L’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, è intervenuto di nuovo in merito alle possibili-probabili nuove alleanze del gruppo che guida. Il manager italo-canadese in particolare è intervenuto su quattro nomi: un’alleanza con Ford o General Motors è “tecnicamente possibile”, con Peugeot “non si risolve in problema globale di Fca”, mentre per quanto riguarda Volkswagen ha precisato che “non ha mai avuto incontri”. In tutto questo Marchionne ha anche dichiarato che “c’è tantissimo lavoro per capire se è possibile fare un’alleanza e con chi” e che il partner ” non è ancora stato trovato”. 



Le dichiarazioni di Marchionne non aiutano a chiarirsi le idee e non circoscrivono particolarmente il gruppo dei potenziali candidati, ma è comunque significativo che dopo mesi dalle prime dichiarazioni sulla necessità di un nuovo salto in avanti, datate autunno 2014, si cominci per la prima volta a discutere di nomi e cognomi. 



A questo punto non si può fare a meno di notare due cose. La prima è che la reazione del mercato a queste dichiarazioni che sono salite subito agli onori della cronaca è stata all’inizio molto contenuta e solo da metà giornata è cominciato il rialzo che ha portato a una chiusura da +5%. Ci sono solo due possibili spiegazioni: la prima è che il mercato non abbia immediatamente realizzato che un’alleanza di questa portata fosse di particolare importanza, la seconda è che non pensasse che le dichiarazioni di cui sopra fossero una novità assoluta. 

La seconda ipotesi è evidentemente quella giusta; il mercato è stato costretto a ragionare sull’ipotesi di un’altra aggregazione da almeno sei mesi e la performance stellare del titolo ne è la dimostrazione. Torneremo più avanti su quale sia l’interpretazione più corretta da dare al rialzo di Fiat Chrysler degli ultimi mesi. 



La seconda cosa da notare è che le dichiarazioni di Marchionne sembrano molto “confuse” e soprattutto non si può fare a meno di cogliere una nota stonata; insomma, si parla dell’evento “finale” della Fiat così come l’abbiamo conosciuta e si buttano lì nomi come se nulla fosse? Evidentemente non è così, mentre è molto più ragionevole supporre che siamo in una fase negoziale in cui si parla ai possibili compratori/partner per metterli in competizione e che bisogna far digerire la novità piano piano al pubblico.

Parliamo ora di “alleanze”. Il termine può essere appropriato o estremamente fuorviante. Un’operazione con Psa sarebbe tra pari perché le due società capitalizzano allo stesso modo. Fca capitalizza circa 19 miliardi di euro (ma ha dentro Ferrari che verrà spinoffata prima di un’eventuale fusione) e Psa circa 13 miliardi. In questo caso sarebbe corretto parlare di alleanza. Ford e Gm capitalizzano circa 60 miliardi di euro e quindi sono grandi 3 o 4 volte Fiat, a seconda di quanto si creda valga Ferrari, per il momento ancora in pancia al gruppo. In questo caso la parola più “giusta” tra alleanza e acquisizione è sicuramente la seconda. 

Mettere nello stesso insieme Psa o Ford è molto discutibile anche per il diversissimo impatto industriale. In un caso infatti “Fiat” e i suoi azionisti dovrebbero farsi carico in prima persona della sfida industriale, nel secondo invece la gestione sarebbe evidentemente consegnata al gruppo che già oggi con la dimensione attuale può stare sul mercato; Fca potrà anche essere molto pregiata, ma ha un problema strutturale da risolvere, la dimensione, che Ford, Gm e Volkswagen non hanno. Un’operazione con una di queste tre società risolverebbe il problema a Fiat, ma è chiara l’enorme differenza che c’è tra farsi risolvere il problema consegnandosi a un gruppo 3 o 4 volte più grande che non ha bisogno di nessuna operazione oppure risolverlo in prima persona cercando un partner di pari dimensione che condivida lo sforzo. La sfida industriale c’è solo nel secondo caso.

Il partner più “ideale” per Fca, ad di là di quale sarà l’esito, è Volkswagen e su questo gli analisti hanno molti pochi dubbi. A Volkswagen mancano infatti due cose importanti che invece Fca ha e cioè una quota di mercato importante negli Stati Uniti e un altro marchio premium dal fascino, teorico, innegabile come Alfa Romeo. Possono ovviamente entrare in gioco altre variabili come il prezzo, su cui Volkswagen in teoria sarebbe imbattibile, o politiche che invece peseranno eccome perché Chrysler, che è stata consegnata a prezzi stracciati a Fiat, non può essere rivenduta ai “tedeschi” con lautissima plusvalenza qualche anno dopo senza che qualcuno, tra i politici americani, alzi almeno una mano. 

Vorremmo infine precisare che il premio di consolazione di cui si sta già parlando e di cui si parlerà più passerà il tempo – e cioè la “notizia” che gli Agnelli saranno il primo azionista dell’eventuale nuovo gruppo con una quota del 5-6% nel caso di Volkswagen o del 7-8% nel caso di Gm e Ford – è veramente molto molto misero e buono solo per mascherare il dato più importante e cioè che prima gli Agnelli controllavano il 30% del gruppo, comandavano ed erano soci “industriali” e dopo molto meno della metà e soci finanziari. Questo è uno degli esiti possibili (l’ha “confermato” in un certo senso Marchionne), sicuramente non l’unico, ma è bene fin da subito capire di cosa si sta veramente parlando.