Settimana scorsa la società olandese Fiat Chrysler Automobiles ha riportato i risultati trimestrali che sono stati leggermente migliori delle attese degli analisti mentre sono stati confermati i target per il 2015. Di tutto questo non c’è stato praticamente traccia sul mercato azionario e gli investitori sembrano essere stati decisamente distratti rispetto ai più che dignitosi risultati del trimestre e alla conferma dei target; l’azione Fiat ha infatti perso più del 10% in pochi giorni con una performance molto peggiore del mercato. 



È vero che il titolo arriva da molti mesi di performance spettacolare che l’avevano quasi portato a raddoppiare dall’inizio dell’anno e che quindi ci si potrebbe anche accontentare attribuendo questa “anomalia” al più semplice e classico degli storni. Non è questa però la sensazione che si è avuta sul mercato e, soprattutto, non è questa la spiegazione che la maggior parte degli analisti e investitori si è data. 



L’entusiasmo del mercato per l’azione Fiat si può spiegare, da un lato, con l’annuncio dello spin-off di Ferrari che permetterà a breve agli azionisti di ritrovarsi in mano, senza sforzo, azioni di una società che per marchio, storia e posizionamento competitivo ha pochissimi rivali sui mercati finanziari globali; dall’altro, dalle attese per un ulteriore passo del gruppo che aveva sede a Torino sulla strada del consolidamento. Se lo spin-off Ferrari è già da qualche mese cosa certa, l’ulteriore fase di consolidamento trova i suoi fondamenti in un costante e particolarmente insistente flusso di dichiarazioni sia dell’amministratore delegato Marchionne, sia del principale azionista che già a ottobre 2014 dichiarava urbi et orbi che la famiglia sarebbe stata disposta a diluirsi per dare vita a un gruppo più forte. Più di qualsiasi risultato, non particolarmente entusiasmante, e di qualsiasi rilancio di Alfa Romeo, i cui nuovi modelli non arriveranno prima di giugno, erano stati senza alcun dubbio queste due ragioni, e in particolare la seconda, a spingere il titolo.



Se questi sono i presupposti della performance del titolo è chiaro che qualcosa deve essere cambiato perché accadesse quello che si è visto nell’ultima settimana. Fiat ha incassato il disinteresse esplicito sia di Ford che di General Motors durante le rispettive conference call di presentazione dei risultati. La cosa più interessante però è decisamente quella che ha riguardato Volkswagen. Il presidente del consiglio di sorveglianza Piech si è dimesso dopo aver perso la battaglia per cambiare l’amministratore delegato Winterkorn. Piech biasimava l’ad per gli insuccessi sul mercato nordamericano e per quelli sul segmento delle auto low cost: moltissimi avevano letto in queste critiche una “moral suasion” nemmeno troppo velata per convincere il riottoso Winterkorn a imboccare con decisione la strada della fusione con Fiat Chrysler. L’interesse di Piech per Alfa e per i marchi italiani e in generale il suo approccio più da imprenditore ” visionario” che da manager non sono mai stati in discussione. 

Che questa lettura sia valida o quantomeno assolutamente di “scuola” sul mercato finanziario è rintracciabile piuttosto chiaramente nelle performance di Fiat e Volkswagen il giorno dopo le dimissioni di Piech; Fiat giù e Volkswagen su con il più classico dei classici movimenti che si registrano quando la preda, Fiat, e il predatore, Volkswagen, smettono di essere tali.

C’è però un altro elemento davvero impossibile da ignorare. Chiunque abbia ascoltato Marchionne parlare durante la conference di mercoledì è rimasto perplesso di fronte all’appello al mercato perché spingesse per un consolidamento del settore auto. Un’intera sezione della presentazione, per un totale di 27 pagine, è stata dedicata a una sorta di appello/lezione sulla necessità del consolidamento nel settore auto. 

Il fatto è particolarmente insolito per gli analisti, ma è chiaro che partecipare a una conference di presentazione dei risultati e trovarsi di fronte a un appello per perorare la causa del consolidamento sarebbe quantomeno singolare per tutti; è chiaro a tutti che la sede del discorso sia insolita e certamente più consona ad altri momenti (un salone dell’auto magari). Il tono così accorato dell’appello è stato altrettanto anomalo per l’uditorio. In pratica Fiat chiede a gran voce un consolidamento che la coinvolga che rappresenti un momento di rottura per sé e per l’intero settore auto globale. Questo significa che non si sta parlando né di joint ventures, né di accordi. 

Che Marchionne non ritenga accordi e joint ventures una soluzione non è una nostra interpretazione, perché questo stesso concetto è stato messo nero su bianco in modo chiarissimo nella presentazione di mercoledì in ben quattro slide. La fusione a cui Marchionne pensa è con un operatore grande almeno come Fiat. I candidati che corrispondono a queste caratteristiche non sono un migliaio, ma stanno sulle dita di una mano. 

Ford e General Motors hanno detto di no, Toyota sta benissimo da sola, in Volkswagen venivano riposte le speranze di Fiat ed è possibile immaginare che queste speranze non poggiassero sul niente, ma sul presidente del consiglio di sorveglianza Piech, che però ha perso la sua battaglia con un amministratore delegato che la pensava diversamente. In questo esercizio di fanta-finanza c’è con ogni probabilità moltissima finanza e pochissima fantasia. 

Rimarrebbe ovviamente la francese Psa, ma è chiaro ed evidente a tutti che sarebbe il ripiego del ripiego e soprattutto che implicherebbe una serie di difficoltà politiche e di governance probabilmente insuperabili. Fiat può urlare a gran voce ai competitors per avere la fusione in cui Exor riesca finalmente a sfilarsi da Fiat dopo averci già provato con General Motors, ma se l’industry è sorda gridare non serve. 

A questo punto a Fiat rimarrebbe l’unica possibilità di provare a fare macchine belle che vendano come già sta accadendo negli ultimi mesi e di provare veramente a entrare con forza nel segmento premium con il rilancio di Alfa. Ci sarebbe tutto per ottenere il risultato, ma la sfida è più complessa di quella che pone, per esempio, una partecipazione di maggioranza in una società finanziaria. Egoisticamente, visto che siamo italiani, ci auguriamo che Fiat a questo punto imbocchi questa strada; in caso di successo siamo sicuri che tutti si dimenticheranno di chiedersi se questo non sia per caso avvenuto controvoglia.