri di cui tutti fanno esperienza. Persino sulla bolletta elettrica non si può evitare di dissentire dopo che negli ultimi anni è stato fatto tutto per mettersi in una condizione di debolezza geopolitica estrema, pagando costi elevati. Intere categorie, soprattutto nel pubblico, sono rimaste completamente immuni a qualsiasi riforma e taglio in una crisi in cui il Paese è sprofondato e le imprese hanno chiuso. Il mercato del lavoro è spaccato tra super privilegiati e il resto, mentre nemmeno le imprese di buona volontà riescono a pagare di più e meglio chi se lo merita.

Gli investimenti statali in infrastrutture o nelle aziende pubbliche che funzionano sono quasi scomparsi mentre si coprono buchi di amministrazioni completamente fuori controllo dal punto di vista finanziario. Zero anche per quanto riguarda una qualsiasi visione strategica o di medio lungo periodo con le imprese manifatturiere in crisi nera e senza alcuna riflessione sulle prospettive di lungo termine per l’economia italiana.

In conclusione meglio leggere il comunicato stampa di Standard & Poor’s e dimenticarsi degli exploit del mercato da tempo slegato a qualsiasi realtà.