Le ultime settimane e mesi sono stati particolarmente movimentati per Telecom Italia, prima con le ipotesi sulla destinazione della “rete” e gli investimenti, poi con la salita nell’azionariato di Vivendi. Ieri, per non farsi mancare nulla, si è “riaperto” il fronte brasiliano con la società brasiliana Oi che ha dichiarato di aver ricevuto una lettera dal fondo russo LetterOne in cui si manifestava l’intenzione di investire circa 4 miliardi di dollari in una possibile fusione tra Tim Brasi e Oi. La notizia è bastata, come da copione, per muovere l’azione Telecom confermando tra l’altro l’impressione che la società stia attraversando una fase di grandi cambiamenti.

Non è chiaro quanto sia concreta l’ipotesi avanzata dal fondo russo, ma si può comunque affermare che una fusione tra Oi e Tim Brasil avrebbe senso industriale; l’unione tra, rispettivamente, il quarto e il secondo operatore darebbe vita al leader di mercato in Brasile.

Telecom Italia da anni cerca di rafforzare la propria posizione strategica nel mercato brasiliano facendo un salto in avanti, ma lo scenario deve comunque essere guardato nell’ottica giusta. Per quanto importante sia la presenza in Brasile di Telecom Italia, la parte italiana del business nel 2014 ha realizzato profitti quasi quattro volte superiori a quella brasiliana, senza contare che Telecom possiede “solo” due terzi del capitale di Tim Brasil. La crisi economica in Brasile e la svalutazione del cambio peggiora ulteriormente il confronto. Un’eventuale fusione in Brasile o una definitiva riallocazione strategica non risolverebbe i problemi della parte più importante del business e della strategia generale di Telecom Italia.

Mentre usciva la notizia dell’offerta di LetterOne, si apprendeva nel weekend di un nuovo piano per gli investimenti in banda larga; in particolare, si ipotizzava la creazione di una nuova società partecipata da Enel, da operatori tlc e da partner finanziari. Enel deve sostituire i contatori elettrici e potrebbe farsi carico di costi per altri operatori probabilmente inarrivabili della contemporanea posa della fibra; la stessa Enel potrebbe anche occuparsi della gestione della “rete”. L’ad di Vodafone Italia si è già detto disponibile a partecipare a un piano con Enel come punto di riferimento. L’operazione centrata su Enel e aperta “a chi ci sta” non è probabilmente il migliore dei mondi possibili per Telecom Italia, che invece dovrebbe chiudere l’accordo con Metroweb. Telecom Italia, comprensibilmente, non può essere entusiasta di fronte alla creazione di un progetto concorrente nella fibra che rischia di minacciare il suo vantaggio competitivo.

Le ipotesi che si sono susseguite in questi mesi sul destino degli investimenti in rete non hanno mai dato l’impressione di essere in fase avanzata; è chiaro che Enel potrebbe giocare un ruolo importante dato che deve già entrare in migliaia di case per cambiare i contatori, ma quale sia il contesto societario o legale in cui questo ruolo possa essere giocato non è affatto certo. Allo stesso modo è chiaro che il governo ha interesse a promuovere gli investimenti in fibra anche nell’ottica di rilanciare l’economia, ma non è affatto noto se esista un progetto di medio lungo termine definito; Telecom Italia invece vuole difendere la propria posizione competitiva.

Rumours e ipotesi continuano a essere avanzate senza però che si arrivi a un salto qualitativo vero nelle trattative. Nel frattempo in Telecom Italia c’è un nuovo azionista di riferimento con una quota superiore al 20%; Vivendi ha dichiarato di essere un azionista di lungo periodo e di ritenere la partecipazione in Telecom Italia strategica per i propri piani in sud Europa. In un contesto continentale di consolidamento, a Telecom verrà attribuito un ruolo che verrà deciso, giustamente, anche da Vivendi.

Una fase così prolungata di rumours fa sicuramente bene all’azione Telecom Italia che ha ormai indubbiamente un “appeal” speculativo; quanto questa fase di incertezza faccia bene alla società e agli investimenti in fibra in Italia è invece un altro discorso. In generale vale sempre l’assunto che contesti incerti sono sempre una cattiva notizia per chi vuole investire.