L’appuntamento annuale del salone dell’auto di Ginevra sta lasciando il solito strascico di dichiarazioni di vario ordine e grado. Ieri l’ad di Fca Marchionne non si è tirato indietro ed è intervenuto su vari punti di particolare interesse per il gruppo che guida. Le nuove assunzioni sono certamente importanti, così come il fatto che Ferrari pagherà le tasse in Italia, ma probabilmente concentrarsi su questi temi rischia di far perdere di vista il quadro generale e soprattutto i cambiamenti radicali a cui il gruppo andrà in contro nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda Ferrari, le notizie più importanti date da Marchionne ieri sono due. La prima è che a giugno potrebbe essere messa sul mercato una quota di Ferrari superiore al 10% perché la domanda sarà molto forte e che in teoria sarebbe possibile vendere l’intera partecipazione anche se è “improbabile”. Bisogna avere tre mesi di pazienza per capire come andrà a finire, ma è davvero difficile che chi ha in mano una società come Ferrari voglia liberarsene per poi magare mettere i soldi sul decennale italiano all’1%. La seconda è che il marchio italiano per eccellenza non sarà quotato a Milano, ma a New York e forse, ma non è detto, per una seconda quotazione bisognerà vedere chi la spunterà tra Londra e Milano. Non è un gran segnale per il listino nostrano (venduto a Londra con una decisione che si sta mostrando devastante) che dovrebbe essere la vetrina dell’economia italiana, ma d’altronde già moltissimi nostri imprenditori, privati e pubblici, hanno deciso di vendere e lasciare l’Italia: l’impressione fortissima è davvero quella di un “fuggi fuggi” da un Paese allo sbando. L’immagine di una Fiat (che non esiste più e ormai è Fca) che dall’Italia conquista il mondo è buona ormai solo per i lettori dei quotidiani italiani, dato che si sta pur sempre parlando di una società con sede legale in Olanda, sede fiscale in Inghilterra e quotata a New York.
Il secondo tema è quello della prossima fusione che coinvolgerà Fiat Chrysler. Marchionne ha dichiarato ieri che “ha in mente il partner ideale” e che Volkswagen però “non è ideale” per un’integrazione. Per capire cosa abbia in mente il manager italo-canadese e come leggere le dichiarazione è necessaria una premessa fondamentale. L’operazione di cui si sta parlando non è un appendice di quella già risolutiva con Chrysler, ma è un altro salto quantico per un gruppo che capitalizza (dopo un rally da +100% in 5 mesi) ancora meno di un quinto di colossi come Volkswagen. Le dichiarazioni, anche di Elkann, da questo autunno sull’esigenza di un consolidamento e sulla disponibilità della famiglia a diluirsi dicono sostanzialmente che siamo già da mesi in una fase negoziale. Le dichiarazioni vanno quindi lette e interpretate alla luce di questa fase.
Il problema degli Agnelli è sempre lo stesso ed è quello di avere un investimento in grado di produrre risultati stabilmente in un settore estremamente “pesante” (servono investimenti miliardari), complicato e competitivo. La storia è quello di un gruppo che è già stato venduto una volta, a Gm prima che gli americani si pentissero, e che prima di Marchionne è stato in serissime difficoltà economiche e industriali; Marchionne però non è eterno e comandare un gruppo, sicuramente più forte di prima, in un settore così difficile da una posizione competitiva debole (le dimensioni sono importanti) non è particolarmente rassicurante nel medio-lungo termine. Le prospettive sarebbero rassicuranti se la dimensione fosse già ottimale, ma per colmare il gap che c’è tra il gruppo di oggi e queste dimensioni occorre vincere altre sfide industriali molto difficili.
La domanda quindi è quale sia il partner ideale per Fca. Probabilmente non Gm, che ha già una quota di mercato importante negli Usa, probabilmente non i francesi che hanno dimostrato negli anni di non voler accettare tagli di produzione che nel caso di una fusione con un gruppo europeo sarebbero al primo punto dell’agenda. Potrebbe essere Suzuki, ma rimarrebbe il problema di chi mettere alla guida di un gruppo alle prese con una sfida industriale molto difficile come quella di fondere due società diverse e con dimensioni sub-ottimali per andare a sfidare i colossi del settore. Volkswagen è probabilmente il partner “più ideale” dato che gli unici problemi di anti-trust sarebbero in Brasile e dato che il gruppo tedesco ha già manifestato l’interesse per Alfa e non è mai riuscito a sfondare in America.
Sarebbe il partner ideale, ma ci sono le dichiarazioni di Marchionne; non bisogna però dimenticarsi che siamo già in una fase negoziale e che questa premessa è la prospettiva nettamente più importante per leggere le dichiarazioni, anche quelle sui possibili partner.