Ieri Ei Towers, il cui principale azionista è Mediaset con il 40%, ha annunciato un’offerta su Rai Way a 4,5 euro per azione di cui 3,13 in cassa e il resto in azioni Ei Towers. Al termine dell’operazione il nuovo assetto azionario della società vedrebbe Mediaset con una quota di circa il 30% e la Rai con una di circa il 15%. L’annuncio ha scatenato una quantità infinita di proteste, grida di preoccupazione, “altolà” oltre che opposizione di autorità di diverso ordine e grado. Per alcuni deputati del M5S è una svendita, per qualcuno del Pd è un’offerta poco comprensibile, il sindacato dei giornalisti televisivi ha chiesto all’Autorità per la concorrenza e il mercato di aprire un’istruttoria. Tutto questo fino a quando il governo è intervenuto a gamba tesa con un interventismo che non ci saremmo mai aspettati dopo tutto quello che è successo nelle ultime settimane.

Il Governo italiano ha dichiarato infatti in serata che Ray Way deve rimanere al 51% della Rai. La dichiarazione è arrivata a mercato chiuso, anche se eravamo abituati a quelle a mercato aperto che hanno contribuito alla fiera dell’insider che si è avuta sulle banche popolari. Si può toccare tutto in Italia: infrastrutture strategiche comprese, ma la Rai no (e il canone nemmeno)! Si possono cambiare d’ufficio gli statuti di banche private quotate e la Costituzione, ma il prospetto di Rai Way no! Confessiamo un certo smarrimento di fronte a una tale levata di scudi.

Partiamo dall’inizio. Che il matrimonio tra Rai Way ed Ei Towers avesse moltissimo senso industriale e proprio per questo fosse considerato probabile è noto da molti mesi; ci sono report di analisti datati ottobre che hanno messo nero su bianco questa possibilità e sottolineato il senso industriale di questa fusione. I nomi e gli azionisti possono trarre in inganno, ma quello che è successo non è assolutamente niente di assimilabile a Mediaset che compra la Rai o cose simili.

Ei Towers possiede torri da cui partono il segnale televisivi e Rai Way fa esattamente la stessa cosa. Mediaset e la Rai affittano queste torri per trasmettere il segnale pagando un affitto. Bersani ieri ha paragonato l’operazione al Milan che compra l’Inter; ci sembra, sinceramente, un paragone completamente sbagliato. Forse il paragone calcistico più azzeccato è il Milan e l’Inter che pagano un affitto allo stesso stadio: non ci risulta, nello specifico, che questo abbia impedito un’accesa e sana competizione negli ultimi, molti, decenni di coabitazione; i destini delle due squadre si separeranno per un mero calcolo economico.

Mettere insieme due società che fanno la stessa cosa e offrono un servizio indifferenziato e indifferenziabile non dovrebbe essere uno scandalo e se mai c’è un’attività che si presta al monopolio questa è una di tale categoria allo stesso modo del monopolio della rete telecom o di quella autostradale o elettrica o del gas; oltretutto si generano importanti sinergie che non fanno mai male. Quale sarebbe il rischio per la Rai o per qualsiasi altra televisione concorrente? Di certo non il rischio di vedersi negare l’accesso alle torri perché, per fare un esempio, nessun imprenditore immobiliare sano di mente nega ai migliori clienti non sostituibili (la Rai è abbastanza grande in Italia) la possibilità di affittare una casa, soprattutto se questo cliente è anche il secondo maggiore azionista con posti in cda.

Questa ipotesi è oltre il surreale. Il pericolo vero sarebbe in una differenza di prezzo che alterasse la competizione, ma già oggi Ei Towers deve garantire a tutti le stesse condizioni fatte a Mediaset fatta salva una ovvia questione di volumi. Basterebbe semplicemente richiedere alla nuova società di offrire gli stessi prezzi a tutti; siamo certi che non ci sarebbe nessuna opposizione.

Tocchiamo l’ultimo punto che è quello della svendita. L’offerta di Ei Towers offre un premio del 22% sulle quotazioni di martedì e del 52,7% su quelle del primo giorno di quotazione che è vecchio di appena tre mesi. La stragrande maggioranza degli analisti ha ritenuto questo prezzo “ricco”. Chi lo spiega adesso agli azionisti di Rai Way? Che poi saremmo tutti noi italiani tramite la Rai… Ma evidentemente il voto dei dipendenti della Rai pesa incommensurabilmente di più del nostro.

Un’operazione neutrale per la concorrenza vera, industriale e di mercato è saltata per l’opposizione del Governo. Cosa abbiamo imparato? Abbiamo imparato questo: non si interviene quando società a controllo pubblico vendono gioielli tecnologici (come Ansaldo Sts), si può fare cassa con asset strategici per il Paese che pagano dividendi che sono un multiplo del rendimento del Btp come Enel, fa niente se il 30% del sistema bancario del Paese viene consegnato manu militari alla peggior speculazione e alla finanza estera. Sottolineiamo su quest’ultimo punto che ieri Il Corriere della Sera indicava una prima bozza dei probabili acquirenti di Bpm una volta che, grazie al decreto sulle popolari, chi vorrà potrà liberamente compararla ed entrare nel cuore del sistema industriale italiano: Deutsche Bank, Santander, Credit Agricole e Bnp Paribas. A parti inverse non solo sarebbe impossibile ma perfino inconcepibile

Dicevamo si può vendere e svendere tutto e il Governo lascia fare, ma non si possono toccare in nessun modo nemmeno indiretto un gruppo di dipendenti semipubblici di un’azienda che fa un prodotto discutibile e con parametri di efficienza subottimali obbligando tutti a pagare. Venderemo Eni ed Enel e poi Saipem e poi partiranno le popolari, ma Rai Way no! Le antenne televisive non si possono fondere con Ei Towers! D’altronde da disoccupati saremo assolutamente certi di poter ingannare la giornata con La prova del cuoco e I fatti vostri.