Nel primo aggiornamento del rating programmato per il 2015, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha deciso di confermare il proprio giudizio “BBB-/A-3” con outlook stabile sull’Italia. L’analisi dell’agenzia è stata particolarmente equilibrata e ha evidenziato sia luci che ombre nell’andamento economico italiano. Nelle primissime righe dell’analisi S&P ha sottolineato che la ripresa italiana è principalmente dovuta a fattore esterni come la ripresa dell’eurozona, l’indebolimento dell’euro e la diminuzione del prezzo del petrolio; è utile sottolineare l’introduzione perché testimonia ancora una volta quale sia lo scenario di scuola diffuso sul mercato a proposito dell’Italia, e cioè che l’economia sia spinta quasi esclusivamente da una serie di fattori esterni, si può aggiungere il Qe della Bce, e che gli incrementi di Pil, e i giudizi sull’economia italiana, siano da leggere e da valutare alla luce di questi fattori eccezionalmente favorevoli.

L’agenzia di rating si attende per il 2015 un incremento del Pil dello 0,4% (0,9% e 1,1% rispettivamente nel 2016 e 2017) derivante sia dai fattori esterni, di cui sopra, sia da una graduale ripresa della fiducia e dei consumi. Il miglioramento del mercato del lavoro invece sarà lento nonostante il Jobs Act e gli incentivi all’assunzione, se non si migliorerà l’ambiente per imprese e investimenti.

S&P dice la sua anche sul governo e sulla legge elettorale: l’Italicum migliorerà il processo legislativo e insieme alle riforme del mercato del lavoro e delle popolari testimonia l’impegno di Renzi a eseguire il suo programma di riforme. S&P nota però come le riforme della Pubblica amministrazione, per migliorare l’efficienza del sistema legale e tagliare la burocrazia, seppur previste, vedano progressi lenti.

Le note negative continuano con le osservazioni sulla salute del settore privato penalizzato da rigidità e pressioni sulla redditività; S&P valuta positivamente gli sforzi del governo per ridurre il cuneo fiscale che sono un “passo nella giusta direzione”, ma ulteriori sforzi su questa linea difficilmente saranno abbastanza “senza una più risoluta implementazione della spending review”. A questo riguardo si può notare come l’assenza di qualsiasi azione reale per ridure la spesa della Pubblica amministrazione e aumentarne l’efficienza sia ormai evidente negli uffici delle agenzie di rating.

Per S&P la ripresa degli investimenti potrebbe essere un fattore chiave per migliorare l’economia. La ripresa degli investimenti a sua volta sarebbe aiutata da migliori condizioni del credito. L’agenzia nota come le piccole e medie imprese, che occupano l’80% della forza lavoro privata, dipendano tradizionalmente dal sistema bancario per finanziare gli investimenti.

A questo riguardo non si può non rilevare una contraddizione. La riforma delle popolari cancella una categoria di banche storicamente e tradizionalmente molto più vicina della media alle piccole e medie imprese; in questo momento il management delle popolari è occupato dalle fusioni mentre chi è calato nella realtà economica e industriale italiana sa che la specificità del settore industriale italiano difficilmente potrà essere compresa e assecondata da banche abituate ai mercati internazionali o a imprese multinazionali.

S&P si concentra infini sui target di deficit. L’agenzia si attende una crescita del Pil inferiore a quella del governo e un’inflazione bassa e nota come gli sforzi del governo per ridurre il deficit si basino più su minori interessi (dopo il calo dei tassi) che su un miglioramente dell’avanzo primario. Questo dimostra, secondo S&P, un approccio meno rigoroso nell’implementazione delle misure di spending review.

Per l’agenzia di rating l’ambiente politico difficile, con il governo costretto a chiedere il supporto di altri partiti, le sfide socio economiche e le migliori condizioni dei mercati possono condurre a ritardi. A questo proposito S&P entra chiaramente nel dibattito sulla decisione della Consulta sull’indicizzazione delle pensioni portandolo a esempio delle difficoltà politiche e soprattutto prevedendo che questa decisione produrrà “costi fiscali” aumentando la probabilità di un aumento dell’Iva e delle accise indebolendo l’economia. Per S&P le prospettive di crescita economica rimangono deboli e esacerbate da pressione deflattive.

Non c’è molto di che gioire dell’analisi e consolano poco le ultime due osservazioni sulla bontà della partecipazione all’euro e sulla “altamente credibile” politica monetaria della Bce. Volendo riassumere i consigli: spending review, efficienza nella Pubblica amministrazione e più credito. C’è molto su cui lavorare.