Complice il salone dell’auto di Detroit con la presenza dell’amministratore delegato Sergio Marchionne, negli ultimi giorni Fiat Chrysler Automobiles (o Fca o per i più distratti solamente la vecchia Fiat) è tornata alla ribalta dopo qualche settimana di relative calma e tranquillità. In particolare, ha fatto notizia l’annuncio dell’assunzione di mille nuovi operai nello stabilimento di Melfi.



Per il “mercato” la novità è un segno del successo della Jeep Renegade e delle attese incoraggianti per il lancio della 500X, che potrebbero aiutare non poco i risultati del gruppo in Europa e in Italia, dove ha ancora circa 8 miliardi di euro di bara fiscale legata alle perdite pregresse. Per molti altri invece è un segnale di riscossa per il Paese e del nuovo impegno industriale in Italia di Fiat che oggi è una multinazionale con sede legale in Olanda, sede fiscale a Londra e quotazione a New York, oltre che conosciuta con il nuovo acronimo Fca.



L’appuntamento di Detroit è stato anche l’occasione per riparlare dello spin-off di Ferrari, la cui valutazione “sarà coerente con l’esclusività del marchio”; lo sbarco di Ferrari in borsa dovrebbe avvenire nel secondo trimestre, ma si può già affermare che sia stato un successo. Nonostante un mercato azionario abbastanza complicato, il titolo Fiat ha messo a segno un rialzo del 50% in poco più di due mesi: considerato che da un punto di vista strettamente industriale nel frattempo non è cambiato sostanzialmente nulla che possa giustificare questo exploit, si può concludere che l’attesa finanziaria per una valutazione più che piena di un “asset” oggettivamente esclusivo sia stato il motore principale della performance e che il tema sarà la stella polare del titolo fino alla data della quotazione per ancora molti mesi. La creazione di valore è quindi finanziaria e ricorda molto quella che si creò con lo spin-off di Cnh.



Dal punto di vista industriale, l’appuntamento più importante del 2015 è il lancio dei nuovi modelli Alfa Romeo su cui il gruppo ripone le principali speranze e che vedrà la luce dopo molti anni di rimandi. Per i nuovi modelli occorrerà aspettare qualche mese e il pubblico potrà ammirare le nuove vetture non prima di giugno 2015; dopo qualche mese ancora si saprà se il gruppo ha fatto abbastanza bene per farsi spazio nell’ultra-competitivo segmento premium dove i tedeschi godono di un predominio che attualmente sembra molto difficile da scalfire; il fascino del marchio del biscione, seppure appannato, è ancora abbastanza forte per attirare l’attenzione dei consumatori, ma è chiaro che i nuovi modelli dovranno essere sia all’altezza della aspettative, soprattutto dopo così tanti anni di annunci e rimandi, sia all’altezza della concorrenza. L’appuntamento dei nuovi modelli Alfa sarà decisivo per il gruppo, ma rimangono comunque sul tavolo questioni che trascendono Alfa e che si pongono anche in caso di successo dei nuovi modelli.

Marchionne ha dichiarato lunedì che “non ci sono colloqui in corso con altri produttori per un consolidamento”, ma ha ribadito che il settore ha bisogno di un ulteriore consolidamento e che occorre collaborare per sviluppare nuove tecnologie. Fiat Chrysler rimane comunque sensibilmente più piccola (quasi la metà) di concorrenti come Toyota, General Motors o Volkswagen da cui oltre tutto la separano diversi anni e molti miliardi di euro di investimenti sul fronte di “nuove” tecnologie come l’auto elettrica. Per capire il futuro del gruppo occorre dimenticare le notizie di oggi o di ieri, come lo spin-off di Ferrari, e mettersi nell’ottica dell’azionista di lungo periodo.

La missione di Marchionne, che si concluderà nel 2018 con le dimissioni, è quella di consegnare all’azionista Exor, la famiglia Agnelli, un investimento che sia stabilmente in grado di garantire ritorni e che non sia costantemente minacciato dalle fasi economiche o di mercato deboli. Negli ultimi anni è stato fatto moltissimo: lo spin-off di Cnh, lo sbarco nel redditizio e gigantesco mercato americano e da ultimo lo spin-off di Ferrari che la separa per sempre dai destini del gruppo Fiat. Rimane però una posizione competitiva subalterna rispetto a quella dei principali concorrenti; la dimensione e i milioni di auto vendute sono decisivi in un mercato, quello dell’auto, che richiede moltissimi investimenti.

La questione che si pone per il settore e per lo stesso Marchionne, quello di un ulteriore consolidamento, si pone evidentemente anche per l’azionista di lungo periodo che chiede un investimento in grado di stare sul mercato e produrre dividendi. Fitch ieri ha pronosticato in un report una fusione tra Fca a Psa, ma ha aggiunto che anche Volkswagen in Europa sarà coinvolta nel processo di consolidamento; evidentemente in uno scenario di lungo periodo Fiat non ha ancora finito la trasformazione ed è lecito chiedersi come e con che livello di coinvolgimento l’azionista di maggioranza voglia rimanere nel futuro.

Questa è la vera questione sul tavolo e riguarda un’evoluzione più importante di quelle accadute finora. L’orizzonte è il 2018, quando si dimetterà Marchionne; è presumibile che per quella data il manager italo-canadese vorrà aver concluso il proprio lavoro.