Le mire di Telecom Italia sulla brasiliana Gvt, a meno di nuovi e improbabili colpi di scena, sono finite ieri nel primo pomeriggio, quando Vivendi ha dichiarato al mercato di avere iniziato trattative in esclusiva con Telefonica. La “maxi” offerta di Telecom Italia non è rimasta sul tavolo neanche 24 ore dato che gli spagnoli hanno prontamente rilanciato di quel tanto che è bastato per togliere dalla partita l’ex monopolista pubblico italiano. Tim Brasil, l’ultima controllata estera di quello che fu un gruppo di rilevanza continentale con un portafoglio di Paesi di rilievo considerevole, è arrivata a un punto della sua storia industriale che richiedeva un salto in avanti; Tim Brasil, per anni definito il gioiello della corona, è ormai presente in un settore maturo dove la storia dei milioni di brasiliani che ancora devono comprare il primo telefonino è vecchia di molti trimestri. La pressione competitiva è aumentata e pur rimanendo una buona, o forse anche ottima società, le prospettive di crescita si sono di molto normalizzate.

Una fusione con Gvt, operatore del fisso, era il passo successivo naturale in un mondo che va verso la convergenza fisso-mobile, come in Europa e negli Stati Uniti, pena l’impoverimento della società e l’indebolimento della posizione competitiva. L’offerta di Telecom prevedeva una parte per cassa (1,7 miliardi su un totale di 7) e una, di gran lunga preponderante, in azioni con un aumento di capitale riservato a Vivendi che “conferiva” l’asset Gvt e che avrebbe portato la società francese a diventare il primo azionista di Telecom Italia con una quota di circa il 20%.

L’offerta di Telecom Italia, dicevamo, non è durata però neanche mezza giornata con Telefonica che ha immediatamente rilanciato la propria proposta originaria di circa il 10% (portandola a circa 7,5 miliardi) sorpassando quella italiana; il “sorpasso” non solo ha assicurato la vittoria, ma ha fatto fare a Telecom Italia e al suo management una figura non particolarmente lusinghiera. Dopo tre settimane dalla prima offerta di Telefonica per Gvt, la “reazione” di Telecom Italia tanto attesa ha dato vita a una gara durata nemmeno una mattinata.

Telefonica ha le spalle molto più larghe di Telecom Italia e una guida molto più salda; l’offerta finale è stata probabilmente troppo generosa ed è questo il motivo per cui il titolo Telecom alla notizia ha festeggiato, ma è chiaro che in un’ottica strategia e di lungo periodo in cui in palio c’è una presenza stabile con un buon posizionamento competitivo nel primo mercato del Sudamerica offrire un po’ di più del voluto non è particolarmente grave, soprattutto in una fase di rendimenti così bassi; i mercati e gli investitori, che guardano al breve o al brevissimo, fanno le proprie valutazioni su un orizzonte temporale che non supera i 2-3 anni (molto più probabilmente 2-3 trimestri). Probabilmente lo scontro era perso in partenza, ma Telecom Italia ha giocato esclusivamente in difesa muovendosi solo dopo la prima mossa di Telefonica e avendo “subito” per anni la strategia di un competitor che, tra le altre cose, risultava azionista di maggioranza relativa del gruppo italiano.

Alla fine di questa vicenda Telecom Italia ha certamente evitato di entrare in una “bidding war” senza pagare niente più del dovuto, ma i problemi non sono finiti. Il primo problema diventa proprio Tim Brasil; con l’operazione Telefonica/Gvt la posizione competitiva della controllata brasiliana di Telecom si indebolisce di molto e questo si rifletterà sia nei risultati futuri, sia nell’appetibilità della società per i compratori. A questo punto la scelta obbligata per Telecom è con ogni probabilità quella di uscire completamente dal mercato brasiliano e di farlo nel minor tempo possibile.

Il secondo problema, ben più importante, è quello di ripensare la propria strategia in Italia. La questione si pone indipendentemente dal fatto che Vivendi decida di farsi pagare da Telefonica una parte di Gvt in azioni Telecom Italia. I problemi sono quelli relativi alla presenza in un mercato maturo colpito da una grave recessione, da un debito elevato e dall’impossibilità, stante il contesto economico e normativo attuale, di avviare un piano di investimenti sulla rete. I problemi riguardano sia la società Telecom, sia il Paese che ha bisogno di una infrastruttura moderna e almeno al livello di quella delle principali economie sviluppate.

Il Brasile smetterà di essere una distrazione: ora rimane solo l’Italia e il futuro di Telecom nell’era di internet, dell’e-commerce, della televisione, ecc., non può essere un argomento confinato a investitori e azionisti, soprattutto per quanto riguarda il destino della rete.