L’antipatica questione dei pedaggi autostradali è uscita dai riflettori all’inizio di gennaio dopo l’approvazione degli usuali incrementi; in realtà, nel 2015 il rialzo delle tariffe sarà abbastanza contenuto (inferiore al 2%) e forse anche per questo la vicenda ha perso diverse posizioni nella classifica degli argomenti fatti apposta per far arrabbiare i “consumatori”. Tuttavia il tema che ha smesso di appassionare i contribuenti continua ad appassionare, e molto, le società autostradali, il governo e gli investitori.
Il governo italiano si è fatto infatti promotore presso la Commissione europea di un cambiamento della regolamentazione che consenta l’allungamento delle concessioni autostradali. Per esempio, secondo Milano Finanza Autostrade per l’Italia (posseduta da Atlantia dei Benetton) che controlla circa 3.000 km di autostrade in Italia avrebbe chiesto un allungamento della concessione di 5-6 anni oltre il 2038 per poter finanziare un nuovo investimento da 3,5 miliardi di euro (la Gronda di Genova) senza generare incrementi tariffari troppo elevati; ancora più consistente sarebbe l’allungamento richiesto dalle società del gruppo Sias.
L’argomento è sinceramente abbastanza complesso, ma vale la pena con un po’ di pazienza entrare nel merito. Ci sono tratti autostradali in Italia che negli ultimi 5 anni hanno registrato incrementi tariffari cumulati di oltre il 30% mentre il traffico crollava sotto il peso della crisi. Chi fa investimenti autostradali ha un rendimento garantito dal governo e se il traffico crolla occorre agire sulle tariffe; il rendimento è in media circa il 10% pre tasse reale (oggi il decennale rende l’1,5%). Più si investe, più le tariffe devono aumentare per garantire i rendimenti. L’unico modo per fare in modo che i privati facciano investimenti senza provocare aumenti a due cifre delle tariffe è aumentare la durata.
Dato che i soldi spesi subito valgono molto di più dei ricavi ottenuti più in là nel tempo l’effetto sull’estensione della durata è molto pronunciato. Oggi, per esempio, i figli maggiorenni di chi in questo momento va all’università dovranno ancora pagare un pedaggio ai Benetton (via Atlantia) mentre i 50enni non faranno in tempo a pagarli a qualcun altro. Il meccanismo, insomma, è abbastanza perverso: più si investe oggi, più bisogna allungare le concessioni al punto che le gare non vedranno sostanzialmente mai la luce. Allungare una concessione che rende un 10% circa pre tasse non è un cattivo affare se il resto del mondo investe nel decennale italiano all’1,5%.
A proposito di cattivi affari: oggi l’indice di borsa italiano sta alla metà dei massimi del 2007, Atlantia invece è praticamente ai massimi di sempre e Sias (Torino Milano tra le altre) appena il 20% sotto. In pratica due business per la grandissima maggioranza italiani hanno fatto molto meglio del resto del mercato. Autostrade per l’Italia farà nel 2014 un reddito operativo superiore a quello del 2007 nonostante un calo del Pil in mezzo del 10%; la crisi dalle parti delle autostrade non si sa praticamente nemmeno cosa sia.
Il governo ovviamente ha tutto l’interesse a fare in modo che si continui a investire e che si investa più prima che dopo e in questo senso la cosa più facile e immediata e farlo fare a chi ha i soldi subito. Le concessionarie autostradali hanno grandi possibilità di spendere e voglia, soprattutto a certi rendimenti ovviamente, ma è palese che a furia di estensioni si creano dei mostri in cui i contribuenti al posto di pagare allo Stato per le autostrade pagano a dei privati per decenni e decenni con rendimenti che possono diventare un po’ troppo generosi, mentre pur di non violare i patti si arriva a situazioni in cui a un abitante di Milano conviene prendere l’aereo piuttosto che andare in Val d’Aosta a sciare in macchina.
Dicevamo della Commissione europea, che è contro l’allungamento delle concessioni perché impedirebbe la competizione. È chiaro, infatti, che una concessione con scadenza 2020 dovrebbe essere messa a gara, mentre in caso di allungamento i fortunati che ce l’hanno se la tengono ancora per molti anni. Mettere a gara una concessione non sembra un cattivo affare per lo Stato, che prenderebbe i soldi del vincitore. Quanto vale in una fase di rendimenti schiantati un’autostrada, per esempio, in uno dei cuori industriali europei? Perché gli investimenti di oggi non possono creare un credito (diritto di subentro) che verrà pagato dal prossimo vincitore invece di fossilizzare una situazione in cui a un monopolio pubblico se ne sostituiscono 4 o 5 privati? Per andare da Milano a Roma c’è infatti sempre e solo un’autostrada. Se scendessero i rendimenti, soprattutto con la fame di ritorno di oggi, si potrebbe perfino ipotizzare un calo delle tariffe, ma tutto questo è utopia fino a che non si va a gara; se non si possono fare le gare per un motivo o per l’altro che senso ha avuto sostituire un monopolio statale con uno privato che rende il 10% religiosamente tutti gli anni?
Non è un dibattito da pericolosi comunisti e la prova provata è che proprio in questi giorni queste stesse domande se le è fatte Le Monde in Francia, arrivando alla conclusione che forse, visto quello che si è visto negli ultimi anni, è addirittura meglio far pagare tutto allo Stato con le tasse ed eliminare i pedaggi. La locomotiva d’Europa, la Germania, non ha niente di tutto questo e sta benissimo. Stupidi loro… .o noi? Magari se ne può discutere serenamente prima di lasciare la patata bollente ai figli dei figli di chi oggi fa l’università, mentre si costruiscono gigantesche rendite private coi soldi di tutti.