Ieri si è tenuta per la prima volta ad Amsterdam l’assemblea annuale di Fiat Chrysler Automobiles per l’approvazione dei risultati del 2014. La lingua ufficiale era ovviamente l’inglese e la durata dell’assemblea è stata di molto inferiore rispetto a quelle che si tenevano a Torino quando ancora il gruppo auto parlava italiano. Il presidente Elkann si è espresso in questi termini: “Oggi è un giorno speciale: per la prima volta nella loro storia, Fiat e Chrysler tengono l’assemblea in un luogo diverso dagli Stati Uniti e dall’Italia. Non è un dettaglio di poca importanza, è il segno che con Fca tutto è cambiato, per sempre”. Il gruppo “italiano” Fiat non esiste più ed è stato sostituito da una multinazionale globale che pensa e parla la lingua dei mercati finanziari globali e si muove con le logiche della finanza globale. Chi ancora nutriva dei dubbi in proposito da ieri si deve arrendere all’evidenza.
L’assemblea è stata anche l’occasione per dare qualche aggiornamento al mercato sulle principali vicende del gruppo Fca. A proposito della quotazione di Ferrari l’ad Marchionne ha dato un aggiornamento sui tempi dell’operazione dicendo che potrà slittare al 2016 anche se il 2015 rimane più probabile. In merito a una possibile integrazione con General Motors invece Marchionne ha risposto con il più classico no comment, specificando di stare parlando con “diversi competitors su varie questioni”.
Questa volta quindi non è arrivata nessuna notizia se non quella che fare domande a Marchionne su una possibile integrazione sia diventato ormai “normale”. Che tiri aria di fusioni e operazioni straordinarie è ormai abbastanza chiaro e ieri il titolo Fiat, dopo una performance già spettacolare, si è preso anche un posto nella “conviction buy list” di Goldman Sachs mentre, sempre ieri, Il Corriere della Sera dava notizia dei colloqui tra Fiat e General Motors.
Non è facile capire a che punto sia Fiat nel percorso verso un ulteriore consolidamento del settore che a più riprese è stato indicato come il futuro sia dall’amministratore delegato che dalla proprietà per bocca dello stesso Elkann. Si possono notare però alcuni elementi interessanti. La continua insistenza sulla necessità di un’ulteriore fase di consolidamento viene da Fiat più che da ogni altro competitor. A metà febbraio Marchionne dalle colonne del Financial Times avvertiva che i rivali non potranno continuare a evitare una seria discussione sulle fusioni e che fondi attivisti prima o poi cominceranno a spingere in tal senso. Fca e la famiglia Agnelli hanno detto in tutti i modi e a più riprese di essere pronti a una fusione. La palla è quindi nel campo dei competitor principali obbligati a prendere in considerazione l’ipotesi che una fusione tra Fca e uno dei colossi globali (Volkswagen, General Motors in prima battuta, Ford in seconda e, infine, Toyota) possa creare un gruppo molto più forte degli altri.
Dal campo avversario non sono arrivate finora molte risposte. In realtà, Volkswagen è stata protagonista questa settimana di un grande incidente diplomatico con le critiche esternate dal presidente Piech all’amministratore delegato Winterkorn. Piech, mettendo in discussione la leadership di Volkswagen, ha criticato il suo ad per aver fallito negli Stati Uniti e nel lancio di una vettura low cost. Non pochi hanno fatto notare che una fusione con Fca risolverebbe sia il problema della quota di mercato negli Stati Uniti, sia quello della vettura low cost, un segmento in cui Fiat storicamente ha sempre fatto benissimo. Piech, che sta combattendo una battaglia per cambiare il management di Volkswagen, è lo stesso che in più occasioni ha mostrato la propria ammirazione per Alfa Romeo palesando un interesse decisamente più che formale. Se Winterkorn, per pura ipotesi, fosse riluttante a finalizzare un’operazione con Fca, un cambio di management sulla spinta di Piech potrebbe cambiare radicalmente lo scenario. General Motors al momento sembra defilata anche perché in questo caso Marchionne potrebbe candidarsi a guidare il nuovo gruppo a discapito del management attuale.
Il principale azionista di Fca, Exor, ha annunciato martedì un’offerta da più di sei miliardi di dollari per il gruppo di riassicurazione americano Partnerre. Lo sforzo finanziario è particolarmente impegnativo. La scelta di Exor dopo anni di analisi è caduta su una società finanziaria americana in un settore che ha tra i grandi estimatori anche Warren Buffett. Considerato il numero di società industriali italiane, anche di altissima qualità, che sono state vendute negli ultimi anni la scelta di Exor potrebbe anche indicare una strategia lontana dall’industria che produce beni fisici. L’unica certezza è che Fca continuerà a far parlare e che le discussioni “con diversi competitor su varie questioni” prima o poi partoriranno un’altra rivoluzione.