I rumour e le dichiarazioni su Telecom Italia non si sono fermati neanche ieri nella settimana che ha visto Vivendi vincere con un netto due a zero fuori casa nell’assemblea in cui si decideva sulla proposta di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie e su quella dell’allargamento del cda. La cronaca della giornata è iniziata con l’immancabile rumour quotidiano su Telecom e dintorni; in particolare, si ipotizzava l’acquisto da parte di Telecom Italia di Metroweb attraverso un aumento di capitale riservato al termine del quale la Cdp si troverebbe in pancia una quota di Telecom Italia compresa tra il 2% e il 3%. Nel corso della giornata interveniva l’amministratore delegato Patuano che dichiarava, in merito a possibili progetti di collaborazione con Metroweb, che “non si è parlato di prezzo né di opzioni finanziarie”.
A illuminare ulteriormente un quadro già così preciso ha contribuito anche il primo ministro Renzi con due dichiarazioni che, in modo diverso, passeranno sicuramente agli annali. La prima è stata “le scelte dei soci Telecom e di Cdp attengono a valutazioni sulle quali non apro bocca e non commento”; la seconda è “non rispondo a domande su aziende quotate. Dico solo che in passato il governo, nel 1997, ha scelto la strada della privatizzazione e quindi si è fatta una scelta”.
Vorremmo a questo punto sottolineare tre aspetti di questa vicenda surreale. Il primo è che da mesi si sente di tutto e di più su Telecom Italia e in particolare abbondano grandemente rumour su possibili interventi “governativi” o di Stato diretti o indiretti sull’ex monopolista italiano. Si è parlato di separazione societaria della rete, di ingresso dello Stato con una quota nella rete di banda larga, di intervento dell’Enel, e ora di ingresso di Cdp nel capitale di Telecom Italia con una quota del 2-3%. Siamo sicuri di esserci persi per strada qualche ipotesi degli ultimi due anni, ma l’idea dovrebbe essere comunque chiara.
Nel frattempo, dopo mesi e mesi di progetti finiti sui giornali e mezzi annunci e dichiarazioni che non hanno prodotto assolutamente niente se non una grandissima confusione, Vivendi è diventata il primo azionista di Telecom Italia e ha preso il controllo dell’assemblea ordinaria respingendo proposte di mercato e cambiando sostanzialmente gli equilibri del cda. Alla mole di dichiarazioni e rumour ininfluenti si contrappone un intervento decisivo e reale avvenuto con così poche dichiarazioni che nessuno ha ancora capito bene quali siano gli obiettivi veri di lungo periodo e industriali del nuovo “padrone” di Telecom Italia.
Il secondo punto che vorremmo sottolineare è quello sulla non risposta a domande su aziende quotate e sulle scelte di Cdp su cui il primo ministro non commenta. Deve esserci stato un profondo cambio di strategia di comunicazione dopo la gestione dei rumour, a mercato aperto, nei giorni dell’introduzione del decreto sulle popolari e ovviamente ce ne rallegriamo. Ci pare poi che Cdp non sia completamente estranea al governo.
Vorremmo infine, terzo aspetto, fermarci un attimo sull’affermazione secondo cui la scelta di privatizzare Telecom Italia è stata fatta tanti anni fa. Orange, l’ex monopolista pubblico francese già noto ai più con il vecchio nome di France Telecom, è una società privata di cui il governo francese mantiene saldamente il controllo con una partecipazione “molto pesante” del 23%. Nell’assemblea di martedì con cui il controllo sostanziale di Telecom Italia, l’ex monopolista italiano proprietario della strategica rete a banda larga, è passato di mano, Vivendi ha vinto la partita anche grazie all’intervento della Caisse des dépôts et consignations francese che è statale. Quindi, riassumendo, un investitore privato francese, Vivendi, prende il controllo dell’ex monopolista pubblico italiano con l’aiuto, indiretto, dello Stato francese. Una situazione che a parti inverse sarebbe ridicolo solo osare a pensare e che non ha corrispettivi in nessun altro dei principali Paesi europei.
Se il governo vuole assicurarsi una governance di Telecom Italia che sia coerente con gli obiettivi strategici e industriali del Paese, sempre ammesso che questa sia la preoccupazione, dovrebbe semplicemente intervenire con fatti e azioni; non ci sarebbe proprio niente da vergognarsi e, anzi, l’unica cosa davvero imbarazzante, per l’Italia, è lo spettacolo a cui abbiamo assistito finora.